Tra pochi giorni, il 20 e 21 Settembre, i cittadini italiani in rispetto del principio del suffragio universale, si devono recare alle urne per esprimere il loro giudizio e la loro libera volontà, per il referendum che prevede la riduzione del numero dei parlamentari, modificando così la Costituzione Italiana. Nelle stesse date si svolgono anche le elezioni in alcune comuni e regioni italiane.
Secondo questo principio, tutti i cittadini di età superiore ai 18 anni senza restrizioni di alcun tipo a partire da quelle di carattere economico e culturale e altre quali: ceto, censo, etnia, grado di istruzione, orientamento sessuale e genere possono esercitare il diritto di voto e partecipare alle elezioni politiche, amministrative e ad altre consultazioni pubbliche, come i referendum.
Per la prima volta nella storia d’Italia, nell’anno 1946, questo diritto è stato esteso anche alle donne.
Non vorrei soffermarmi sulla scelta che deve fare ognuno di noi, però mi sento di esprimere qualche consiglio da persona che ha attraversato parecchie situazioni nella vita e ha della ragione da vendere, per modo di dire.
Perché andare a votare?
Visto che sono nata sotto la dittatura più assurda che poteva vivere l’Albania per 50 anni, ricordo le pseudo elezioni che venivano svolte nel nostro paese, trasformate in una sorta di festa popolare. Dalle cinque del mattino si sentivano gli altoparlanti che suonavano musica ad alto volume. Canzoni popolari, patriottiche, canzoni partigiane e così via. Guai a non alzarsi presto e prendere con comodo, poiché “sigurimsat” così si chiamavano le spie dello stato, segnalavano tutto e rischiavi di essere inserito nelle liste nere. I vestiti migliori, faccia sorridente, prima delle 6 che si aprivano le urne, in fila come i soldati, dovevi esercitare il tuo “diritto di voto”, qualora ti era permesso e non eri un nemico dello stato. Alle 7 di mattina tutta la popolazione in tutta l’Albania aveva finito di votare. Strano ma vero!
Il votare significava di prendere questo pezzo di carta che ti veniva consegnato e mettere nella buca senza prima passare per le cabine. Il voto era APERTO, quindi, non avevi il diritto né di scegliere e né di contestare un candidato. La partecipazione alle urne fu sempre 99,99% della popolazione avente diritto di voto e lo stesso 99,99% aveva votato i candidati che il partito Socialista aveva proposto. Mi chiedevo chi era quel 0,01% che ha avuto coraggio a non presentarsi e/o non votare il candidato del partito.
Perciò, amici miei, avete possibilità di esprimere in segretezza la vostra volontà e la vostra scelta del candidato.
Le donne, maggiormente, visto che la società di oggi non ha ancora raggiunto un giusto livello di emancipazione e di consapevolezza, non possono mancare a contribuire alla vita democratica, poiché come si è visto in altre realtà non lontani dall’Italia, ci vuole un attimo per cancellare anni e anni di battaglie.
Direi, che noi albanesi d’Italia, abbiamo passato tante in questi ultimi 30 anni di immigrazione in questo paese. Molti di noi, dopo anni e anni di attesa, di lavoro, di sacrifici, di rinunce e di conquiste, ha potuto integrarsi anche dal punto di vista legale, naturalizzandosi italiani. Per la seconda generazione è stato forse più facile, ma anche loro vengono trattati spesso da stranieri, anche se nati in Italia. Perciò, non solo si va a votare perché finalmente dal punto di vista legale veniamo trattati da cittadino, uguale ai cittadini italiani, ma bisogna votare con il cervello in modo che i cittadini siano sempre e dovunque uguali davanti alla legge, e non essere esclusi per via della loro provenienza estera.
Perciò votare è scegliere il candidato che meglio mi rappresenta e lotta per i miei diritti a tutti i livelli di rappresentanza nel territorio.
Finalmente, qualcuno per riempire le liste e raccogliere voti e qualcun’altro perché ci crede veramente al nostro contributo, da alcuni anni, tra i candidati, si leggono dei nomi albanesi. Persone meritevoli e sensibili verso il presente e il futuro di questo paese che per scelta è diventata la nostra patria d’adozione. Dobbiamo sostenere la nostra gente, aldilà del credo politico, poiché solo così possiamo portare e risolvere i nostri problemi sia quelli piccoli a livello territoriale, a quelli dove serve l’intervento del governo per la stipola di accordi, come per esempio il problema delle pensioni.
Una comunità forte e unita, vuol dire più riconoscimento di diritti. Vogliamo strutturare l’insegnamento della lingua albanese nelle scuole italiane? Andiamo a votare!
Per ultimo, non per l’importanza, direi che ogni esperienza democratica fa crescere noi come comunità. Il processo della democratizzazione della vita politica del nostro paese d’origine Albania, chiede anche il nostro contributo. L’esperienza nei paesi di vecchie democrazie come Italia ci deve insegnare cosa non fare per non ricadere negli errori del passato. Presto voteremmo anche per le politiche del nostro paese, quindi le elezioni che siamo chiamati a fare in Italia ci possono servire come scuola.
Andiamo a votare!