Nel luglio del 2017 con altri arbëreshë della mia comunità di origine, Contessa Entellina, e di altre comunità della Sicilia, Piana degli Albanesi e Mezzoiuso, (in tutto eravamo 27 di cui 4 non arbëreshë) abbiamo effettuato un viaggio di 10 giorni in Albania, con una puntata nelle zone albanofone della Macedonia attigue al lago di Ocrida.
Per quanto mi riguarda non è stato il solito viaggio di un turista italiano all’estero, ma si è trattato di un percorso storico culturale alla ricerca delle nostre origini e delle nostre radici.
Premetto che per me è stato il primo viaggio in Albania, anche se in passato, negli anni 80, ero stato nel Kossovo per seguire un corso di albanese di circa un mese presso l’università di Prishtina. In quella circostanza avevo visitato anche Prizren e altri centri albanofoni del Kossovo, alcuni centri albanofoni del Montenegro, nonché i luoghi del Kossovo in cui si erano svolte alcune storiche battaglie tra gli eserciti cristiani e quelli dei turchi ottomani (Piana dei Merli).
Nell’Albania di oggi ho cercato di cogliere degli aspetti comuni che riguardavano i cognomi , lo stile di vita, le tradizioni religiose e altri aspetti del vivere comune.
Ho constatato che sono ancora diffusi alcuni cognomi presenti nelle nostre comunità arbëreshë. Diversi centri o attività commerciali sono intestati ai Lala, alcuni ai Clesi (Pogradec e Kruja), ai Musacchia e ai Cuccia.
Ai Manali è intitolato un intero quartiere di Argirocastro.
I Musacchia sono presenti a Berat. Nel Castello di Berat vi è una via intitolata a Gjon Muzaka. I Muzaka erano i principi di Berat, uno di loro era cognato dello Skanderbeg per averne sposato la sorella ed è morto combattendo contro i turchi davanti a Sfetigrad in una delle battaglie che gli eserciti ottomani condussero contro l’eroe albanese.
I Cuccia o Cucchia, in albanese Kuçi, Kuqi o Kuka, sono presenti in varie zone dell’Albania. Durante la nostra permanenza a Tirana abbiamo letto l’annuncio funebre di un Kuqi . La statua di Pal Kuka è presente nel museo nazionale di Kruja nella sezione dei principali collaboratori dello Skanderbeg, con la didascalia che si trattava di un diplomatico. I testi di storia che parlano delle gesta di Skanderbeg riferiscono, oltre alle missioni diplomatiche di Pal Kuka, di un Giorgio Kuka cappellano di Skanderbeg, di un Giorgio Kuka, ufficiale dell’esercito albanese, caduto nelle mani dei turchi e da questi scorticato vivo, assieme ad altri sette eroi, di un Bajano Kuka. Un Oso Kuka è stato un eroe albanese di Scutari e la sua abitazione è in atto adibita a Museo.
Secondo alcune ricerche i Cuccia, o almeno una parte di essi, provenivano dalla città di Himarë, nella prefettura di Vlorë e da lì emigrarono in Italia meridionale e Sicilia, il Chetta invece li ritiene originari della Macedonia, da un’area vicina all’attuale Albania.
Sempre nel museo di Kruja tra i collaboratori dello Skanderbeg vi erano le statue di diversi personaggi che arricchiscono la toponomastica dei paesi arbëreshë (ad esempio Croppa) pure lui indicato come diplomatico del Castriota.
Non appena sono arrivato a Tirana, nonostante la stanchezza del viaggio, mi sono recato a piazza Skanderbeg ad ammirare l’immensa piazza e la statua dell’eroe, opera dello scultore Odhise Paskali, poi mi sono seduto nelle sedie metalliche poste nella piazza vicino a una coppia albanese di mezza età e abbiamo conversato a lungo e piacevolmente.
Mi sono sentito a Contessa quando ancora era in attività il vecchio circolo Skanderbeg e ci sedevamo in piazza a conversare. In altre parole nella piazza di Tirana mi sono sentito a casa mia. Gli albanesi che conoscono le vicende storiche hanno una vera e propria venerazione nei confronti degli Arbëreshë. La stessa venerazione che avevo riscontrato nel Kossovo durante la mia visita.
Così non è per le nuove generazioni e per chi non conosce la storia, per cui siamo dei turisti italiani da trattare come si fa coi turisti. Alcuni hanno voluto che raccontassimo la nostra storia.
Le zone dove mi sono meglio trovato a livello linguistico sono Argirocastro e Kruja ma mi sono trovato bene anche a Tirana. Molti si sono complimentati per il nostro albanese. Con altri, soprattutto del nord dell’Albania, la comprensione era più difficile.
Non so se sia fondata l’ipotesi che vuole gli Arbëreshë di Sicilia originari della zona di Himarë, sicuramente siamo originari da quelle regioni a confine tra Albania e Grecia (ciò è dimostrato dal fatto che la nostra lingua è più vicina al Tosco del sud dell’Albania e che nel nostro lessico sono presenti diversi termini greci). Moltissimi albanesi, inoltre, erano andati nel Medio Evo a ripopolare la Morea, nel Peloponneso, e quando questa regione è stata occupata dai Turchi molti di essi sono fuggiti e hanno trovato riparo nella Magna Grecia.

Alcuni termini ancora in uso tra gli Arbëreshë si sono comunque persi, ad esempio “Sosj” per dire è finito; altri termini si sono trasformati nel corso dei secoli assumendo un significato diverso (ad esempio Kopile che invece di giovane ragazza oggi significa bastarda, donnaccia). Di tale processo di trasformazione mi ero comunque già accorto durante la mia precedente visita del Kossovo negli anni ottanta. Chi non è a conoscenza di questa evoluzione linguistica può cadere in spiacevoli equivoci.
Comunque chi si vuole recare in Albania, pur non essendo arbëresh, può contare sul fatto che la conoscenza dell’italiano è molto diffusa.
Tirana risente molto del periodo di presenza dell’Italia (non solo negli anni di unione tra i due stati 1939/1943 ma anche nel periodo precedente) e molte strade ed edifici sono stati progettati da architetti e ingegneri Italiani.
Sono stati realizzati da italiani gli edifici di molti Ministeri, della Banca centrale, del Comune e dell’Università. Lo stile architettonico risente naturalmente della cultura urbanistica imperante nel periodo fascista.
Il grande viale che conduce a Piazza Skanderbeg e che ora è intitolato all’ex re Zog I, in precedenza era intitolato a Benito Mussolini. L’importante città balneare e alberghiera di Saranda, vicina al confine con la Grecia, prima si chiamava Porto Edda, in onore della figlia del duce, sposata col conte Ciano ministro degli esteri dell’Italia fascista.
Nel periodo di occupazione italiana (anche se giuridicamente si trattava di una unione personale di due Regni nella persona di un unico re: Vittorio Emanuele III), facevano parte del regno non solo l’Albania ma anche il Kossovo. Si era perciò in parte realizzata la costituzione della grande Albania che costituisce l’aspirazione di tanti albanesi.
Ma torniamo agli aspetti più specifici della visita. Una delle mie curiosità era quella di vedere se fosse esistita in Albania una tradizione ortodossa bizantina, anche artistica, distinta da quella greca.
Ebbene, la risposta è positiva. Dalla visita delle chiese storiche (quelle non distrutte dal regime comunista) e dei musei si può senza alcuna ombra di dubbio dedurre che la presenza bizantina nel periodo dell’Arbëria, ma anche dopo la morte di Skanderbeg, era notevole. Dalla visita delle chiese ortodosse di Voskopoja, di Berat, di Elbasan, di Argirocastro e soprattutto dei musei: (il Museo Onufri di Berat, il Museo medioevale di Korçë, il Museo storico nazionale di Tirana) si rileva la presenza di artisti albanesi di chiara fama che hanno operato non solo in Albania ma anche in Grecia e addirittura sul monte Athos.
Tra gli artisti oltre al già citato Onufri, si citano Kostantin Shpataraku, David Selenica le cui opere sono esposte nei musei citati. Questi artisti hanno continuato ad operare anche dopo la conquista dell’Albania da parte dei Turchi.
Sono risorte invece, dopo la fine del comunismo le cattedrali ortodosse, al posto di quelle distrutte dal regime. Noi abbiamo visitato quella di Saranda, di Berat, di Korça, di Tirana (queste ultime due imponenti ed entrambe dedicate alla Resurrezione di Cristo).
Mi sembra opportuno sottolineare che il grande mosaico del Cristo pantocratore realizzato nella cupola della cattedrale di Tirana è opera dell’artista Droboniku Josif che ha operato pure a Contessa realizzando i mosaici esterni della Chiesa della Santissima Annunziata e di San Nicolò . Il suddetto artista, che in passato durante il periodo comunista, aveva realizzato con altri il grande mosaico del Popolo albanese sulla facciata del museo storico nazionale di Tirana, ha composto numerosi mosaici di tema religioso nelle chiese dell’Eparchia di Lungro e anche nella chiesa della Martorana di Palermo.
La visita della cattedrale ortodossa di Tirana è stata molto dettagliata e le spiegazioni sono state fornite direttamente dal Vescovo ausiliare che ci ha amichevolmente accolti.
Delle chiese cattoliche visitate la più importante è stata la cattedrale di santo Stefano a Scutari. La suddetta chiesa, che può contenere 6000 fedeli in piedi, durante il regime comunista era stata trasformata in palazzetto dello sport. Particolarmente toccante è l’esposizione dei ritratti dei religiosi martirizzati durante il periodo comunista. Nella cattedrale di Scutari abbiamo assistito ad alcune funzioni religiose officiate in lingua albanese.
Nell’ambito della religione cristiana vi è pure una presenza di chiese protestanti.
Una caratteristica di Scutari ma anche di moltissimi altri centri dell’Albania è la vicinanza in cui sorgono la chiesa cattolica, quella ortodossa e la moschea.
Questo dimostra lo spirito di tolleranza in materia religiosa che caratterizza l’Albania.
Un discorso a parte merita l’adesione numerosa alla religione islamica che ha caratterizzato l’Albania rispetto ad altri stati dei Balcani. In atto la presenza cattolica è più forte al nord, dove era più vicina la Repubblica di Venezia e la presenza dei francescani. Soprattutto è rimasta sempre cattolica la regione del Mirdita che per il suo isolamento non è stato oggetto di penetrazione eccessiva da parte del potere turco.
La presenza ortodossa è stata più forte a sud e a est, soprattutto nella regione di Corcia. Nel resto dell’Albania è penetrata meglio la religione islamica, mentre nelle grandi città sono presenti tutte le fedi religiose. Nell’ambito degli islamici oltre ai sunniti, che sono la maggioranza vi è una minoranza di bektasciani. A questa setta che viene ritenuta eterodossa aderivano in passato quasi tutti i Giannizzeri.
La conversione di molti cristiani alla religione islamica è dovuta, secondo alcuni studiosi, alla ricerca di privilegi di natura fiscale (non pagare la tassa che i cristiani dovevano pagare al sultano) e soprattutto non pagare la devshirme o tassa del sangue (per cui ogni famiglia cristiana doveva rinunciare per sempre a un proprio figlio per darlo al Sultano affinché fosse arruolato nel corpo dei Giannizzeri). L’adesione all’islamismo non è avvenuto però all’atto della conquista dell’Albania da parte dei Turchi ma in epoche successive. Essa si spiega anche con la necessità per gli albanesi di differenziarsi nel Kossovo dagli slavi (di religione ortodossa) e dai Greci nell’Epiro e nella Ciamuria (anche essi di religione ortodossa) soprattutto nel periodo storico della dissoluzione dell’impero turco in cui greci e slavi tendevano a negare il sorgere di una nazione e di uno stato albanese.
Il pluralismo religioso ha anche caratterizzato i grandi personaggi dell’Albania.
Il Castriota, nel riabbracciare il cristianesimo, dopo il periodo passato alla corte del sultano è diventato cattolico e interloquiva coi papi , la madre e la moglie invece erano ortodosse.
Il visitatore non legato, particolarmente, alla storia dell’Albania, come può essere un arbëresh, troverà comunque bellezze paesaggistiche e artistiche che da sole giustificano una visita. Nella terra delle aquile oltre incantevoli spiagge troverà montagne e pianure verdeggianti. Fiumi e grandi laghi (il lago di Scutari, il lago di Ocrida, il lago di Butrint, il lago di Prespa). Troverà, inoltre, sorgenti naturali come quella di Syri i Kaltër (Occhio azzurro) dei siti archeologici e monumentali che per la loro bellezza sono Patrimonio dell’Unesco.

Noi abbiamo visitato il sito archeologico di Butrinto, caratterizzato dall’architettura, romana, bizantina e veneziana e secondo la leggenda anche da quella troiana, il sito di Argirocastro, caratterizzato dalle costruzioni tipiche del periodo ottomano, quello di Berat famoso per le sue finestre sovrapposte. Ma oltre a questi tre siti, patrimonio dell’Unesco, vi sono altri siti archeologici notevoli come quello di Apollonia, castelli storici come quello di Scutari, Berat e della stessa Argirocastro.

Ogni turista troverà, inoltre, particolarmente vantaggioso visitare l’Albania per i prezzi contenuti, in particolar modo quelli degli alberghi e dei ristoranti .
Le mie sono delle considerazioni di un viaggiatore legato alla propria storia e alle proprie tradizioni, appassionato lettore di libri di storia sin dalle scuole dell’obbligo ma sicuramente non sono uno storico di professione. Mi scuso, pertanto, sin da ora per eventuali analisi che potrebbero essere ritenute scientificamente non provate. Ho raccontato i fatti e operato le mie analisi sulla base degli elementi che avevo e ho effettuato i collegamenti sulla base delle mie conoscenze e delle mie letture storiche, sicuramente con onestà ed effettuando le verifiche che sono stato in grado di fare, il resto lo lascio agli storici di professione.
Concludo dicendo che l’Albania è un paese bellissimo e, per ora, in forte espansione economica (per certi versi ricorda l’Italia del secondo dopoguerra). In essa ho ricercato e trovato le radici di un popolo, quello degli arbëreshë che per più di 550 anni ha saputo conservare in Italia, la propria lingua, i propri usi e le proprie tradizioni.
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Questo reportage è stato originariamente pubblicato sul blog Hora e Kuntises