Il programma televisivo “Fuori Tg” di Rai3 ha dedicato una puntata alla libertà di stampa nel Paese delle Aquile dal titolo “Albania, bocche cucite”.
La puntata
In Albania la libertà di stampa è a rischio. In uno scenario mediatico condizionato da forti concentrazioni editoriali e da rapporti sempre più stretti tra editoria e potere politico, i recenti provvedimenti governativi rischiano di imbavagliare l’informazione e di complicare il lavoro dei cronisti, con un possibile effetto domino nelle fragili democrazie balcaniche. Ospiti nello studio di Maria Rosaria De Medici, Giuseppe Giulietti (presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana) e Koloreto Cukali (membro del Consiglio dei Media Albanesi).
Le cronache del terremoto
Nei giorni dell’emergenza terremoto in Albania succedono tre cose: viene arrestata una ragazza di 25 anni che su Facebook aveva scritto che nel porto di Durazzo c’era il pericolo che esplodesse un deposito di gas; i capi-redattori di una tv e di un sito web vengono minacciati di arresto se non ritirano un articolo secondo cui i pacchi delle donazioni ai terremotati finivano al ministero dell’interno; poi viene oscurato un famoso sito web perché in un commento pubblica un numero di vittime superiore a quello ufficiale.
La sezione di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa dice con grande chiarezza che se per l’Albania la strada per l’Unione Europea è ancora lunga è anche a causa di un problema di democrazia che si fonda anche e soprattutto sulla libertà di stampa.
82esimo posto nella classifica mondiale, nel 2018 l’attacco ai giornalisti albanesi ha raggiunto livelli mai visti schiacciati tra il governo e il crimine organizzato, con insulti, minacce di morte, querele per intimidire e fermare inchieste sulla corruzione. Anche durante l’emergenza terremoto l’informazione politica in Albania viaggia su un canale unico: si chiama Edi Rama TV.
“I giornalisti non hanno nessuna possibilità di prendere informazioni dal governo. Siamo un caso unico forse nel mondo, di sicuro in Europa, dove il primo ministro e il sindaco di Tirana danno tutte le cronache preparate da loro stessi.” – afferma il giornalista Armand Shkullaku nel servizio del giornalista RAI Valerio Cataldi.
Lo stesso Cataldi interviene poi in studio telefonicamente per offrire una testimonianza diretta della libertà di stampa in Albania durante i giorni d’emergenza terremoto:
“Noi abbiamo realizzato uno speciale sul narcotraffico in Albania […] e la puntata raccontava in Albania rispetto al narcotraffico, raccontava quanto la mafia albanese sia un centro d’importanza e di forza, e raccontava anche come la politica fosse in qualche modo coinvolta nelle inchieste e nelle indagini sul narcotraffico.
Quel servizio quando andò in onda provocò una reazione fortissima da parte del governo albanese. Il premier scrisse su Facebook delle cose terribili contro la nostra trasmissione, disse che eravamo dei bugiardi e che erano tutte cose inventate e s’innescò a catena una serie di commenti e di attacchi via Facebook e via social.
In seguito a questa presa di posizione violenta del premier, sono arrivate delle minacce di morte nei miei confronti e degli insulti continui nei confronti del nostro telegiornale, che era accusato di aver costruito delle fake news su notizie che poi in realtà sono alla portata di tutti e accertate.” – dichiara Cataldi.
La nuova legge sui media
“Il primo ministro ha già sotto tutela quasi tutti i media tradizionali. Però non ha ancora nel suo controllo i media online. Per questo sta mandando avanti questa legge, per controllare anche i media online. La prima cosa da temere è che ci sarà un effetto domino in tutti i Balcani.” – dichiara in studio Cukali.
“I regimi hanno bisogno dell’oscurità, è una regola che vale nel mondo. Questo tipo di atteggiamento nei confronti di chi denuncia è qualcosa che si diffonde. In Italia abbiamo 24 cronisti sotto scorta: chi non vuole che si sappia cosa accade ha bisogno dell’oscurità.
Anche sulla rete stanno per fare delle leggi, purtroppo se ne parla anche in Spagna per staccare il collegamento sulla base di una non definita definizione di ordine pubblico, di terrorismo, di rischio per la nazione. Questa è la parola che usano i regimi, c’è un rischio per la sicurezza.
Il cronista che fa una domanda scomoda, diventa un rischio per la sicurezza cioè un terrorista. Dare voci a chi rischia di perdere le libertà ci riguarda perché le leggi bavaglio le vorrebbe fare qualcuno anche in Italia. Battersi per l’Albania, vuol dire battersi per l’articolo 21 della Costituzione in Italia. Non sono temi separabili.” – dichiara Giulietti.