«Quando un forestiero va al Sud piange due volte: quando arriva e quando parte». La frase pronunciata dall’attore Alessandro Siani, nei panni di Mattia, un impiegato del Meridione italiano, nel film “Benvenuti al Sud” può essere estesa anche all’Albania.
A confermarlo è l’italiano Fabrizio Tello che nell’ottobre 2005 era stato nelle montagne di Dibra da un amico: «Nonostante la povertà di quei tempi, ho ricevuto un calore e un’ospitalità unici». Dodici anni dopo, memore dell’accoglienza e dei «posti bellissimi che ho visitato che mi sono entrati nel cuore»
Fabrizio, oggi procuratore, ha aperto le strade della Terra delle Aquile al proprio assistito Charles Atsina, professione attaccante, contattando Eugent Zeka , direttore sportivo del club più antico d’Albania, il Vllaznia , fondato nel 1919, con sede nella città di Scutari, dove si è giocata la partita Albania-Italia di lunedì scorso.
La storia di Charles è una di quelle che vale la pena raccontare. Nato a Takoradi in Ghana, si è trasferito molto giovane in Italia, dove ha frequentato le medie e superiori, venendo cresciuto da una famiglia italiana. Muove i primi passi nel mondo del calcio tra le fila del Virtus Verona , squadra militante nel campionato di Serie D, per poi essere ceduto nella stagione 2011/12 all’Alcorcón (Serie B spagnola).
Da qui il lungo percorso di formazione non solo professionale ma prima di tutto umana in Europa, tra Germania (Bochum ed Ennepetal, quest’ultima nell’Oberliga, quinta divisione del campionato tedesco, in cui Atsina ha collezionato 22 presenze, 5 reti e 2 assist nel 2014/15), Serie C finlandese (Käpylän Pallo, dove ha totalizzato 9 gettoni e 2 gol), Serie B lituana (Panevezys) fino alla Kategoria Superiore (massimo livello professionistico del campionato albanese) con la maglia rossoblu del Vllaznia.
Un lungo girovagare per il vecchio continente con un unico obiettivo, inseguire il sogno di una vita: «Ricordo ancora come quando, dopo un brutto voto a scuola, mio padre, che era molto rigido, mi lasciava a casa dalle partite e il mio allenatore veniva a suonare con insistenza al campanello. Se sono arrivato fino a qui lo devo a mia madre, a cui dedico il mio approdo nel Paese con capitale Tirana, che mi ha sempre sostenuto e accettato le mie decisioni, senza entrare nel merito di esse. Molte volte bastava uno sguardo, diceva che se sentivo che questa fosse la mia strada avrei dovuto seguirla per diventare uomo».
Nel corso del provino col Vllaznia nei primi giorni di agosto di quest’anno, Atsina si è messo in mostra, sotto gli occhi attenti di mister Armando Çungu , nelle amichevoli pre campionato realizzando tre marcature in altrettanti incontri (contro Kastrioti, Tërbuni e una formazione di Serie B del Montenegro), conditi da due assist, guadagnandosi il 16 agosto la firma sul contratto per questa stagione con opzione per quella successiva con la squadra di Scutari, traguardo che ripaga tutti i sacrifici compiuti sin da piccolo.

Charles proviamo ad immaginare la scena: sei a Londra, in attesa di una chiamata, squilla il telefono, è il tuo procuratore che ti propone un provino in Albania. Ad un primo impatto cosa hai pensato?
«Non ci ho pensato due volte ad accettare questa proposta, perché l’Albania è un Paese in crescita dal punto di vista calcistico e non solo».
E queste sensazioni sono state confermate…
«Credo che in generale i media diano un’immagine distorta dell’Albania, ma non bisogna giudicare il libro dalla copertina: se non metti piede in un luogo non puoi sapere come si vive nello stesso. Nella Terra delle Aquile ho trovato tutto il contrario di quello che si dice in tv: tanta storia, cultura e passione per il calcio, mi sono trovato subito molto bene. Ho ricevuto un’ottima accoglienza da parte della gente, del Presidente e dell’allenatore, il quale è molto preparato ed ha una mentalità e una voglia di vincere che mi ricorda molto quelle dei tecnici italiani. Se la squadra riuscirà a capirlo potremo toglierci delle soddisfazioni, pensando che in campo si può vincere, ma anche perdere e pareggiare».
Quanto sono importanti per un calciatore moderno il video di presentazione, le statistiche e il procuratore?
«Sul video ci sono le proprie migliori azioni, ma il campo è un’altra cosa. Io mi ripeto sempre che valgo di più di un video, bisogna dimostrare il proprio valore sul terreno di gioco. Devo ringraziare il mio procuratore Fabrizio che ha sempre creduto in me, abbiamo tanta stima reciproca e ci aiutiamo a vicenda».
Cosa hai provato quando ti hanno confermato nel club più antico d’Albania?
«Mi sono sentito orgoglioso di far parte di una compagine con molta tradizione e storia. Il mio primo obiettivo è mettermi in mostra, aiutando la squadra e me stesso, ripagando la fiducia e l’opportunità che mi sono state date con il lavoro quotidiano in allenamento. Inoltre, non sono venuto solo per guardare la storia del passato di questa gloriosa società, ma per scriverne una pagina nuova, contribuendo con i miei gol a raggiungere gli obiettivi del gruppo per far gioire tifosi più caldi d’Albania».

Qual è il livello del campionato albanese?
«Il calcio albanese è in crescita, essendo ricco di tanti talenti, e l’Albania ha tutte le carte per diventare calcisticamente un Paese valido, come confermato dai risultati della Nazionale, arrivata terza nel girone di qualificazione a Russia 2018 dietro a due selezioni come Spagna e Italia, e dall’impresa di De Biasi che ha portato la squadra agli Europei 2016. Per il definitivo salto di qualità mancano alcuni particolari, una su tutte maggiore organizzazione».
Qual è la cosa che ti ha sorpreso della Terra delle Aquile e che non hai trovato altrove?
«Trovare persone affettuose, amichevoli, ospitali e aperte ad aiutarti anche se non ti conoscono, mentre in altri Paesi del Nord Europa in cui ho vissuto la gente è più chiusa verso gli stranieri».
Hai acquisito la cittadinanza italiana, ti senti italiano? E cosa pensi dell’acquisizione della cittadinanza per chi nasce in Italia da genitori stranieri?
«Mi sento italiano e sono contento di esserlo, avendo frequentato nel Bel Paese medie e superiori, ma non bisogna dimenticare le proprie origini e quelle dei propri genitori. Penso che avere la cittadinanza di un altro Paese aiuti per molte cose, ma riconosco da dove vengo anche se non sono cresciuto in Ghana».
Tra l’altro, Albania-Italia si è giocata proprio a Scutari, nello stadio in cui disputate le partite casalinghe…
«Albania e Italia hanno un bel rapporto, dato che l’Albania considera l’Italia come un punto di riferimento nel proprio processo di crescita, basta guardare i programmi televisivi e il cibo italiani presenti qui. Quella di lunedì scorso è stata una partita molto emozionante, dato che gli albanesi hanno avuto davanti i loro idoli in un palcoscenico internazionale».
Vorresti tornare un giorno a vivere nel Bel Paese?
«Ho lasciato da tanto l’Italia, ma è chiaro che rimarrò sempre legato a questa Nazione e non l’abbandonerò mai dato che i miei abitano lì, sono cresciuto con un’altra famiglia italiana e torno sempre in Italia in vacanza. Tuttavia, in questo momento, a Londra c’è la mia vita e penso che sarà lo stesso anche nei prossimi anni, anche se mai dire mai».

Cosa manca al sistema Paese italiano per dare futuro ai giovani?
«Penso che l’Italia debba essere mentalmente più libera e aperta verso le altre culture. Un esempio lampante è il fatto che i ragazzi italiani difficilmente parlino l’inglese e rimangano indietro da questo punto di vista rispetto ai proprio coetanei degli altri Paesi d’Europa. Il mondo non si ferma alla lingua italiana, anche se la tradizione e la cultura del Bel Paese sono da preservare, ma questo non deve diventare un motivo per non aprirsi alle altre. Quando gli italiani escono dai propri confini nazionali si trovano in mezzo all’oceano senza inglese».
Il mondo del calcio in Italia riflette la situazione di crisi economica del Paese?
«L’Italia è uno dei Paesi più ricchi come mentalità vincente e tattica. Purtroppo la crisi, che si è ripercossa anche sui club, ha influito sul movimento, ma quello che ho imparato in Italia mi è stato molto utile ovunque sia andato».
Cosa ti senti di consigliare ad un giovane che vuole diventare calciatore?
«Il segreto sono il lavoro e credere in se stessi. Penso che l’importante sia prefissarsi un obiettivo e comprendere quali siano i mezzi per raggiungerlo con passione e sacrificio. Nel mio caso, ho capito che mi serviva un agente che mi aiutasse a prendere questa strada, sulla quale bisogna essere convinti, e ora sto iniziando a “pulirla”. In Italia, nel calcio i giovani non vengono valorizzati né seguiti, come dimostra il fatto che se un ragazzo uscito dalla Primavera non va in Prima Squadra, si butta via andando in Eccellenza. D’altra parte, però, ho notato che molti giocatori italiani sono troppo legati alla loro terra, a volte bisogna intraprendere altri percorsi ed essere disposti anche ad andare all’estero, avendo il coraggio di rischiare».
E lo puoi dire a ragione, avendo girato mezza Europa…
«Imparare e capire la cultura e la mentalità di un altro Paese e vivere in un posto dove non si è mai stati aiuta a maturare prima come uomo che come calciatore. Dal punto di vista calcistico, mi hanno dato molto le avventure in Italia, Spagna e Germania».
Per ora la valigia piena di desideri l’ha svuotata per vivere l’esperienza in Albania, necessaria per costruire le fondamenta per proseguire la scalata verso la sua più grande aspirazione «vestire la maglia della Lazio».
La società biancoceleste ha come proprio simbolo l’aquila, affine a quello dell’Albania, l’aquila nera a due teste. Verrebbe da dire che Atsina sia arrivato nel posto giusto per continuare a perseguire il suo sogno.