A Durazzo non avevo mai soggiornato. In tanti anni che frequento l’Albania non ero mai stata nella città portuale di Durrës, terza città albanese per numero di abitanti.
Città con una storia davvero profonda, che risale all’Antica Grecia quando fu fondata con il nome di Epidamno.
Il nostro hotel si chiama proprio Epidamn, ed è situato nel centro del Bulevardi Epidamn, una delle vie principali, caratterizzata da edifici in stile Art Decò, dell’inizio del Novecento, bellissimi, di pochi piani, che fanno da contraltare a quegli ecomostri che deturpano la bellezza di una città antica, porto dell’Adriatico.
So bene che l’Albania è caratterizzata dalle contraddizioni, soprattutto architettoniche, ma ogniqualvolta mi stupisco di come la storia, la bellezza siano state schiacciate dall’edilizia folle e disperata di chi ha pensato che arricchirsi fosse più importante che vivere.
Nel mio breve soggiorno ho visitato Durazzo con mio marito e il mio bambino di quattro anni, un giorno abbiamo camminato per circa 7 chilometri. A lui piace, è già un piccolo viaggiatore e io ne sono estremamente orgogliosa.
Il lungomare recentemente sistemato, molto bello, ma con strutture già fatiscenti per via dell’utilizzo di materiali non idonei, il centro, le antiche mura, la torre veneziana, l’anfiteatro che aveva una capienza di circa 25.000 persone.
Anfiteatro che mi ha portato a immaginare come dovesse essere questa città, affacciata sul mare, bella, ricca di storia, di vita. Anfiteatro imprigionato da costruzioni abusive, brutte, che non gli rendono giustizia. Una mattina ero sola con il bambino (mio marito in Albania ci lavora) e ho chiesto indicazioni a una signora per il museo archeologico, il più grande dell’Albania. Parlava italiano, aveva vissuto 20 anni in Italia ed è stata così gentile da accompagnarci fino all’ingresso. Ingresso di un museo chiuso, era lunedì, giorno di chiusura, ma trovando la porta aperta, ho provato a entrare. La signora all’ingresso, gentilissima, ci ha permesso di visitarlo. La prima volta in vita mia che ho a disposizione un intero museo. La collezione presente è davvero ricca: raccoglie reperti del periodo ellenico e romano.
E ancora la chiesa ortodossa, l’antico hammam che se non fosse stato per il cartello avrei considerato un edificio in rovina, una città in cui la modernità ha letteralmente fatto a pugni con la storia, con le radici e le fondamenta della stessa.
Mi si stringe il cuore. E mi chiedo quanti anni ci vorranno perché un Paese bello come l’Albania, dove in poco spazio si trovano montagne, laghi, mare, campagna, storia, ottimo cibo, ospitalità e cortesia, capisca che il bello va preservato, che il bene pubblico è prezioso, che la democrazia non equivale a individualismo, che costruire non ha senso se per farlo si deve distruggere.
* Elena Pagani, autrice di due libri sul Paese delle Aquile è giornalista e scrittrice.