In occasione della giornata internazionale della traduzione, vogliamo sottolineare quanto è importante superare gli svantaggi linguistici dei parlanti non madrelingua, ma soprattutto, trasformare la situazione di plurilinguismo in una situazione di arricchimento e crescita culturale per tutti.
Il 30 settembre si festeggia la giornata internazionale della traduzione. La giornata è stata istituita dalla FIT (Fédération internationale des traducteurs) nel 1953 in corrispondenza della festa di San Girolamo, il Santo patrono dei traduttori.
San Girolamo, madrelingua illirico, è stato il primo traduttore della Bibbia dal greco ed ebraico al latino. La stesura dell’opera ha richiesto 23 anni. San Girolamo è ricordato anche per il metodo adottato nella stesura dell’opera, utilizzando un concetto moderno di traduzione: «Io, infatti, non solo ammetto, ma proclamo liberamente che nel tradurre i testi greci, a parte le Sacre Scritture, dove anche l’ordine delle parole è un mistero, non rendo la parola con la parola, ma il senso con il senso.» (Epistulae 57, 5, trad. R. Palla)
Oggi come allora il compito del traduttore è quello di trasmettere il messaggio da una lingua all’altra, attraverso culture e modi di pensare diversi in maniera coerente, comprensibile e in ultima analisi di rendere possibile la comunicazione tra le persone. Per dirla con U. Eco: «Quello dell’identità europea è un problema antico. Ma il dialogo tra letterature, filosofie, opere musicali e teatrali esiste da tempo. E su di esso si fonda una comunità che resiste alla più grande barriera: quella linguistica».
Abbattere le barriere linguistiche, sin dall’alba dei tempi, è stato un ostacolo non trascurabile e il modo differente di comunicare tra noi ha creato non pochi problemi di varia natura. Imparare bene la lingua del paese ospitante è importante anche per allargare i nostri confini, per farci sentire “a casa” ovunque ci troviamo.
Oggi siamo in grado di districare questo filo lungo circa 2000 anni che collega il Traduttore dei Testi sacri a Jacobson, a De Mauro, a Ledi Shamku Shkreli e a tutti i suoi colleghi: un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna (Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica), coordinato da Chiara Gianollo che, con un’esperienza nel campo della tipologia linguistica, dell’acquisizione linguistica e della sociolinguistica, collaborando con associazioni esistenti sul territorio bolognese (tra cui “Il granello di Senape”) sono riusciti a costruire una rete di esperti delle varie lingue che più frequentemente entrano in contatto con l’italiano nella vita scolastica.
Nella sua presentazione «L’albanese va a scuola dell’italiano» del volume «La classe plurilingue», Ledi Shamku Shkreli insieme a un gruppo di illustri docenti e insigni linguisti di Alma Mater Università di Bologna si sono proposti e si propongono come obiettivo lo studio del plurilinguismo nella scuola primaria e secondaria di I grado. Lo scopo del progetto è fornire supporto ai docenti non solo per superare gli svantaggi linguistici dei parlanti non madrelingua, ma anche per trasformare la situazione di plurilinguismo in classe in una situazione di arricchimento e crescita culturale per tutti.
E’ di particolare interesse per gli studenti albanesi e non, il fatto che sia incluso anche l’Albanese in questo ventaglio di lingue:
«I bambini non arrivano a scuola privi di lingua, ma bensì arrivano con il loro archetipo linguistico (madrelingua) saldo e ben formato. Costruire su quest’archetipo anziché ignorarlo è un lavoro impegnativo ma appagante, che inizia conoscendo quest’archetipo».
Nel volume «La classe plurilingue», i docenti hanno progettato il raggiungimento di due obiettivi:
Il primo è quello di far comprendere a tutti coloro che, a vario titolo, vivono quotidianamente il mondo della scuola che la diversità linguistica in classe non è un problema, ma un’opportunità, da tutti i punti di vista: aiuta a comprendere il valore della diversità, aiuta a sviluppare una competenza metalinguistica più raffinata, aiuta, paradossalmente, a capire meglio anche la propria lingua. Il secondo è quello di offrire, alle/agli insegnanti, descrizioni snelle ma affidabili delle principali lingue di immigrazione in Italia: conoscere le lingue d’origine dei bambini e delle bambine serve infatti a comprendere gli errori commessi nel processo di apprendimento dell’italiano e a impostare percorsi didattici più efficaci.
Ora non ci rimane che leggere l’intero volume «La classe plurilingue», a cura di Chiara Giannollo, Ilaria Fiorentini e Nicola Grandi del progetto «La classe plurilingue»: una ricerca sulla complessità linguistica per una didattica inclusiva, finanziato dalla fondazione ALSOS e coordinato da Chiara Gianollo: https://site.unibo.it/classe-plurilingue/it
Il testo può essere scaricato gratuitamente in formato digitale, assieme a una serie di schede di approfondimento: https://buponline.com/prodotto/la-classe-plurilingue/ o magari acquistato online su Amazon in forma cartacea.
A tutti i traduttori, docenti, studenti e appassionati di lingue: “Auguriamo un grande in bocca al lupo per il proseguimento della loro missione!”.
Referenze:
- Progetto di ricerca. La classe plurilingue. Ricerca sulla complessità linguistica per una didattica inclusiva.
- Oltre Babele – Lingua madre seme della società multilingue
- Letteratura e linguistica. La classe plurilingue.
- L’educazione plurilingue: si deve fare, si può fare, si può progettare
- Come le barriere linguistiche possono unirci