Albania, chicche di etnocultura.
Per i credenti ortodossi in Albania, questi braccialetti vengono legati al polso il 1°Marzo e levati il 14 Marzo.
Per il resto della popolazione vengono invece legati al polso il 14 Marzo e levati all’avvistamento della prima rondine per la stagione in corso.
Affonda le radici in tradizioni ancestrali e nel vocabolario della lingua albanese è definito “Verojkë”, (con sinonimo “verore”).
Si riferisce al braccialetto di fili di cotone intrecciati bicolore bianco e rosso, che solitamente ogni Primo Marzo i bambini, ma anche gli adulti volendo in Albania, legano al polso oppure attorno al collo in segno di accoglienza per la bella stagione alle porte, di salute e prosperità per Madre Natura.
La ricorrenza è legata alla cosiddetta “Dita e Verës” – “Giorno dell’Estate”, con accezione la primavera e l’estate imminente da evocare con riti a favore della natura rinvigorita.
Nei villaggi, la sera prima si accendevano dei fuochi, bruciando solitamente dei rami di alloro e i ragazzini, anche gli uomini adulti li scavalcavano in segno di saluto all’inverno lasciato ormai alle spalle.
L’autore albanese, Faik Konica scrive che nel passato in Albania, questi braccialetti “verore” venivano legati e portati non solo dalle persone, ma appesi anche agli alberi di corniolo, alle selci, agli allori ed ai ginepri evocando il buon auspicio di prosperità.
Si facevano anche delle ghirlande con piante intrecciate di questi braccialetti e appese all’entrata delle porte delle abitazioni dando il benvenuto alla bella stagione.
Secondo gli etnologi albanesi, si tratta di una festività popolare pagana celebrata da Nord a Sud dell’Albania con sfumature e usi diversi in ogni località, fin dagli albori e ancora prima che la chiesa cattolica e quella ortodossa attribuissero all’evento carattere anche religioso oltre che folcloristico.
Si estende il 14 Marzo, specie in Albania Centrale, tendenzialmente a Elbasan, con la preparazione dei tipici dolci di questa festività, “Ballokume”, accostato da diversi usi locali, per prendere spazio ovunque sul territorio albanese, fino ad essere diventata quest’ultima una giornata festiva e di riposo per tutti.
La festività ha avuto una limitazione negli anni della dittatura – così come anche Carnevale ed altre feste popolari, ma che in modo trasversale riportano anche al collegamento con la fede, per via dell’interdizione della religione all’epoca – per riprendere dopo gli anni ’90.
Amici arbëreshë testimoniano che questo rito è sempre stato celebrato anche da loro fino a 40 anni fa e si chiamava “Marci”, prendendo spunto dall’albanese “Marsi”, denominazione del mese di marzo.
Nel 1668 è avvenuto il passaggio del rito da quello ortodosso al latino.
A Spezzano Albanese – Spixana – paesino arbëresh, è stato organizzato anche di recente un progetto per rievocare questa festività nelle scuole, considerando comunque che per le nuove generazioni arbëreshe, queste sono purtroppo usanze in via di sparizione, nonostante i tentativi da parte degli adulti arbëreshë di valorizzarle.