Lo scorso 25 e 26 marzo si è svolta a Roma la prima conferenza nazionale sull’immigrazione del Partito Democratico. L’appuntamento è stato l’incoronamento di un lavoro lungo e laborioso del Forum Nazionale Immigrazione, presieduto da Livia Turco e coordinato da Marco Pacciotti.
Il Forum Immigrazione è l’organismo dentro il Partito Democratico che discute, consiglia e sviluppa strategie da percorrere su questo tema delicato, complesso ma quanto mai attuale. È composto da esperti, esponenti del partito, referenti dell’associazionismo e del terzo settore, parlamentari e soprattutto da tanti dirigenti del PD di origine non italiana, i cosiddetti “nuovi cittadini”. La prima Conferenza nazionale sull’immigrazione è stata preceduta anche da un altro gesto di grande valore simbolico: la presenza di una folta rappresentanza di “nuovi italiani” ai lavori dell’Assemblea generale del partito, l’organo rappresentativo più alto dei democratici. I lavori della Conferenza si sono aperti con la relazione di Livia Turco che ha ribadito l’importanza vitale che il tema dell’immigrazione ha per il PD e più in generale per l’Italia. Nel suo discorso, Turco ha fatto una fotografia della realtà complessiva, focalizzandosi in modo particolare sulla presenza di tantissimi figli di immigrati, ai quali non si può negare il fatto di essere e sentirsi italiani a tutti gli effetti. “Abbiamo bisogno di una democrazia che consenta a chi nasce e cresce in Italia di dirsi italiano e che consenta a chi vive con noi, lavora e paga le tasse di partecipare attivamente alla vita politica” – ha affermato Turco. “Il PD vuole fare la sua parte, vuole essere il partito della convivenza, vuole costruirla attivamente giorno per giorno a partire dai sui circoli, ed estendendo l’esperienza dei Forum immigrazione”. Una platea molto ricca quella della Conferenza dei democratici. Tanti i politici, gli accademici, gli amministratori, gli esperti e i nuovi italiani. Tra i presenti, Maurizio Ambrosini, docente universitario e uno dei massimi conoscitori del fenomeno immigrazione in Italia, ha tenuto una relazione incentrata sul peso dei pregiudizi e degli stereotipi, voluti o meno, nelle politiche migratorie dei partiti politici. Jean Leonard Touadi invece ha posto l’accento sul modello da adottare in Italia. “Noi come PD diciamo no al multiculturalismo fine a se stesso – ha dichiarato Touadi – È sbagliato ad esempio che tutti i negozi etnici siano nello stesso quartiere, perché c’è il rischio di creare un ghetto. Per questo è importante che si punti ad una politica delle ‘licenze commerciali’, per bilanciare al meglio la presenza degli immigrati sul territorio”.
Nella prima sessione dei lavori ha parlato anche il Segretario del PD, Bersani, che ha fatto un’analisi lucida sulla convenienza che molti partiti anti-immigrati, hanno nel mantenere lo status quo della situazione. “È l’immigrato che il populismo ti propone come uno che apre la porta di casa tua senza bussare. E questo è funzionale alla paura che è funzionale al dividendo politico. Si crea un meccanismo per cui l’interesse è ad avere il problema, anziché risolverlo” – ha affermato il Segretario, per poi concludere con una ricetta diversa sulla gestione del fenomeno: “solidarietà e ragione, per metterci non solo il cuore, ma anche la testa nella gestione dei processi”. Non sono mancate durante i lavori anche relazioni di vari esponenti del mondo dell’associazionismo, dell’impresa e dei sindacati. In quasi tutti gli interventi è emerso da un lato la complessità del fenomeno e le tante sfaccettature che esso porta, e dall’altro, la necessità che la classe politica lo tratti senza pregiudizi e steccati di tipo ideologico. Alla fine, come ha detto nella sua relazione Antonio Russo, Responsabile immigrazione dell’ACLI: “dobbiamo ricordare sempre che stiamo parlando di persone in carne ed ossa come noi e non solo di numeri e statistiche”. Spesso le esperienze migliori nella gestione del processo migratorio, anche dentro lo stesso partito democratico, vengono dai territori. Uno di questi è anche Torino, dove Ilda Curti, Assessore alle Politiche per l’Integrazione, fa la differenza da qualche anno a questa parte. “Abbiamo bisogno di buone politiche per governare fenomeni sì complessi, ma non emergenze come vogliono chiamarle. Occorre ora con ragione combattere quella logica distorta che ha creato false credenze. Quelle che la Lega usa come dogma. La Lega è il problema non la soluzione. Tocca sfatare il luogo comune che la Lega è nei territori, ma non è vero: racconta una realtà che non esiste ma gioca sul fatto che il 98% degli immigrati è considerato invisibile e non crea affatto consenso politico”, sostiene Curti, riassumendo cosi in un paragrafo il vero senso della questione, e cioè quella di dar voce alla maggioranza silenziosa e per bene che non porta voti. Ci vuole coraggio per farlo, ma un partito che aspira a governare il paese non si può sottrarre. Nadia Bourzama, farmacista marocchina, Responsabile del Forum Immigrazione PD Valle D’Aosta, invece, ha sostenuto che “il Partito democratico sta affrontando con coraggio il tema dell’immigrazione, mettendo in campo misure per favorire il dialogo e la conoscenza reciproca, a differenza di altri Partito politici”.
Said Meghras è un “nuovo cittadino” italiano proveniente dal Marocco, padre di 5 figli che da 22 anni risiede a Brescia. Per Meghras, “sembra purtroppo, che ci sia un muro tra italiani e immigrati. Ma noi stiamo lottando per creare quella integrazione e quella convivenza pacifica, indispensabili a far emergere la vera identità dell’Italia, basata sull’accoglienza, la libertà e il rispetto delle diversità”.
Infine è toccato a Massimo D’Alema, che ha esordito proclamandosi “immigrato di trentesima generazione”, “perché questa è la storia degli italiani e nessun popolo può permettersi l’aberrazione del razzismo meno del popolo italiano, che è una mescolanza di razze e civiltà”. L’esponente di spicco del PD, ed ex premier, ha poi proseguito, dicendo: “Per il nostro Partito, democratico e progressista, il contrastare la politica della paura deve diventare una battaglia seppur difficile ma identitaria. Negli ultimi anni, il contesto nel quale i fenomeni migratori si sono sviluppati è quello della globalizzazione, che accentua la paura ed il timore di smarrire le proprie radici, di essere omologati, paura che ha generato sentimenti identitari che non corrispondono poi alla realtà”. Alla fine di due giorni di lavori sono emersi anche alcuni punti importanti di proposte e di riforme che il PD mette in campo. Si va dall’ingresso per ricerca lavoro, dietro una garanzia istituzionale, all’immediata abrogazione del reato di immigrazione clandestina e all’estensione della sanatoria del 2009 riservata a colf e badanti, anche alle altre categorie. Si prosegue con la proposta della possibilità di rendere la regolarizzazione personale e non di massa, concedendo magari regolarizzazione ad personam a migranti che abbiano determinate caratteristiche (fonte di reddito e lavoro stabili, collegamenti familiari, ecc). Il Forum immigrazione del Pd propone anche l’istituzione, secondo un modello attuato in vari Paesi europei (Francia e Regno Unito) di un Ministro per le politiche migratorie. Inoltre, la programmazione dei flussi dovrebbe essere affidata a un’Agenzia tecnica indipendente (OPI: Organo di programmazione dell’immigrazione), che provvederebbe anche alla scelta dei migranti con un criterio a punti, in base alle qualità specifiche di ciascuno.
La proposta principale comunque, come hanno affermato tutti gli esponenti PD e anche gli altri relatori, riguarda la modifica della normativa sulla cittadinanza, perché è impensabile continuare a considerare non italiani, il milione di figli di immigrati che sono nati o cresciuti in Italia. Come dice Andrea Sarubbi, parlamentare del PD che della cittadinanza ne ha fatto una battaglia “ci si renderebbe conto facilmente che il tema non è maturo solamente nella società civile ma anche in Parlamento, al netto della retorica, non sarebbe difficile trovare una maggioranza trasversale per approvare la riforma della cittadinanza
, almeno per quanto riguarda i minori’.