Al contrario dei luoghi comuni, nel mio condominio, da sempre andiamo d’amore e d’accordo. Non ci voleva la quarantena per cominciare a salutarci, lo stiamo facendo da quando non mi ricordo.
Come in tante realtà, noi donne abbiamo creato un gruppo WhatsApp per comunicazioni varie, o semplicemente per scambiare un buongiorno, o per fare gli auguri nelle feste, ancor prima di scambiarci nel vanno delle scale. Vi posso garantire che questo mezzo vale tanto ed è molto efficace per avere delle informazioni sulla casa, se ci sono problemi, mentre siamo via in vacanza.
Ho scoperto con passare degli anni, che i miei vicini di casa sono delle persone riservate ma anche molto premurose nello stesso tempo. Non importa se sono padovani o provenienti da altre regioni d’Italia, basta un niente per trovarci a scambiare due chiacchiere, sempre se si ha del tempo.
In questi giorni, per motivi ovvi, essendo ciascuno rinchiuso a casa propria, i messaggi che vengono scambiati sono moltiplicati. Un buongiorno in più, o un rosario tutti assieme in terrazza, una candela per pregare Dio assieme al Papa, che salvi l’Italia, che guarisca gli ammalati e protegga tutta l’umanità! Ma anche delle informazioni utili come i programmi televisivi di ginnastica dolce o lezioni di Zumba o pilates che trasmettono i canali televisivi locali in aiuto per chi è rinchiuso nella quarantena.
Mi sono sentita italiana più che mai, parte di una comunità che soffre senza distinzione. La notizia del Coronavirus arrivata anche nella piccola Albania, mi ha fatto preoccupare non poco, perché il popolo albanese, molto simile in tanti aspetti a quello italiano, soprattutto a quello del sud, inizialmente ha preso alla leggera il rischio del contagio, finché non si sono apparsi anche lì i positivi e i morti. Anche lì, come in Italia, medici e infermieri contagiati, mancanza di strutture adatte per far fronte a questa pandemia. La notizia di questi 30 medici e infermieri arrivati in Italia per sostenere l’emergenza, mi ha reso orgogliosa del mio popolo. Conosco bene come siamo fatti: A volte siamo euforici, a volte siamo critici più del dovuto e a volte disattenti. Ma mai siamo stati individualisti e mai stati irriconoscenti di un bene ricevuto.
L’Italia ci ha dato sempre, anche l’anima. Basta ricordare il terremoto di novembre dell’anno scorso, per capire con quale anima ci hanno aiutato i soccorritori italiani. Molto più esperti e attrezzati di noi, hanno scavato giorno e notte per salvare delle vite. Italia e gli italiani ci sono sempre stati. Sono stati con gli sbarchi biblici del ’91, con quelli del ’97 e tutte le piccole imbarcazioni arrivate negli anni. Sono stati in misure grandi, governative ma anche con il modesto aiuto da buoni vicini di casa.
Nel mio condominio, mia mamma, con i suoi 90 anni circa, è la condomina più anziana. Non c’è giorno che qualcuno non mi chiede “Come sta tua madre?” In più occasioni i miei vicini mi hanno portato dei fiori e dei cioccolatini per lei.
Mentre mio figlio, invece, è il più giovane, abbassando di tanto l’età media del condominio. Mi ricordo come oggi, quando il mio pancione ha cominciato a crescere, con quanta gioia è stata ricevuta questa notizia. Il fiocco azzurro sulla terrazza ha dato allegria a tutti, tanto che ho ricevuto degli auguri anche da parte dei commercianti delle bancarelle che ogni mercoledì fanno mercato nella piazza sottostante. Regalini e pensierini, tanti, ancora oggi.
L’arrivo dei medici e infermieri in Italia, le parole del premier Edi Rama, hanno riscaldato i cuori degli italiani e hanno reso orgogliosi noi albanesi che viviamo nella sponda ovest dell’Adriatico. Forse materialmente l’Italia aveva poco bisogno di loro, in quanto non c’è un altro popolo così straordinario come il popolo italiano. Si inventa nell’immediato e converte tutto in funzione delle proprie esigenze ma soprattutto in quello degli atri. Un popolo altruista e sensibile che non c’è paragone. Però, come si dice da queste parti “è il gesto quello che conta”. Gli italiani in questi giorni si sono sentiti tutti albanesi. I miei vicini di casa mi hanno ringraziato per l’aiuto che questi 30 medici e infermieri stanno dando nell’epicentro dell’epidemia. Da bravi albanesi hanno colto le grida di aiuto e di sofferenza, grida che non sono arrivate nelle orecchie sorde della vecchia e ricca Europa dei banchieri.
Geograficamente l’Albania si trova nel pieno territorio europeo, ma questi organismi burocratici l’hanno rifiutata fino ad ottobre, per via dell’opposizione della Francia. Qualche giorno fa la notizia della riapertura dei negoziati. Ma poco cambia. Non siamo perfetti noi albanesi e nessuno lo è. Non siamo una nazione di ricchi.
Il comunismo ci aveva reso così vulnerabili e isolati di fronte al mondo che quando i muri si sono abbattuti, abbiamo scapato con i vestiti vecchi, con i capelli fuori moda, con segni nel volto e nelle mani della sofferenza e della povertà. Siamo stati in isolamento per 50 anni. Una quarantena al cielo aperto, anzi una prigione al cielo aperto, di uno stato totalitario che ci controllava anche il respiro. Guai al pensiero libero, alla TV italiana, l’unica finestra all’occidente.
L’Italia ci ha dato speranza per attraversare il buio del regime. Avevamo creato un’idea sbagliata della “libertà” che cantava Al Bano e Romina, e forse per questo, non conoscendo le regole, abbiamo commesso anche degli errori punibili dalla legge. Ma il popolo italiano ci ha accettati per quello che realmente siamo e da sempre c’è l’ha dimostrato. Nel piccolo anche noi siamo stati sempre.
In questi giorni ho ricevuto messaggi di ringraziamento da tutte le parti, da amici vicini e lontani. Vi cito quello di un amico fraterno Guido, barese d’origine, padovano d’adozione da più di 40 anni, che mi scrive:
Ciao sorella! La tua nazione e la mia ci accomunano in fratellanza e amore di gente umile ed operosa. Anche io mi sento ALBANESE.
La parola ALBANESE, scritto tutta in lettere maiuscole. Vorrei ringraziare pubblicamente Guido, che è sempre stato presente, nel bene e nel male. Tutti noi abbiamo un amico Guido o un’amica Franca o Antonella che in questi giorni ci ha scritto delle parole di ringraziamento per questo gesto simbolico di aiuto dell’Albania all’Italia.
Noi albanesi abbiamo sempre considerato l’Italia il fratello maggiore, ma come mi scrive il mio amico Rodolfo nato in Egitto da genitori italiani che di persecuzioni ne ha vissuto parecchie anche per il semplice fatto di essere nato Cristiano in una terra dove la maggioranza è di religione musulmana:
L’Albania c’è, è presente in questo momento difficile, da fratello a fratello e tra fratelli non esistono grandi e piccoli. Grazie Albania.
Oggi il mondo si scopre piccolo e vulnerabile con confini inutili. Prega lo stesso Dio, in lingue e religioni diverse.
Il mio condominio profuma di torta di mele e di pane fresco, fatto in casa, un po’ come in tutti i condomini in giro per il mondo.