L’ONU ha offerto il proprio supporto per un progetto albanese incentrato alla raccolta di testimonianze di centinaia di persone che hanno sofferto in prigioni e in campi di internamento durante la dittatura del regime comunista.
I sopravvissuti e le famiglie delle vittime, ogni anno, si riuniscono per commemorare le sofferenze e le difficoltà sotto il regime comunista; nonostante questo, tuttavia, la maggior parte delle storie, degli eventi e dei racconti è ancora avvolta nel mistero.
“Remembering to Heal and Prevent” (letteralmente, ricordare di guarire e prevenire) è un progetto dell’ONU che ha già preso piede in Albania.
Il programma, come conferma Gjon Radovani, responsabile di questo progetto in Albania, mira a promuovere una conversazione sociale sul passato comunista e dittatoriale a molti livelli, a partire da incontri che si terranno in ambiente universitario e che tenteranno di far luce e offrire nuovi fatti sulla storia comunista albanese.
Verranno trattati, inoltre, aspetti culturali e artistici ‘archiviati’ nel corso degli anni, cercando di renderli pubblici attraverso una serie di mostre in musei e in centri culturali.
Numerosi artisti, infatti, hanno aderito al programma, creando piattaforme culturali che genereranno una più profonda comprensione del passato della nazione.
Le testimonianze passate saranno il fulcro del progetto, come confermato da Selami Zalli, direttore informativo dell’archivio comunista:
“Il nostro ruolo sarà quello di verificare la veridicità delle testimonianze e degli eventi, perché voglio rendere ufficiali storie che circolano di bocca in bocca ma che non sono mai state documentate.
Il nostro compito non è solo di informare sul regime comunista, ma anche di educare la società dei nostri giorni sul passato.”
Tra i tanti punti cardine c’è anche il campo di concentramento situato nel distretto di Tepelene, dato che durante il regime comunista centinaia di famiglie sono morte lì dentro.

Sono passati 27 anni dalla caduta della dittatura in Albania, ma gli esperti ritengono che la società albanese abbia riflettuto solo in minima parte sulle cause che l’hanno tenuta isolata per quasi mezzo secolo.