Chi era il vero Qazim Mulleti, incaricato come prefetto di Tirana durante l’occupazione italiana dell’Albania?
Senza legittimare o meno la sua posizione politico-sociale, come è stata denigrata la sua immagine nella commedia “Prefekti”- “Il Prefetto” realizzata durante la dittatura.
Qazim Mulleti, “il dissidente artistico” albanese durante gli anni della dittatura
La denigrazione di figure autorevoli politiche ed intellettuali albanesi dissidenti, da parte del regime di Enver Hoxha attraverso l’arte.
La figura grottesca del Prefetto di Tirana, Qazim Mulleti nella commedia dal titolo con l’omonimo nome, quello del “Prefetto”.
17 Novembre 1944 – 17 Novembre 2017. 73esimo anniversario della Liberazione di Tirana dai tedeschi.
Uno strumento molto noto e potente, parte integrante del meccanismo di vendetta e di odio spietato nelle mani del regime totalitario al potere per mezzo secolo in Albania, è stato senza dubbio quello di servirsi dei mezzi di comunicazione – gestione della censura compresa e l’arte nelle sue svariate espressioni e forme – quali giornali, televisione e radio per la denigrazione quotidiana dei dissidenti del regime e di tutte le figure intellettuali oppure degli ex funzionari pubblici durante la monarchia del Re Zog ed in seguito, durante l’occupazione italiana d’Albania, dei proprietari terrieri, dei ricchi signori a cui, con l’ascesa del comunismo furono confiscati tutti i beni con l’introduzione del concetto della lotta delle classi e dell’abolizione della proprietà privata, quali: i bey, aga e kulaki, subito dopo la guerra nel 1944 .
Delle persone appartenenti alle categorie sopraccitate, con la vittoria dei comunisti di Enver Hoxha , coloro che non riuscirono a fuggire all’estero, furono arrestati con operazioni di pulizia totale a partire dal 1944 ed in seguito incarcerati, condannati e uccisi dopo sentenze giudiziarie farse oppure addirittura senza processo. Le loro famiglie furono perseguitate a vita ed internate nei campi di internamento albanesi.
Una di queste figure denigrate durante gli anni del totalitarismo in Albania, con gravi conseguenze quali la persecuzione della moglie, quella del suo unico figlio e di un’intera parentela, visto che stiamo parlando della capitale, è stato senza dubbio il prefetto di Tirana, Qazim Mulleti, “il dissidente artistico” albanese durante gli anni della dittatura.
Chi era il vero Qazim Mulleti?
Qazim Mulleti nacque a Tirana il 20 dicembre 1893 e morì da esiliato il 28 agosto 1956 a Vicolo delle Grotte, Roma.
Iniziò i primi studi superiori a Bitola , (Manastir) odierna Macedonia, per proseguire al ginnasio Zosimea di Giannina, Grecia e poi concludere gli studi universitari al collegio imperiale “Galatasaray” di Istanbul con eccellenti risultati. Era un poliglotta. Si dice che conosceva ben nove lingue straniere.
Nel 1912 partecipò alla cerimonia della proclamazione dell’Indipendenza albanese dall’impero ottomano.
Nel 1914 fu uno dei quattro aiutanti del principe Wied , principe d’Albania.
Si allontanò dall’Albania verso Vienna insieme al principe Wied, dove visse fino al 1931 da emigrante politico. Nel frattempo a Vienna frequentò un’accademia in cui si specializzò in studi dell’arte diplomatica militare di guerra. Sempre a Vienna conobbe Hajrie, anche lei tiranese autoctona, erede di una famiglia molto benestante.
Lei altrettanto emigrante a Vienna, diventò sua moglie nel 1929 e dalla loro unione nacque il loro unico figlio, Reshit. In seguito, Qazim Mulleti tornò in Albania essendo stato coinvolto nel campo politico e sociale nelle vicende più importanti del paese e infine, dopo vari viavai all’estero, attese la decaduta della monarchia del Re Zog, in quanto dissidente di quest’ultima, ottenendo l’incarico del prefetto di Tirana, nel periodo in cui l’Albania si trovava sotto l’occupazione italiana, quando Re Zog stesso aveva da poco esiliato.
Fu prefetto di Tirana nel periodo marzo 1942- ottobre 1944, anni in cui lavorò molto per la sua Tirana e fu amato e rispettato dai tiranesi autoctoni e da tutta la gente di Tirana.
Intuendo la presenza del rischio che correva, accusato come collaboratore dei nazifascisti, si rifugiò all’estero a settembre 1944 per non cadere nelle mani dei comunisti albanesi. Non riuscendo a portare con sé però, la moglie ed il loro unico figlio. Loro rimasero in Albania.
Due mesi dopo, e precisamente il 29 Novembre 1944 avvenne la liberazione dell’Albania dall’occupazione fascista. Fu la fine della guerra e segnata l’immediata ascesa del regime comunista di Enver Hoxha.
Di conseguenza, ebbe inizio la lotta spietata ai dissidenti.
La moglie e il figlio Reshit, dopo il sequestro di tutti i loro beni, vennero portati nei mostruosi campi di internamento albanesi. La moglie del prefetto, la signora Hajrie passò tutta la sua vita in questi campi, fino a quando non chiuse gli occhi. Morì nel tremendo campo di Savër, Lushnjë, Albania nel 1980, dopo lunghe sofferenze, malattie e maltrattamenti in una delle tante baracche di legno e lamiere.
Con l’arrivo della democrazia – inizio anni ’90- il figlio di Qazim Mulleti, prefetto di Tirana, Reshit Mulleti, sopravvissuto ai quarantacinque anni di calvario nei campi di internamento albanesi, in cui era stato rinchiuso con la madre, fece ritorno nella sua Tirana. Reshit morì a Tirana da un infarto indicativamente nel 2000.
Delle loro proprietà si erano ormai impossessati degli sconosciuti. E delle loro vite soprattutto …
Chi era invece il personaggio grottesco dall’omonimo nome, Qazim Mulleti nella commedia del realismo socialista albanese?
Come fu dipinto il personaggio dall’omonimo nome Qazim Mulleti, protagonista della commedia denigratoria messa in scena durante il totalitarismo, “Prefekti”- “Il Prefetto”?
La tragedia della vita reale della famiglia del prefetto di Tirana, racchiusa in una commedia, come rappresentazione teatrale denigratoria comunista.
Dalla trama scritta dall’autore albanese Besim Levonja, nel 1948, quindi a soli quattro anni dalla fine della guerra, viene presentata sul palcoscenico del Teatro di Tirana, la commedia: “Prefekti”- “Il Prefetto”, riferita alla ridicolizzazione della figura del prefetto di Tirana.
Nel 1948, in un’ Albania che usciva da poco stremata dalla guerra, mentre al cinema non venivano ancora proiettati dei film, in teatro iniziarono quindi gli spettacoli, tra cui fa parte la commedia brillante “Il Prefetto” – “Prefekti”, scritta da Besim Levonja in modo arbitrario, seguendo gli stereotipi che la censura comunista imponeva per screditare i nemici del regime, la quale descrive la figura di Qazim Mulleti, prefetto di Tirana, come una persona bizzarra, ridicola, come illetterato, come un alto funzionario pubblico ignorante che parla solo in dialetto tiranese, non in lingua albanese standard, accompagnato da una famiglia, con moglie e figlio, anche loro ignoranti, affiancato nel suo incarico di prefetto di Tirana da un gruppo di lavoro costituito da altrettanti incompetenti, ebeti, arretrati ed ottusi. Il ruolo del protagonista fu affidato all’attore Mihal Popi.
Per giunta, dopo l’eco del successo della commedia e visto che in essa vengono usati deridendoli, i nomi reali del prefetto, di sua moglie e del figlio, questa cosa per il ragazzino fu causa di prese in giro, emarginazione e maltrattamenti a scuola da parte dei compagni.
Ironia della sorte volle che l’autore stesso Besim Levonja, che scrisse e ridicolizzò la figura del prefetto di Tirana nella sua commedia, fosse stato in realtà un ex-partigiano durante la guerra, incarcerato dai fascisti durante il periodo in cui il vero Qazim Mulleti ricopriva il ruolo di prefetto di Tirana ed era stato proprio quest’ultimo a farlo uscire dal carcere ponendo la sua firma per il rilascio del detenuto in questione.
Il figlio del prefetto, Reshit, durante le interviste rilasciate con l’arrivo della democrazia – essendo stato l’unico sopravvissuto della famiglia dai campi di internamento dopo ben 45 anni di calvario – con tanta signorilità, non ha mai criticato la commedia, nemmeno l’amico di famiglia, l’autore della trama e si è espresso che:
“Nell’arte tutto è concesso, compresa l’iperbole e le esagerazioni sarcastiche delle commedie.”
Il vero prefetto di Tirana, anni 1942-1944, Qazim Mulleti, diventa “dissidente artistico” albanese durante gli anni della dittatura.
Visto che nelle rappresentazioni teatrali, la commedia era risultata brillante e dal punto di vista artistico, di un valore indiscusso – valore che l’opera preserva tutt’oggi nel panorama artistico albanese e da distinguere dal contenuto indottrinato del tempo in cui è stata lanciata – negli anni a seguire se n’è occupata la cinematografia. Ne è uscita la pellicola e quindi, è stato fatto film.
Questa volta nel 1982, il ruolo principale del prefetto Qazim Mulleti nel film è stato affidato ad uno dei più grandi attori mai esistiti nella storia della cinematografia albanese, Robert Ndrenika . La parte della moglie invece l’ha interpretata egregiamente la grande attrice albanese Behije Çela.
Il film brillante anche esso, ha ottenuto un successo enorme per quanto riguarda la realizzazione tecnica e l’interpretazione eccellente artistica dell’attore protagonista e di tutto il cast ma, nello stesso tempo, anche sulle generazioni successive albanesi, ha influito ad inculcare il mito della figura rozza ed ignorante del prefetto di Tirana, Qazim Mulleti, amplificandone la sua denigrazione pubblica.
Con l’arrivo della democrazia, ad inizio anni ’90 in Albania, è stato lo stesso attore protagonista della commedia “Il Prefetto”, la stella del cinema albanese, Robert Ndrenika, a porgere in maniera ufficiale le scuse alla moglie ed al figlio del vero prefetto di Tirana, Qazim Mulleti, riconoscendo la sua propria situazione delicata inerente alla carriera professionale da attore effettuata negli anni della dittatura, per quanto riguarda i ruoli a lui ed a tutti i suoi colleghi attori, imposti da interpretare – nel caso preciso, il ruolo del prefetto di Tirana da lui interpretato – inchinandosi al calvario di vita dei familiari del vero prefetto di Tirana, Qazim Mulleti ed al dolore per la loro persecuzione nelle baracche dei campi di internamento da parte del mostruoso regime totalitario albanese.
Proposta per “censura all’inverso” in Albania oggi, in democrazia
L’appello da parte del capo dell’Istituto degli Studi dei Crimini del Comunismo di censurare oggigiorno i film del periodo del comunismo, realizzati e proiettati in Albania prima degli anni ’90.
O meglio: in un’ iniziativa che ha preso forma istituzionale, coinvolgendo un grande numero di esperti dell’arte cinematografica albanese, attori, registi e sceneggiatori, rappresentanti dei media, scrittori e politici si chiede di bandire i film del realismo socialista albanese, considerati diffamatori per buona parte della popolazione dell’Albania.
Di recente in Albania, ha preso dimensioni enormi nell’opinione pubblica, la diffusione dell’appello da parte del capo dell’Istituto degli Studi dei Crimini del Comunismo di non permettere più la pubblicazione di tutte le opere cinematografiche albanesi realizzate durante il totalitarismo, in quanto offendono la sensibilità pubblica innalzando il culto della spia ai danni del popolo e dell’informatore al servizio dello stato, la denigrazione delle figure cosiddette reazionarie oppure di tutti i dissidenti del regime, del clero ecc …
Certamente questa iniziativa ha acceso forti dibattiti in varie sfere artistiche, intellettuali, sociali e politiche albanesi dividendo i pareri in pro e contro.
C’è una parte delle persone – compreso l’iniziatore dell’appello stesso – che sostiene se non di censurare totalmente i film, di tagliarne dei pezzi, di determinare almeno una fascia oraria precisa per la loro trasmissione – per il danno che potrebbero provocare sull’educazione dei minori, delle nuove generazioni, per i messaggi sbagliati che a loro potrebbero far arrivare visto i loro contenuti dal forte martellamento ideologico – e l’aggiunta di sottotitoli o spiegazioni sul contesto in cui i film erano stati realizzati, il loro vero obiettivo o messaggio che intendevano trasmettere, seguendo gli schemi della censura comunista.
Il tutto, con lo scopo di evitare l’influenzamento della gente dalla nostalgia per il vecchio sistema totalitario, quindi onde evitare la diffusione dell’epidemia “nostalgici del sistema” e non solo: non infierire ulteriormente con la diffusione di queste proiezioni che hanno al centro delle loro trame la denigrazione dei nemici del sistema comunista del periodo della dittatura in Albania, non girare un coltello sulla piaga, toccando le sofferenze che la gente emarginata e perseguitata dal sistema aveva già subito sulla propria pelle e di quella dei loro familiari nella loro vita reale e non più alla finzione artistica.
E c’è l’altra parte delle persone che crede fermamente che, intento umano a parte, questa iniziativa va contro l’arte stessa.
L’arte non si spiega! Con i film censurati parzialmente, tagliandone dei pezzi o aggiungendone spiegazioni, si offenderebbe in questo modo tutta la categoria degli artisti. Le cose trattate in quei film sono tutte sottintese, non c’è bisogno di spiegazioni … Le ragioni della costruzione di quei determinati stereotipi indottrinati si conoscono bene dagli albanesi.
Le creatività artistiche nonostante si tratti di quelle realizzate sotto la censura in dittatura, portano il marchio del tempo che correva e c’è la consapevolezza di questo da parte di tutti. Naturalmente, non si possono negare l’impegno, il talento nella recitazione, la dedizione di una intera generazione di artisti in Albania, di spessore e che tutto il mondo ci invidierebbe.
In un’Albania in cui il regime precedente totalitario aveva come arma potente accentrata nelle sue mani, la distruzione e l’eliminazione di tutto ciò che andava contro la sua linea, essendo state distrutte varie fonti di patrimoni artistici, religiosi e culturali albanesi, non si può oggi, in democrazia dimostrare di usare lo stesso meccanismo di distruzione per opere artistiche realizzate nel periodo più buio della vita del popolo albanese, il totalitarismo.
Le nuove generazioni anzi, necessitano di conoscere il trascorso dell’Albania, del contesto di vita dei loro cari e la documentazione televisiva, il patrimonio artistico e cinematografico costituiscono una fonte inestimabile di informazione.
L’arte, con il suo effetto universale, fungerebbe al contrario, da strumento per non dimenticare e non inciterebbe nostalgia per quel sistema da cui ombra, gli albanesi non dovrebbero più avere paura.
Gli albanesi dovrebbero invece affrontare faccia a faccia le sue conseguenze, con la consapevolezza che la storia si conosce più a fondo se si affronta, non evitandola, nemmeno temendo di “intossicandosi” guardando un film indottrinato del passato …
In sintesi, è importante mettere tutte le nuove informazioni storiche emerse sullo stesso piano e confrontarle.
Senza dare nulla per scontato, ma in modo scientifico analizzare il contenuto e l’andamento di eventi storici della vita del popolo tiranese e di tutto il popolo albanese.
Per cui, la riabilitazione delle note figure pubbliche tiranesi ed albanesi in generale, la cui reputazione è stata gravemente compromessa dal regime totalitario di Enver Hoxha, è semplicemente un diritto per gli albanesi, non solo perché uno dei fondamentali principi dei diritti dell’uomo, ma anche per salvaguardarne la propria dignità, come popolo, come nazione.