L’Italia è ancora un paese che non ha una legislazione chiara, strutturata e organica in materia di immigrazione, cittadinanza e diritto d’asilo. Nonostante questo si continua ad andare avanti con provvedimenti spot e slogan ideologici.
In questi giorni, due ministri del governo Berlusconi; Maroni e Sacconi, hanno illustrato come sarà la nuova vita a punti degli immigrati che si ritroveranno a dover chiedere un permesso di soggiorno. Sarà un po’ come la patente, con la sola sottile differenza, che in Italia, senza patente si può anche vivere, mentre senza permesso di soggiorno vieni espulso e perseguito penalmente. Partendo dal presupposto che i provvedimenti legislativi debbano essere ragionevoli e rispondenti a esigenze reali, quanto segue è una riflessione razionale sull’argomento, al di sopra di ogni ideologia o appartenenza politica. Il problema della conoscenza della lingua italiana da parte degli immigrati esiste ed è inutile negarlo. E’ ovvio che se una persona straniera vive in Italia senza minimamente preoccuparsi di conoscere l’italiano, non possiamo pretendere una qualità di relazioni degna di questo nome. “È solo la lingua che rende uguali. Uguale è chi sa esprimersi e intendere l’espressione altrui”, diceva Don Milani. Sacrosante parole. La conoscenza della lingua italiana è uno di quei strumenti indispensabili per poter permettere un emancipazione vera degli immigrati. Quindi ben vengano provvedimenti che mettono gli immigrati in grado di poter imparare in modo serio e qualificato l’italiano. Per fare questo basterebbe potenziare i tanti organismi che si occupano di insegnamento della lingua italiana come L2, fare in modo che l’immigrato sia messo per legge in condizione di poter partecipare ai corsi, obbligare i datori di lavoro a riconoscere questo percorso come parte integrante della formazione del lavoratore. In parole povere, bisogna investire risorse economiche affinché si potenzino strutture che già egregiamente fanno questo servizio nel pieno del precariato. Inoltre, bisogna creare dispositivi di controllo che funzionino nei confronti delle imprese. Per esemplificare, se a Firenze, ci sono corsi di lingua due volte alla settimana, dalle 16 alle 18, ma ai lavoratori non vengono concesse le ore di permessi retribuite spettanti, difficilmente si può pretendere che ci sia partecipazione. E cosa dire dei casi dei genitori anziani che si ricongiungono ai loro cari in Italia, considerando che dopo una certa età le difficoltà di apprendere un’altra lingua aumentano. A loro si negherà il permesso di soggiorno? In un paese come l’Italia, dove spesso e in maniera diffusa, moltissimi usano e conoscono solamente il dialetto del loro territorio, diventerà molto complicato imporre standard linguistici elevati a chi viene da fuori. Un’altra parte dei provvedimenti dei due ministri rientra nella ormai consolidata strategia di “terrore socio mediatico” per edificare ancora di più nella testa degli italiani il messaggio: “gli immigrati fino ad ora hanno fatto come li è parso, senza rispettare neanche le regole più elementari”.
Si dice che l’immigrato “avrà l’obbligo di aderire al Servizio Sanitario Nazionale”. Questa è la prima falsità, in quanto gli immigrati regolari, alla stregua di tutti gli altri cittadini, sono obbligati già da ora e lo sono sempre stati, all’iscrizione al SSN. Quindi si ribadisce una cosa che già esiste e le legislazione esistente la regolamenta abbondantemente. Si dice che l’immigrato è obbligato “a iscrivere i propri figli alle attività educative d’obbligo”. Questa è la seconda falsità in quanto da sempre i figli degli immigrati sono soggetti all’obbligo scolastico come tutti gli altri loro coetanei. Se un genitore non manda il figlio a scuola, lo stato deve controllare e prendere provvedimenti secondo le normative già in vigore. In questo punto l’ipocrisia raggiunge livelli ancora più alti perché mentre si sbandiera l’importanza della scuola per i figli degli immigrati, con altri provvedimenti si abbassa a 15 anni l’età per entrare nel mondo del lavoro. La parte più interessante riguarda la conoscenza della Costituzione da parte degli immigrati. Sono tra quelli che pensano che tutti i cittadini che si riconoscono in uno stato, si debbano riconoscere inevitabilmente anche nella sua Costituzione. Qualche sera fa in televisione hanno fatto vedere alcuni importanti parlamentari che non conoscevano neanche il primo articolo della Costituzione italiana. La cosa mi ha scandalizzato perché la parte prima è quella fondante. Qualche giorno prima ancora, un ministro della Repubblica italiana ha detto: “ma anche la prima, a partire dall’articolo 1: stabilire che l’Italia e’ una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla’‘. Oltre a questo non passa giorno che ci siano in Italia attacchi continui alla massima Carta da parte di rappresentanti del popolo italiano, bollandolo spesso come antiquata e non all’altezza dei tempi. Non a caso ci sono in Italia movimenti a difesa della costituzione. Non voglio entrare nel merito della questione della conoscenza degli usi e costumi che sono in vigore in Italia, ma mi limito solamente a chiedere che qualcuno più esperto mi faccia un riassunto di quale sia il modello di italiano perfetto, le sue tradizioni, usi e costumi ai quali ci dobbiamo adeguare. Il punto comunque di questa ennesima campagna di spot è la discrezionalità con la quale verranno giudicate queste persone. Si dice che gli “esami di idoneità” saranno sostenuti presso le prefetture e con i funzionari dei sportelli unici per l’immigrazione. Penso che per quanto riguarda le competenze linguistiche e anche di principi di educazione civica, debbano essere degli organi scolastici e formativi ad occuparsene e comunque non si può decidere il rinnovo del permesso di soggiorno su criteri del tutto soggettivi. I funzionari delle prefetture sono persone preparate sicuramente, ma non da fare da esaminatori linguistici e di integrazione. Invece di assegnrli nuovi incarichi forse sarebbe il caso di investire ingenti risorse affinché ci siano tempi certi e ragionevoli, come stabilisce la legge tra l’altro, per il rinnovo dei permessi di soggiorno, le pratiche di cittadinanza e cosi via. L’ultima considerazione è di ordine politico. I ministri parlano di immigrazione come se il fenomeno esistesse da oggi. Dicono di aspirarsi a modelli europei, statunitensi, canadesi. Dimenticano però ahimè che in questi paesi gli immigrati regolari votano alle amministrative, hanno accesso alla maggior parte del pubblico impiego, hanno accesso certo alla cittadinanza e sono trattati alla pari degli altri. Come sempre si citano ad esempio solamente cose che interessano la propaganda e nel fare questo il governo italiano sta giocando al ribasso, diventando esempio di politiche da seguire per molti partiti dell’estrema destra europea. Quando vogliamo cominciare a parlare e legiferare seriamente in Italia per fare in modo che i figli degli immigrati non vengano trattati come stranieri nel paese dove sono nati o cresciuti?Quando vogliamo recepire le direttive europee che stabiliscono il diritto dei cittadini immigranti soggiornanti di lungo periodo, alla partecipazione della vita politica locale?Quando vogliamo fornire un quadro legislativo a immigrati e italiani fatto di tempistica certa?