Chi preferisce passare le sue vacanze nei villaggi turistici, in crociera o in simili gabbie dorate dove il divertimento è perfettamente organizzato e il riposo e la noia sono assicurati, non prenderà certamente in considerazione la proposta di un viaggio in Albania.
In un intervista per Albanianews, Roberto Dall’ Asta, professore parmiggiano, viaggiatore, conoscente ed ammiratore dell’Albania, sostenitore da sempre dell’associazione albanese “SCANDERBEG” di Parma, ci racconta l’esperienza dei suoi viaggi nel “Tibet del Mediterraneo” come definisce egli l’Albania.
Anila Kadija – Come nasce il desiderio di scoprire l’Albania?
Prof. Roberto Dall’Asta – L’Albania non risulta neppure nei cataloghi di Avventure Nel Mondo o degli Argonauti: troppi e troppo radicati i pregiudizi nei confronti del più facilmente raggiungibile, del più sconosciuto fra i paesi che il Mediterraneo unisce all’Italia. Tali pregiudizi nei confronti di quel popolo e di quella terra sconosciuta non lasciano immaginare un viaggio che si è rivelato invece un’avventura affascinante, ricca di cultura e di rapporti umani importanti, sullo sfondo di scenari naturali sorprendenti. Tanto per cominciare il detto “TRID CME L’ALBANIA” non si riferisce al Paese ma ad un tabacco di scarsa qualità che veniva diffusamente consumato in Italia prima della guerra.
Anila Kadija – Non temevate la “delinquenza”?
Prof. Roberto Dall’Asta – Altro pesante pregiudizio è legato alle problematiche connesse all’immigrazione: si parla degli albanesi che vanno a finire sui giornali per fatti di cronaca nera e non delle migliaia di famiglie che vivono del loro lavoro, spesso durissimo, con grande dignità e responsabilità. In effetti ho potuto sperimentare il grande senso di ospitalità e la sensazione di sicurezza e tranquillità che ho sempre riscontrato in tutti i paesi non ancora inquinati dal turismo di massa, e questo ci dovrebbe fare molto riflettere.
Anila Kadija – Quale strada vi ha portato in Albania?
Prof. Roberto Dall’Asta – Così navigando in rete ho scoperto Bathore Beach , un progetto di turismo solidale elaborato da un gruppo di giovani studenti e lavoratori che vivono in uno dei quartieri più poveri di Tirana.
I giovani ti accolgono al porto di Durazzo o all’aeroporto di Tirana, ti ospitano nelle loro case, ti mettono in contatto con la realtà del loro quartiere e le attività del loro Centro rivolto soprattutto ai giovani e ai bambini, quindi con un pulmino ti accompagnano e ti fanno da guida ( tutti i ragazzi del gruppo parlano perfettamente in italiano) per conoscere le mete che fanno della terra delle aquile, il Tibet del Mediterraneo.
Anila Kadija – Raccontateci un po’ del viaggio?
Prof. Roberto Dall’Asta –
Il viaggio inizia dunque dal luogo meno indicato per una vacanza: Bathore, quartiere periferico della capitale. Fino a pochi anni fa una distesa di campi attorno ad un piccolo lago, adesso un proliferare disordinato di piccole case, circondate da muri scalcinati e steccati, stradine in terra battuta fra rovi e cortili, dove una mucca pascola tranquilla, assicurando così latte e formaggio a ciascuna famiglia. Sui tetti delle case cisterne per le riserve di acqua e antenne paraboliche. Appesi al muro un pupazzo o una bambola impediscono che un eventuale malocchio colpisca i componenti della famiglia, comunque fra superstizione e scetticismo fanno ormai parte della tradizione in tutto il Paese. Fra tutte queste la casa della famiglia che ci ospita, costruita dallo stesso proprietario e sua moglie, è spartana ma curata e funzionale,circondata di alberi da frutta e di viti da cui si ricava un vino rosso che ci viene offerto come aperitivo di benvenuto.
Il quartiere è nato da una migrazione dal nord alla caduta del regime del dittatore comunista Enver Hoxha. Il nord è ancora oggi la regione più povera dell’Albania e anche quella dove sono più radicati i costumi, le usanze e le tradizioni.
Anila Kadija – Cosa vi ha colpito in particolare?
Prof. Roberto Dall’Asta – Fra queste è ancora viva e istituzionalizzata la legge del KANUN, basata su una serie di norme che contemplano nei casi estremi anche il delitto d’onore e la vendetta: Sostengono gli anziani che frequentano il centro sociale che obiettivo principale del Kanun è di prevenire il crimine, ma soprattutto di giungere alfine alla riappacificazione fra la famiglia del colpevole e quella della vittima. La durezza e l’inflessibilità della pena favoriscono inoltre la sicurezza e la tolleranza in un Paese in cui convivono tranquillamente popoli di diverse etnie e religioni. Sono mussulmani il 70% della popolazione, ortodossi il 20% e cattolici il 10 %.
Anila Kadija – Poi, come avete proseguito?
Prof. Roberto Dall’Asta – Da Bathore si parte ogni mattina per raggiungere le mete turisticamente più interessanti:
le città di Kruja, Shkoder, Berat e infine la stessa Tirana.
Da Tirana la strada sale rapidamente attraverso boschi e pinete fino a Kruje, una piccola cittadina dominata da una fortezza da cui la vista spazia sulla pianura che si estende a est fino al mare Adriatico. Nel castello è stato ricavato il museo di Scanderbeg (Giorgio Castriota) l’eroe nazionale che nel XV secolo ha respinto i Turchi sconfiggendoli in 25 epiche battaglie e impedendo loro la conquista dell’Albania fino alla sua morte, avvenuta all’età di 62 anni per malaria. La tomba dell’eroe, avvolta dal marmo candido di un monumento ipercomunista, si trova a Lezha, all’interno della cattedrale di San Nicola, ma non contiene le sue ossa che i Turchi hanno successivamente profanato facendone bracciali e collane.
La strada che porta al castello scorre lastricata fra antiche case di stile orientale di pietra e di legno, trasformate in bazar di antiquariato, artigianato di qualità e souvenirs.
Anila Kadija – Ci sta raccontando i dettagli con una precisione inaudita, è stato un viaggio affascinante e sorprendente?
Prof. Roberto Dall’Asta – Si è vero! Perchè ogni volta c’era una sorpresa..
Ai piedi del castello un’antica casa padronale è stata trasformata in Museo Etnologico. Una guida che parla italiano con uno strano accento (un connubio fra Mal dei Primitives e Papa Ratzinger) ci mostra strumenti, mobili, stanze e, caratteristica unica in Europa, un suggestivo hammam privato.
Vicino alla casa troneggia un possente ulivo secolare che si dice sia stato piantato dallo stesso Skanderbeg. Una curiosità che ci sorprenderà qualche giorno dopo a Butrinto dove una lapide posta di fianco a uno striminzito arbusto di ulivo recita “piantato dal primo ministro italiano Silvio Berlusconi – 2002”. Procedendo alla scoperta di Kruja siamo avvicinati da un anziano sedicente scrittore e storico che ci mostra un suo libro e ci invita a visitare un teqe, il tempio dei Bektascì, una setta di mussulmani sufisti, coloro cioè che dell’Islam colgono gli aspetti più spirituali, il senso della pace e della tolleranza, che rifiutano i precetti più rigidi, bevono volentieri il raki (la grappa locale) e le cui donne non portano il burka e sono considerate alla pari degli uomini. Un grande raduno di questi fedeli si tiene il 23 Agosto sul monte Tomorr, nei pressi di Berat, in occasione della loro festa tradizionale.
Anila Kadija – E la cucina albanese vi ha sorpreso con i suoi piatti tipici?
Prof. Roberto Dall’Asta – Un temporale improvviso e un forte acquazzone ci costringono a rifugiarci in un ristorante dove consumiamo un’ottima zuppa, capretto arrosto e gustose insalate che ci costano quanto una pizza nei ristoranti italiani. Il conto dei ristoranti sarà una piacevole sorpresa che ci accompagnerà per tutto il viaggio, anche quando consumeremo pesce fresco alla griglia e frutti di mare nelle greche atmosfere di Saranda.
Anila Kadija – So che siete passati anche a Scutari?
Prof. Roberto Dall’Asta – Il giorno successivo la meta è Shkoder (Scutari), città posta sul grande lago omonimo, al confine con il Montenegro. La città è dominata dal Castello di Rozafa, fortezza di origine ellenica, ma successivamente riedificata e utilizzata da bizantini, albanesi, veneziani e turchi. Il nome del castello deriva dalla leggenda della giovane sposa che fu murata viva nelle sue fondamenta per sconfiggere un sortilegio che ne impediva la costruzione: chiese e ottenne che alcune parti del suo corpo rimanessero libere: un occhio per vedere il suo bambino, una mano per accarezzarlo e il seno per allattarlo.
Dalla cima di un antico minareto posto nel punto più elevato del castello, a cui si accede da una buia ripidissima scala a chiocciola, si gode di un paesaggio spettacolare: il lago immenso incastonato nel verde, il fiume emissario con i suoi affluenti che si perde nella pianura giù fino al mare, l’antico ponte romano su acque limpidissime e rocce da cui si tuffano bambini, giovani e ragazzi. Un quadro arcadico che suscita in noi una vaga nostalgia di un tempo ormai lontano e perso in nebulosi ricordi.
La città moderna, ai piedi del castello, merita una visita soprattutto per il museo della fotografia, che raccoglie le opere di Pietro Marubi, fotografo piacentino, vissuto anche a Parma e trasferitosi quindi alla fine dell’800 a Scutari, dove adottò un bambino al quale insegnò la sua arte che gli consentì di diventare altrettanto famoso.
Imperdibile infine una visita al ristorante Tradita (tradizione) posto in un’antica corte completamente ristrutturata e contenente una raccolta unica di vestiti tradizionali, che l’oste vi mostrerà e vi illustrerà con orgoglio. Un gustosissimo pranzo con carni arrostite nel grande camino, verdure e salse saporite, dolci e ottimi vini concluderanno la visita invitandovi ad una piacevole siesta.
Anila Kadija – Il nostro nord è affascinante anche per i costumi tradizionali?
Prof. Roberto Dall’Asta – Nel ritorno, abbandonata la strada principale, ci dirigiamo su una strada ghiaiosa verso Blinisht. Incontriamo piccoli villaggi, donne in variopinti abiti tradizionali, branchi (?!) di tacchini al pascolo, mucche e maiali al guinzaglio, carretti tirati da asini, ma anche qualche coppia di giovani sposi o ragazzi in motorino. Raggiungiamo infine Krajen, dove un dinamico prete italiano dirige una missione, oggi affollata per una grande festa alla presenza di un ministro del governo albanese. Fra bancarelle che offrono prodotti agricoli e artigianali, bandiere e palloncini, canti e danze si celebra sul palcoscenico il matrimonio fra Agri e Turi, cioè fra il Turismo e l’Agricoltura per offrire una risposta e una speranza al problema dell’immigrazione, ai giovani che non saranno più costretti a lasciare il loro paese per realizzarsi.
Anila Kadija – Poi “la città dalle mille finestre”?
Prof. Roberto Dall’Asta – Il giorno successivo la meta è Berat, “la città dalle mille finestre” definita dall’UNESCO patrimonio dell’umanità: sovrastata dai monti Tomor e Shpiragu è nata dalla leggenda del contrastato amore fra due giovani, la cui tragica fine ha suscitato tante lacrime da far nascere il fiume Ossum che oggi divide la città, così come allora era diviso il loro amore. Berat comprende attualmente, oltre alla periferia moderna e disordinata, tre nuclei storici: Kalà, Mangalem e Gorice.
Kalà, costruita su un colle da cui si domina tutta la valle sottostante è la parte più antica e comprende sette basiliche ortodosse, di grande valore architettonico e due moschee. La basilica di Santa Maria ospita il museo di Onufri, il pittore che ha spezzato l’immobilismo medioevale delle icone con movimenti, colori e luci caravaggeschi.
Mangalem e Gorice sono nuclei ancora oggi abitati, costruiti in pietra bianca e attraversati da strettissimi viottoli lastricati che non permettono il passaggio di veicoli ma sono riempiti armoniosamente dai giochi fragorosi dei bambini, che incuriositi ci accompagnano nella visita, mostrandoci le loro case e presentandoci i loro parenti.
Anila Kadija –
La nostra arteria principale,Tirana, che impressione vi ha fato?
Prof. Roberto Dall’Asta – Tirana, come ogni capitale di un paese in via di sviluppo, è una città difficile. A una periferia sovraffollata e disordinata, soffocata da un traffico caotico, si contrappone il Centro con enormi piazze e vie costruite per le Grandi Parate che celebravano le meraviglie del regime dittatoriale del “Compagno Supremo”. Al centro della piazza troneggia incontrastata la statua dell’Eroe da tutti riconosciuto, Scanderbeg. È rimasto, invece, desolatamente vuoto il piedistallo che sosteneva la grande statua di Enver Hoxha, probabilmente nascosta nello scantinato di qualche museo. Così pure ha cambiato prontamente destinazione d’uso la grande piramide di marmo e cristallo, il mausoleo voluto dallo stesso dittatore per celebrare le sue tragiche imprese ed ora invece adibito a manifestazioni sportive e congressi.
Hanno cambiato la loro funzione anche i 600.000 bunker, che fanno ormai parte del paesaggio albanese. Li incontri dappertutto, fra le case, nei boschi, sulle spiagge, utilizzati ormai come pattumiere o toilette d’emergenza, ma a volte anche dipinti da graffitari e pittori naif.
Una mezza giornata richiede la visita al Museo Storico ed alla Moschea di Ethem Bey che con la Torre dell’Orologio costituisce il simbolo della città. Una nuova teleferica permette quindi di raggiungere il Parco alla sommità del monte Dajti (1612 m), da dove si ha una splendida vista sulla Capitale. A questo itinerario nella Tirana tradizionale, si affianca e forse si contrappone una immagine più moderna e proiettata nel futuro, la Tirana dei nuovi palazzi dai disegni e i colori vivaci: giallo e viola, rosso e blu, verde e arancione, colori da scenografie almodovariane, che sarebbero piaciuti tanto ad Andy Wharol, ma che non convincono i nostri giovani amici, che li considerano troppo infantili, cose da bambini.
Anila Kadija – Ci chiamano il paese delle aquile…vi siete sentiti in alto li?
Prof. Roberto Dall’Asta – Il “Paese delle aquile” è anche il Paese che fu abitato dagli Illiri, fu l’Epiro il cui re Pirro tenne a lungo in scacco l’esercito romano, fu colonia greca e provincia romana, per cui conserva siti importanti che consentono di seguire un itinerario archeologico, a partire da Durres (Durazzo), dove, grazie a un progetto del Dipartimento di Storia dell’Università di Parma, coordinato dalla prof. Sara Santoro in collaborazione con l’Università di Tirana, si stanno conducendo, con l’aiuto di studenti volontari italiani e albanesi, gli scavi dell’imponente anfiteatro romano situato nel cuore della città e l’allestimento di un museo archeologico che è un gioiello di semplicità e chiarezza espositiva.
Procedendo verso sud, nei pressi della città di Fier, si potranno visitare i resti della città greca di Apollonia, ma è soprattutto il parco archeologico di Butrinto la meta obbligata degli appassionati di storia antica e archeologia. La città, situata a pochi km da Saranda su un promontorio circondato da un lago di acque salmastre e dal mare, è citata già nel III libro dell’Eneide. Enea, in fuga da Troia, si stupisce di approdare in questa città che ne riproduce le sembianze. Qui Enea incontra Andromaca, andata in sposa ad Elleno, ultimo figlio del re Priamo, che gli dà indicazioni per raggiungere le coste italiche e seguire così il destino che gli dèi gli hanno riservato, quello di dare origine alla gloriosa stirpe di Roma. La città di Butrinto, scoperta dall’archeologo italiano Luigi Ugolini negli anni ’30, conserva tracce della dominazione greca, romana e veneziana. In un suggestivo percorso fra a
lberi secolari, accompagnati da un ininterrotto canto di cicale, si possono visitare il teatro greco- romano, le mura ciclopiche, le terme, il ginnasio, importanti palazzi, magazzini e ninfei, ma anche una Basilica e un battistero paleocristiano che ha per pavimento uno splendido mosaico che la sabbia ha conservato integro. Risalendo attraverso la” porta del leone”, secondo Virgilio copia delle porte Scee di Troia, si arriva all’acropoli e al castello veneziano, oggi adibito a museo archeologico, che conserva fra l’altro il busto marmoreo di Antinoo, “the lover of the emperor Adriano”. Nel parco, dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, si possono visitare inoltre il castello di Ali Pasha, la Fortezza triangolare, raggiungibile con una rudimentale chiatta, l’acquedotto romano e il villaggio preistorico sul colle Kalivoi.
Il parco presenta inoltre un grande interesse naturalistico in quanto preserva nel suo habitat diverse specie animali e vegetali considerate in pericolo di estinzione.
Anila Kadija –
E il nostro mare?
Prof. Roberto Dall’Asta –
In estate non si può parlare di vacanze se non si parla di Mare. Le coste dell’Albania sono bagnate al nord e al centro dal Mare Adriatico, cioè spiagge di sabbia grigia, attrezzate e affollatissime in Agosto nei pressi delle città. Lezha, Durazzo, Valona ricordano la Romagna e i litorali romani degli anni sessanta. Il sud dell’Albania è invece bagnato dal Mar Ionio, Le sue coste sono alte e rocciose, ma percorse da innumerevoli calette di sabbia chiara, ombreggiate da eucalipti, platani e ulivi; l’acqua è limpida e trasparente, con tutte le tonalità dell’azzurro e del verde. Piccole isole disabitate si possono raggiungere facilmente a nuoto o con barche a remi. Il confine con la Grecia è a pochi km e Corfù è proprio di fronte, raggiungibile coi traghetti in 20 minuti e 15 Euro. Saranda è la città capoluogo di questa regione, città modernissima e ordinata, ma non facile da raggiungere. Ci sono due strade, ambedue a una sola corsia e solo in parte asfaltate, che la collegano a Tirana e Durazzo: una all’interno che passa da Girokastro, la città di pietra, l’altra costiera che passa da Vlore (Valona). Ambedue richiedono una giornata di viaggio, su strade che si arrampicano, tornanti e precipizi, villaggi improbabili abbarbicati giù fino al mare, foreste di platani, querce, ulivi secolari e pini, cime rocciose e voli di rapaci, fiumi laghi e torrenti. Il Paese delle aquile, il Tibet mediterraneo, pur con queste difficoltà, percorrere queste strade e raggiungere questo mare vale la pena del viaggio.
Anila Kadija – Vi ringrazio per questa bellissima intervista, vorrei una piccola parentesi di pensiero?
Prof. Roberto Dall’Asta – Mi piace concludere questo mio diario di viaggio con una citazione dal libro che mi ha accompagnato, in mancanza di specifiche guide turistiche, “Viaggio ai confini dell’Occidente” di M. Crema pubblicato da Ediciclo editore: “Un popolo che punta al futuro ma teme di finire in qualche buca del passato o inghiottito dalla modernità, molto più aspra di quello che si aspettava dopo anni di tv italiana. Un popolo che vuole ritornare a vivere libero e farà di tutto per non farsi soffocare dai mille confini geografici e storici che l’avvolgono. Qui c’è ancora l’avventura.”