Mi riprometto di scrivere in modo adeguato per ricordare il dr Franco Tagliarini e la Sua Figura di Studioso e di Uomo di Cultura; ma oggi, a un mese dalla Sua Scomparsa, sento urgente il bisogno di onorarne la memoria con un ricordo quasi privato, legato al solo profilo umano.
Una signorilità ormai rara c’era in ogni suo tratto, in ogni sua conversazione. Ci aveva legati il comune amore per l’Albania e la sua storia. Sempre discreto, anche nel comunicare l’operato in quel Paese di suo Padre, il cui archivio preziosissimo con generosità metteva a disposizione di chi ne fosse interessato.
Sempre aggiornato sui contributi di conoscenza in materia albanese, apriva le pagine de “Il Veltro”, che dirigeva, a ogni novità culturale in materia, con curiosità e perspicacia.
Per me è sempre stato un regalo insperato incontrarlo a Tirana, in occasione di conferenze o presentazioni di libri. Lo ricordo seduto tra il pubblico, gentile, senza albagìa, acuto nei giudizi.
Ho anche un ricordo tutto veneziano: un incontro per vedere, con altri amici comuni, la casa di famiglia che aveva a Venezia e che doveva, con molto dispiacere, lasciare. Sembrò una fatalità del destino: la sua casa era quasi confinante con una calle e un campiello “degli Albanesi”, come si legge ancora nella toponomastica veneziana in vari sestieri della città. E fu quella l’ennesima occasione per parlare dei nostri comuni interessi albanesi, di antiche storie che legarono i due paesi.
E si scherzò, ma con un po’ di amarezza, sul fatto che doveva lasciare quella casa, che proprio in quella zona “albanese” avrebbe potuto ospitare un piccolo raffinato salotto veneziano di cultura albanese.
Era portavoce di un modo di fare cultura che mai era dissociato dall’impegno personale, dalla partecipazione etica. Qualità e modo di essere sempre più difficili da trovare, che perciò rendono ancora più dolorosa la perdita.
A me, come a chi l’ha conosciuto credo, mancherà quella sua elegante finezza da cui sempre con misura traspariva una ricca umanità.