Ogni anno in estate migliaia di turisti visitano l’Albania e, contemporaneamente, migliaia di albanesi visitano l’Europa e il mondo.
Ma i simboli hanno la loro importanza ed è giusto tenerne conto. E così è un fatto simbolico il respingimento dei centosessanta studenti, giunti fin nel porto di Trieste e rimasti a bordo del loro traghetto senza aver potuto mettere piede a terra. Ripartiti per Durazzo con la stessa nave. Quel traghetto, in un’altra Europa ormai morta e sepolta, era stato interpretato dagli analisti politici e dalle cancellerie occidentali e orientali, come uno dei “timidi segnali di apertura” del regime albanese.
Cominciò, il “Tiepolo”, a fare su e giù fra Trieste e Durazzo ai primi di novembre del 1983. Era pieno di camion e di camionisti. Erano loro gli unici clienti del traghetto che Tirana aveva voluto a tutti i costi. Quella nave era la speranza del regime di riannodare in extremis i fili col mondo e di sopravvivere. Ma un traghetto non poteva bastare.
Camion e camionisti, solo loro, per quasi dieci anni.
Poi, profughi. Erano i tempi della “Palladio”. Per primi salirono a bordo quelli che ottennero i passaporti, quindi i giovani che erano entrati nelle ambasciate.
Per il resto dei terribili anni ’90 e per buona parte del più mite primo decennio del 2000, commercianti, camionisti, piazzisti di auto usate e di mercanzia varia, trafficanti, avventurieri che si facevano chiamare imprenditori, emigranti, gente per bene e gente per male, e tanti studenti, tanti. Qualche volta su quel traghetto, d’estate, sono saliti turisti. Italiani, mai albanesi. Li riconosci perché se ne stanno in disparte, tra loro, nella grande sala sotto il ponte, ansiosi e un po’ timorosi di quello che stanno per fare.
Non era mai successo che sul Trieste-Durazzo, il primo traghetto che nel dopoguerra aveva viaggiato fra l’Italia e l’Albania, una prua che si incuneava nell’isolamento di Hoxha (con Hoxha ancora vivo, seppur morente), non era mai successo che su quel traghetto salissero turisti albanesi diretti a nord.
Cambiano i tempi e i nomi delle navi. Ed ecco che un giorno di maggio del 2009 sulla linea Durazzo-Trieste sale finalmente la prima comitiva albanese. Negli zaini hanno i biglietti per un tour in Europa, in Slovenia, Francia, Spagna… Mentre navigano verso Trieste sul “Venezia” non sono ovviamente consapevoli di essere i primi turisti, eppure portano anche questo peso con sé, su quella nave che aveva scritto almeno un po’ di storia del loro Paese.
Sarebbe toccato a loro chiudere un cerchio, concludere simbolicamente una vicenda di chiusura e di arretratezza. Ma il cerchio non è stato chiuso.
Quei ragazzi hanno guardato i tetti rossi delle case di Trieste, la spalliera di roccia del Carso, hanno intravisto il castello di Miramare (uno dei musei più visitati d’Italia) dai ponti del traghetto, senza poter mettere piede a terra.
Hanno inveito contro la polizia italiana, contro l’Italia, contro l’Europa. Si sono sentiti vittime di una ingiustizia.
Ma un’ingiustizia commessa dove?Come era prevedibile, qualcuno a Tirana è stato arrestato, ed erano l’amministratore dell’agenzia che aveva organizzato il viaggio, ed uno degli studenti, che in realtà studente non era.
Era accaduto che mentre la nave viaggiava, l’ambasciata ungherese di Tirana aveva revocato i visti che, frettolosamente e senza sufficienti controlli, aveva concesso. Era successo che qualcuno in quella ambasciata così superficiale si fosse accorto improvvisamente, nella notte, che in realtà le prenotazioni alberghiere richieste dalle procedure Schengen non esistevano.
E’ stata amaro vedere la nave allontanarsi dal molo del Porto Vecchio di Trieste e puntare nuovamente verso Durazzo con a bordo quei ragazzi delusi e arrabbiati.
La vicenda nella quale sono capitati è complicata, ingarbugliata. E qui non serve sbrogliarla. Ma è una vicenda, che al di là della truffa, è intrisa di leggerezza, pressapochismo, è una storia fatta di furbizia, di ammiccamenti, pacche sulle spalle “perché tanto chi se ne accorge..?”. Ed invece bastava semplicemente rispettare le regole. In Europa si entra così. Ecco dove sta la morale in questa storia minima e simbolica di una vacanza saltata.
Toccherà alla prossima comitiva chiudere il cerchio. Spero che arrivi presto. Trieste è qui.