È da otto mesi che voglio fare un’intervista a Mark. Ingegnere del suono e compositore, lavora da anni presso l’Accademia delle Arti. È anche direttore artistico dell’ensemble ARKETIP, studioso di Organologia, collezionista di strumenti musicali folkloristici delle varie regioni albanesi.
Finalmente ci incontriamo una sera di fine settembre nelle vicinanze del suo studio. Tranquillo, da buon intenditore dei suoni, ha l’aria da collezionista e questo risulta più evidente nel momento in cui si conoscono meglio i suoi desideri. Rivolti unicamente agli strumenti musicali e ai diversi suoni con cui si può creare di tutto.
Saliamo nel suo studio personale. Mentre mi parla del suo lavoro,voglio solo sapere tutto su questi suoni antichi che sanno dilettare ancora.
Quanto tempo ci è voluto per andare alla ricerca di questi strumenti musicali? E perché proprio questo tipo di collezione?
Mio padre si è occupato a lungo di lahuta (tipico strumento musicale del nord Albania), era un veterinario. Alle feste nuziali dell’epoca era tra i più rispettati e privilegiati. La mia passione ebbe inizio quand’ero ancora in tenera età, all’inizio dell’adolescenza; quando tutti cercavano qualcosa da fare, ad esempio praticare sport, io invece avevo una passione alquanto particolare. A quell’età mi capitava spesso di essere preso in giro, in modo bonario ovviamente.
La gente mi chiedeva che cosa facessi con questi strumenti: io rispondevo dicendo che per me erano più che amici, mi facevano sentire protetto. Con loro mi sentivo me stesso. Nonostante dicessi questa frase in tutta serenità, non riuscivano a capirmi. Tutti intrapresero strade diverse, io in seguito studiai musica. Ho vissuto prima ad Alessio, dove mi occupavo spesso e volentieri di musica; proprio lì ho cominciato ad appassionarmi ancora di più agli strumenti musicali e folkloristici. Suscitavano tanto interesse in me, attirandomi in modo incredibile. Possiedo tutti i gruppi di strumenti musicali di tutte le varie regioni albanesi, divisi in vari gruppi come membranofoni, cordofoni, aerofoni, ecc… Ho cominciato la mia collezione da vari tipi di flauti, tamburelli, sitra, lahuta, curla dyjare del sud, çiftelia degli altopiani di Tirana, strumenti ad ancia, pipeza, e altri.
Quanto impegno ci ha messo per conservare tutti questi strumenti?
Tanto, tantissimo. Da tenere presente che nella mia collezione ci sono circa 110 strumenti musicali, tuttora perfettamente funzionanti. E questi strumenti non sono più tramandati nelle informazioni popolari, così com’è ormai fuori uso la mia lahuta di Vermoshi, perché prodotta dal legno di panna molto frequente in questa regione. Difficile da immaginare. C’è stato un periodo in cui lavoravo tutto il tempo fino alle 4 o 5 del mattino: tutto il mio lavoro su questi strumenti lo svolgevo praticamente di notte.
Ai tempi di Enver Hoxha nessuno sapeva di ciò. E non lo dicevo a nessuno,non volevo suscitare invidie e poi magari mi avrebbero chiesto il perché di tutta questa fatica… Casa mia era un segreto e non volevo che gli altri sapessero. La gente non capisce mai questo genere di cose. L’unica a sapere è stata mia moglie, la quale si preoccupava più che altro del fatto che non mi stancassi troppo visto che non ne avevamo bisogno. Mi procuravo gli strumenti con l’aiuto di tre operai, uno di loro era il maestro Ramazan Gura, che mi ha aiutato ogni volta che chiedevo il suo aiuto. Non dimentico mai quello che mi diceva: “Per te non risparmierei nemmeno un’ora del giorno o della notte”.
Il problema di questi strumenti musicali è che hanno bisogno di cure per essere conservati e protetti, ad esempio dai cambiamenti climatici, altri invece devono essere rifatti di nuovo, ma soprattutto devono poter respirare grazie al nostro respiro. Sono delicati. Spesso la temperatura a casa raggiungeva i 40 gradi e questo provocava screpolature nel legno. Una rovina per il mio lavoro, dovevo rifare tutto daccapo! Così cominciai a regolare da me l’umidità e il calore a casa. Durante un viaggio in Italia nel 1991, comprai due barometri molto costosi. Così sono riuscito a salvarli e li conservo da oltre 40 anni nel mio studio. Mi creda, 40 anni significano spese per nulla trascurabili. Ma c’è poco da fare, questo e altro per i piaceri della mia anima.
Parliamo della convivenza con questi strumenti musicali. Ci sono stati altri appassionati che hanno cercato di comprare il suo tesoro?
Oh sì, quelli non mancano mai. Ma non potrei mai vendere i miei strumenti. Ormai sono una parte di me, siamo una fonte di vita l’uno per gli altri. Se non ci fossero soffrirei. Grazie a loro ho composto musica per film, per vari festival, ecc… Ecco perché è un tesoro che va ereditato. Un giorno due commercianti cinesi sono venuti ad incontrarmi, non so proprio come facessero a conoscermi; uno di loro mi disse che dovevo solo aprire bocca ed era pronto a darmi tutto quello che volevo. Disse che aveva spazio sufficiente e che gli servivano.
Ma non potevo accettare l’offerta. Quegli strumenti sono parte della nostra tradizione popolare, non posso venderli, neppure a caro prezzo! Ho partecipato a mostre in vari Paesi del mondo. Le persone che sono venute da me sono tante: esperti di musica, studenti, anche turisti. Un giorno sono arrivati tre pullman di turchi, c’era così tanta gente che entravano a vederli in gruppi da cinque! In effetti dovrebbero essere aperti al pubblico, non sbarrati nel mio studio.
Qual è il loro costo e qual è stato il primo strumento a far parte della sua collezione?
È il costo di un tesoro unico, tenendo conto anche delle spese di mantenimento. C’è uno strumento di corno che credo provenga dalle montagne di Scutari e che ho comprato a Kruja al costo di 1.000 lek con la moneta nuova. Si tratta di un corno intagliato di oltre 150 anni fa, strumento moderno che non perde mai il suo valore. Se ti trovi ad esempio nei pressi del Palazzo dei Congressi, si riesce a sentirlo fino alla vecchia stazione ferroviaria di Tirana. All’inizio, nel bazar di Kruja si potevano trovare delle vere e proprie perle della cultura albanese. Ci sono andato 20 anni fa e mi sono vergognato, perché aveva perso ogni valore, si trovavano ormai solo delle brutte copie. Io sono in grado di riconoscere gli strumenti anche senza toccarli. C’è chi senza il minimo scrupolo usa il tubo di tende antiche come flauto o addirittura i tubi delle fontanelle.
Possiedo anche un osso, ritrovato a una profondità di 4 o 5 metri. Nella zona di Fushkuqe, a Laç, quell’osso si usava per suonare un altro strumento, per chiamare qualcuno o qualcosa del genere. Forse serve per fare silenzio in un posto pieno di gente, come visto da alcuni esperti italiani che hanno visitato l’Albania.
Gli strumenti sono tutti albanesi; ci sono somiglianze con altri strumenti balcanici e di altri Paesi?
Questa è una bella domanda, curiosa. Sono assolutamente tutti albanesi, prodotti dalle persone stesse che li usavano. Sono per così dire i primi inventori. La lahuta è simbolo dello strumento albanese per eccellenza. Nel caso ci fossero strumenti che non riuscivo a comprare, perché non sempre ho avuto una buona disponibilità economica, allora li riproducevo da me allo stesso identico modo in cui venivano prodotti dai grandi maestri del popolo che li hanno inventati. In questo mi hanno aiutato tantissimo Zef Pershtjefa e Zef Staka. Bisogna anche stare attenti perché la cultura musicale è in continuo movimento, e viene interpretata in vari modi.
Ogni Paese del mondo possiede i propri strumenti musicali che sono diversi dagli altri, o meglio, li suonano in modi differenti perché la cultura migra. Così come una parte della nostra musica è stata portata dagli eserciti occupanti, come l’armonica a bocca, la lahuta con 8 fili, ecc … da non confondere con la lahuta a un solo filo.
L’ultimo strumento comprato?
È un diffusore vocale, che limita il respiro e permette alla voce di continuare in linea retta, come in un imbuto. Più o meno una specie di megafono.
Mark, che cosa vorrebbe fare con questi strumenti della nostra cultura?
Ehhhh… Con questi strumenti, come dicevo prima, ho partecipato a varie mostre in diversi Paesi del mondo. Gli stranieri sono molto curiosi, perché non vogliono perdersi i dettagli. Io chiedo semplicemente che questo tesoro nazionale non rimanga chiuso nel mio studio, dove i turisti e gli studiosi sono costretti a telefonarmi per potervi accedere. Dovrebbero invece essere aperti a tutti, per cui vorrei che questo tesoro venisse esposto in modo permanente da qualche parte nel centro di Tirana; raggiungibile dai turisti,ma anche dagli albanesi stessi.
Naturalmente io non avrò sempre la possibilità di renderli accessibili al pubblico. Rivolgo la mia richiesta a tutti coloro che pensano che i valori delle generazioni precedenti siano un orgoglio nazionale e che non debbano mai lasciare l’Albania. Si tratta di valori che non si spengono mai. Qualche istituzione dovrebbe assumerne la tutela. Spesso mi è stato chiesto: che tipo di musica hanno gli albanesi?! Ecco, questi strumenti sono un vivo esempio delle gioie, delle emozioni, da essi hanno avuto origine lamenti funebri, canzoni di coraggio, di mare, invocazioni, ecc.: costituiscono un patrimonio per ogni studente e per ogni scuola artistica. Perché la verità su quello che siamo noi oggi inizia da qui.
Che età ha la nostra cultura musicale in termini di gioia e tristezza?
Ci sono strumenti che risalgono a 170 anni fa, e sono tipicamente albanesi. Ad esempio il corno di bue, usato come una sorta di cellulare a quei tempi, un mezzo di comunicazione, che a seconda di come era suonato veniva decifrato in base al codice di gioia o dolore a seconda del caso. Ci sono anche strumenti primitivi come il tegame, da cui è nata una vecchia e famosa canzone albanese: “Bluaj mulli bluaj” (Macina mulino macina)… Nei periodi di prosperità si organizzava una festa dove si cantava facendo girare il tegame accompagnato da parole.
Il flauto, il modello più semplice, era a uno due o tre buchi. Nelle zone del sud lo chiamavano “tredyjar” (flauto a tre buchi). Ci sono poi degli strumenti particolari che gli albanesi chiamano “Le pietre delle api”. Si usavano per suonare una canzone con cui si richiamava l’ape ed essa si presentava nei dintorni: “Benedetta Ape che voli di fiore in fiore, concedimi il tuo miele, abbondante come un ruscello …”
Le api erano sacre e venivano paragonate alle persone. Ecco perché ripeto spesso: questi non sono i miei strumenti musicali. Sono di tutti gli albanesi, che dovrebbero apprezzarli ed ammirare i loro bisnonni.
Che cosa si chiede ora?
Mi chiedo perché amo così tanto questa cultura, perché amo così tanto i valori albanesi. Che cosa è successo? E perché, invece, gli albanesi trascurano queste cose? Mi chiedo anche se verrà mai il giorno in cui questa cultura perduta sarà esposta per sempre e prego tanto perché questo avvenga tramite un’istituzione privata o statale. Io grazie a questi strumenti ho costruito le colonne sonore di alcuni film stranieri.
Ho creato anche musica per la danza, decine di canzoni e musica popolare anche per accompagnare bambini che hanno partecipato a tante attività nazionali ed internazionali. Apprezzo la scienza elettronica che ha inventato così tante cose vive, intendo i suoni. La comodità della pigrizia sta rovinando le persone, perché si sta distruggendo il suono puro, il suono live come si usa chiamarlo dalla televisione. Oggigiorno si compone di tutto, ma non musica albanese vera. I nostri figli potrebbero non sapere più che cos’è la vera musica albanese, ormai si è trasformata in un gruppo di cellule morte ed è molto difficile che venga recuperata.
Chi vorrebbe ringraziare, Mark?
Ringrazio tantissimo Shpend Bregu. È stato lui a rendere possibile l’uscita degli strumenti da quella prigione che è il mio studio. Da tempo è un punto d’appoggio e di forza per me. Ringrazio il Ministero della Cultura e in particolare la ministra Mirela Kumbaro che il 29 settembre, durante la “Giornata Nazionale dei Beni Culturali” e l’iniziativa sempre di questo ministero “Dimostra la Tua Cultura”, ha organizzato una mostra con i miei strumenti musicali, aggiungendo l’esibizione di un’antica performance musicale da parte dell’Ensemble Arketip, con musica dalla mia collezione privata e che privata non dovrebbe essere. Sarei felicissimo se un giorno la nostra musica fosse finalmente suonata come merita.
Intervista di Eljan Tanini. Pubblicato sul quotidiano Shqip del 29 settembre 2014. Titolo originale “Intervistë: Mark Luli, koleksionisti i 110 veglave muzikore” .
Tradotto per AlbaniaNews da Daniela Vathi.