Le famiglie d’origine albanese continuano a conservare la tradizione del banchetto funebre… anche a Trieste
Qualche giorno fa ho ricevuto una telefonata da Trieste: “Titi ci ha lasciati!”… Lei era la figlia di un noto medico di Scutari, il dottor Naraci. Proveniva da una di quelle famiglie d’origine italiana rimaste in Albania nel dopoguerra, ma che in Italia sono considerate di origine albanese… Fu una mia amica a comunicarmi la triste notizia: una di quelle “chiamate” che quando le ricevi non puoi fare altro che partire.
Si dice che il lutto è metaforicamente un viaggio: durante il mio viaggio metaforico e reale, da Firenze fino a Trieste, i significati del “viaggio” si moltiplicarono e il rebus della vita e della morte divenne ancora più intricato. Ho voluto sempre dimenticare questi “viaggi” ma, quando ho ricevuto nuovamente “quella chiamata”, mi sono ritrovato punto e a capo, senza aver capito granché né della vita né della morte e, con gli stessi quesiti in testa, continuo a non capire ancora oggi… In seguito ho partecipato al funerale. Dopo il funerale, amici e famigliari abbiamo preso parte al banchetto funebre.
La tradizione del banchetto funebre
Il senso del banchetto funebre, ancora in uso, sia per i cattolici sia per i musulmani, con alcune piccole differenze per quel che riguarda il rituale e il menu, è rimasto lo stesso: stare insieme a parenti e amici per dare coraggio a chi sta vivendo un momento doloroso.
In Albania, molto tempo fa, si usava fotografare i morti, era utile specialmente per chi non possedeva una fotografia del defunto. Il fotografo dopo aver provveduto anche alle successive fasi di sviluppo e stampa, consegnava al cliente stampe e negativi; gli occhi venivano disegnati come aperti, ritoccando la fotografia che serviva per il manifesto di morte o per la foto-porcellana commemorativa per la tomba. Inoltre, rivolgendosi ad alcuni fotografi artisti si poteva optare per una “colorazione” della foto in bianco e nero. Per ovvi motivi, non si ricorre più a queste tecniche, anche perché, tra cellulari con fotocamera incorporata e macchine fotografiche, fotografare tutto e tutti è diventata una mania.
Con l’arrivo dei nuovi mezzi di trasporto, che hanno agevolato la mobilità delle persone, la tradizione del pranzo funebre in molte parti dell’Italia si è persa, per cui non è più richiesto organizzare un banchetto a casa del defunto o al ristorante. Ciò nonostante, l’usanza del banchetto continua ancora oggi in Friuli.
Nelle famiglie di origine albanese, oltre al pranzo si sono aggiunti gli scatti fotografici dopo il banchetto. Si sente il bisogno di stare insieme e aiutarsi nel momento del dolore, rivedersi dopo molto tempo è anche, in qualche modo, “riconoscersi” tra parenti e amici. Pensando alla morte come passaggio, il banchetto, come il semplice caffè che si offre dai famigliari del defunto dopo la cerimonia funebre, (in Albania, i cattolici offrono anche acquavite e sigarette) rappresenta un momento in cui si celebra il momento del passaggio all’altra dimensione e la vita terrena per chi è rimasto.
La caratteristica di un banchetto funebre, non è la tristezza fra i partecipanti, ma la gioia, per quanto possibile, allontanando così contrasti e rancori passati. Il pasto funebre diventa un elemento aggregante per rafforzare i vincoli dell’unione e della concordia familiare, affidando al rito una valenza sociale e aiutare chi ha perso una persona cara a elaborare meglio il lutto. In seguito, la fotografia in sé per sé sembra non avere un significato preciso ma, il gesto dell’accettazione di fotografarsi insieme diventa un simbolo, rinsaldando un patto d’amicizia, per chi è ancora vivo…
La società cambia e con essa le tradizioni e le usanze, ma la comunità d’origine albanese continua a conservare la tradizione del banchetto funebre, anche a Trieste.