Chi non ha presente l’elmo di Giorgio Castriota Scanderbeg, conservato unitamente a una spada, nel Kunsthistorisches Museum di Vienna e riprodotto in mille forme nel panorama iconografico relativo all’Eroe Albanese?
Chi non lo ricorda portato sotto teca nel Museo Storico Nazionale di Tirana in contemporanea con l’esposizione del Meshari di Buzuku ugualmente sotto teca nella Biblioteca Nazionale di Tirana, nell’ormai lontano 2012? Anche chi scrive ricorda la lunga lunghissima silenziosa fila dei visitatori cui era concesso di ammirare, con stupore e venerazione, le mitiche armi portate da Vienna a Tirana. Unici cimeli esistenti dell’Eroe Albanese, a lui (comunque sia) attribuiti.
Ma la storia, si sa, può riservare inattese sorprese, può custodire per chi ama percorrerla tra le carte di archivio un qualche regalo di conoscenza. In questo caso sottraendo –con benevolenza è ovvio si parla- l’unicità di un primato a una città, Vienna, per assegnarlo a(o almeno condividerlo con) un’altra, Venezia.
Dunque, ecco come sono andate le cose.
Venezia: una Biblioteca, già nota agli Albanesi per aver conservato il preziosissimo testo degli Statuti di Scutari, da sfogliare un manoscritto con carte del secolo XVIII, normale lavoro per lo studioso che fa ricerca. Ecco però che tra quelle carte compare una lista relativa ad armi e armature di personaggi illustri legati alla storia della Serenissima Repubblica che nei secoli erano state conservate nell’Arsenale di Venezia. E un nome è compreso in quella lista relativa a Uomini Famosi, Morosini, Duodo, Mocenigo, Barbarigo, Bragadin e molti altri, la cui armatura, corredata di varie armi, era presente nell’Arsenale: il nome di Giorgio Castriota Scanderbeg.
Armatura di Scanderbeg, cioè di Giorgio Castriotto Principe dell’Albania, il quale fece guerra con l’Ottomano per 40 anni continui e la sua spada vittoriosa esiste sopra le Sale dell’Ecc.so Consiglio di X . In piedi
A leggere quel nome era davvero da sobbalzare: ma come, siamo nel 2018, proprio l’anno commemorativo di Scanderbeg, e si viene a sapere di una presenza di sue armi esposte ancora nel secolo XVIII nell’ Arsenale di Venezia? Un regalo insperato! E dove sono finite oggi? Lo si vedrà, leggendo queste righe.
L’Arsenale, va ricordato, è stato il “cuore commerciale” della Repubblica, là si creavano imbarcazioni, là si forgiavano armi di ogni tipo, da là usciva la flotta: una vera città nella città, simbolo stesso della potenza marittima veneziana, già descritto come luogo d’eccezione da Dante Alighieri.
Nel corso dei secoli XVI e XVII in esso alcune vaste sale erano state adibite a luoghi di esposizione dei pezzi più pregiati che le maestranze avevano prodotto e andavano producendo, spesso all’indomani di grandi battaglie sostenute da valorosi condottieri. Quelle sale erano divenute dei veri e propri musei, a visitare i quali venivano portati personaggi illustri così come colti viaggiatori di passaggio.
Ce lo conferma in un suo diario di viaggio in Italia,verso metà 700, il francese Richard Lassels: On nous fit voir dans cet Arsenal l’épée et les armes du vaillant Scanderbeg Prince d’Albanie…; de cette épée étoit un fabre, et on l’appelle à Venise le fabre de Scanderbeg,..fort large, fort leger, fort peu épais et d’une longuer raisonnable, mais sa tempre est admirable, aussi bien que celle de son maître.
Dunque Lassels nell’Arsenale di Venezia aveva visto, tra le altre, la spada e le armi di Scanderbeg, e la guida che dirigeva il suo percorso si era dilungata a parlargli di un fabbro divenuto famoso proprio perché era stato il fabbro “personale” di Scanderbeg.
Bisogna sempre fare la tara alle parole delle guide turistiche…ieri come oggi! Ma conta la fama del personaggio, conta la leggenda legata a lui e al suo straordinario guerreggiare che durava a Venezia a due secoli dalla sua morte; l’orgoglio veneziano implicito in quel racconto pareva quasi voler rivendicare i successi del Castriota anche all’abilità del suo fabbro veneziano nel creargli le armi!
Nella lista sopra citata oltre all’indicazione dell’armatura di Scanderbeg presente allora nel “Museo” dell’Arsenale, compare un’altra notazione importante: la spada (originale?) di Scanderbeg era gelosamente custodita nel Palazzo Ducale, in Piazza San Marco, in un locale del Consiglio di Dieci adibito a rassegna di armi preziose. Alcuni locali del Consiglio di Dieci custodivano infatti sia armi a difesa eventuale sia armi esposte come pezzi museali.
E’ bastata una ricerca in altri manoscritti della stessa Biblioteca Correr per trovare conferma: Giovanni Grevembroch, che nel secolo XVIII raccontò la storia di Venezia attraverso splendidi acquerelli raffiguranti persone e cose, disegnò proprio la spada “decantata per quella di Scanderbeg” conservata in Palazzo Ducale, da lui stesso in persona vista e copiata.
Tutto questo ancora nel Settecento, quando la Serenissima Repubblica di Venezia era viva e vitale: di Scanderbeg c’erano in Arsenale armatura, di parata è ovvio, e armi varie ; la spada considerata autentica ( una delle tante spade comunque attribuite al Castriota !) era in Palazzo Ducale.
E oggi? Da una prima ricerca nessuna traccia è emersa. Ma per rispondere bisogna ripensare a cosa successe dopo quel fatidico 1797 in cui si chiuse la storia millenaria della Serenissima.
Dall’Arsenale, a titolo di tutela, molto materiale fu allora portato in Palazzo Ducale, anche armi e armature, mentre le forze francesi iniziavano a depredare raccolte d’arte della città.
Anche un carico di armi e oggetti bellici partì via mare in direzione Francia, naufragò invece- scrisse la cronaca- presso Corfù. Il mitico Bucintoro fu bruciato nello specchio d’acqua del Bacino San Marco per recuperare le sue polveri d’oro. Sul Bucintoro del secolo precedente, si ricordi, aveva troneggiato la statua detta correntemente del “Gigante”, cioè di Giorgio Castriota Scanderbeg, tutta ricoperta di lamine d’argento.
La pace costruisce ponti, la guerra li distrugge. Questo purtroppo in ogni tempo, in ogni latitudine.
Ai Francesi subentrarono gli Austriaci e altre raccolte d’arte, altri cimeli migrarono, questa volta da Venezia non a Parigi ma a Vienna; a fine Ottocento Federico Berchet, in contatto con il direttore del Museo di Vienna Boeheim, confermava l’esistenza di alcune armature ivi trasferite: tra le altre, quella di Sebastiano Venier, di Bartolomeo Colleoni, di Melchiorre Michiel, di Agostino Barbarigo.
E quella di Scanderbeg? Da Venezia dove andò a finire, unitamente alla “sua” spada?
Oggi in Palazzo Ducale a Venezia sono pochissimi i resti di antiche armature non datati e sui quali si sta lavorando per la precisa identificazione e datazione. Nel Museo Correr ci sono numerose “targhe” degli stradioti e molte armi non tutte catalogate.
In quale museo europeo o in quale collezione privata è finita anche l’armatura di Scanderbeg, prezioso cimelio della storia di Albania? Chi l’ha sottratta e come è stata portata via da Venezia che gelosamente l’aveva custodita per secoli? Sopravvive senza etichettatura specifica in qualche museo o in qualche collezione privata di Europa?
La ricerca è appena iniziata e ritrovarla è una sfida aperta.
Ma intanto essere venuti a sapere della sua esistenza e del rispetto con cui aveva anch’essa abbellito il Panteon dell’Arsenale di Venezia è pagina, fino a ieri inedita, che fa onore alla storia di Albania e al suo Illustre Scanderbeg.