Quest’anno pensavo proprio che non ci sarei andata. Dopo undici anni durante i quali il mese di agosto per intero, o in larga parte, lo trascorrevo in Albania, ero certa che questo 2020 sarebbe stato diverso.
“Non vado da nessuna parte” – così mi ero detta a seguito del lockdown, di quel periodo terribile soprattutto per la mia città, Bergamo, un incubo dal quale era impossibile svegliarsi.
Poi l’estate, il desiderio di evadere, il bisogno di staccare, di concedersi una tregua hanno prevalso e così, munita di autodichiarazione sono partita con il mio bambino e sono andata in Albania dove ad attenderci c’era mio marito che ci lavora dal 2008.
Meta: Qerret, albergo di recente costruzione. Sulla stessa spiaggia ero stata 4 anni fa e i cambiamenti che ho notato sono a dir poco sbalorditivi.
Allora non c’era nulla se non l’hotel dove avevo pernottato, a fianco di un residence privato. Ora sono sorti alberghi lussuosi, ristoranti, una bella passeggiata che costeggia la spiaggia.
E rieccomi in Albania, sulla costa adriatica del Paese che tanto bene conosco, luogo delle mie vacanze estive. Amo il mare, dubito fortemente che avrei potuto rinunciarci per un anno intero.
Qui il Covid-19 sembra fare meno paura. Niente mascherine se non per i camerieri, rigorosamente indossate lasciando il naso scoperto. Il mare bellissimo, soprattutto per chi ha bambini piccoli, clima incantevole, cibo sempre ottimo. L’Albania per me è sinonimo di gusto e sapore: pesce fresco cotto alla griglia, pettole, raki, pannocchie abbrustolite, pomodori e cetrioli, formaggio bianco.
In Albania digerisco persino l’aglio che normalmente non posso nemmeno annusare.
Quest’anno è stato diverso però: niente musica assordante sulla spiaggia. Si poteva sentire il rumore delle onde e chiacchierare sotto l’ombrellone senza sgolarsi. Una vera gioia.
Altra differenza la mancanza del multilinguismo alla quale sono abituata. Sulle spiagge albanesi d’estate si parla albanese, italiano nei vari accenti che caratterizzano la penisola da nord a sud, inglese, francese, serbo. Quest’anno solo albanese. I turisti infatti erano prevalentemente kosovari.
Sono contenta perché noto grandi migliorie, anche se le pecche a me note ci sono ancora. Edifici dall’architettura all’avanguardia, piscine da favola, splendide realtà e carenze nella gestione del servizio. Come se tutto il resto fosse dato per scontato.
Penso fermamente che un Paese come l’Albania potrebbe vivere di turismo, mostrando al mondo le sue bellezze e la varietà del suo territorio, immensa seppur così piccolo: mare, laghi, montagne, campagna, cibo gustoso e biologico, gente accogliente e ospitale, storia e cultura.
E sporcizia, incuria, disinteresse soprattutto per il bene comune. Un vero peccato, ma confido nelle nuove generazioni e nel desiderio di migliorare.
Le case albanesi poi sono accoglienti, l’ospitalità in questo Paese è davvero sacra, ma credo sia anche incredibilmente naturale.
Si condivide tutto: lo spazio, il cibo, si vive di convivialità che per una bergamasca come me lascia sempre un senso di incredulità. Io cresciuta in una famiglia atipica, con la casa sempre piena di gente, soprattutto d’estate ho amiche che adoro, ma nelle cui case non ci ho praticamente mai messo piede, nemmeno per un caffè. In Albania conosci una persona da un paio di giorni e finisci a cena a casa sua.
Rientro in Italia, vacanza finita. Un po’di malinconia si fa sentire. Salgo sul volo, dopo aver ammirato, come sempre, l’organizzazione dell’aeroporto di Rinas e atterro, puntuale, al Caravaggio, Orio al Serio. Come far svanire il senso di relax dato da due settimane di ferie in così poco tempo.
Code infinite per i controlli, doppi considerando il Covid-19, mamme con bambini che piangono o costrette a tenerli in braccio perché ovviamente i passeggini, strumento ESSENZIALE per i genitori che viaggiano, vengono restituiti solo al ritiro bagagli, nessuna priorità, lunga fila anche per i cittadini europei, perché tutti vanno dappertutto pur di uscire e nessuno dice nulla.
Autodichiarazione, carta d’identità alla mano, un’ora prima di oltrepassare i controlli.
Misure di sicurezza: tutti ammassati. Chissà che tra noi non ci sia qualche positivo mi domando.
E finisce la mia vacanza, con il dolce ricordo di sole, salsedine e profumo di pettole fritte e pannocchie abbrustolite.