Era da molto tempo che desideravo andare in Kosovo e visitare Prishtina. I miei innumerevoli viaggi in Albania nell’arco degli ultimi 10 anni, mi hanno anche permesso di visitare altri Paesi dell’area balcanica, ma in Kosovo ancora non ero mai stata.
Conosco alcuni kosovari, persone che lavorano con mio marito o incontri casuali durante le mie vacanze albanesi: famiglie che trascorrono ogni estate nel Paese vicino. Ho anche letto un interessante libro che parla della storia del Kosovo: “Napoleone è albanese”, di Raimondo Brandi, romanzo di viaggio tra Albania e Kosovo, molto consigliato. Altri riferimenti su questo piccolo Stato balcanico, che molti amici non sanno esattamente dove sia ubicato né conoscono il nome della capitale, li ricordo ai tempi delle elementari: correva l’anno 1999 e in Kosovo c’era la guerra.
Finalmente quest’estate sono riuscita ad andarci. Abbiamo attraversato la frontiera di Morine, ed eccoci al di là del Paese delle Aquile. La strada, anzi l’autostrada, è davvero molto bella, ampia, poco trafficata, figlia di un progetto importante e simbolo del legame politico e culturale tra i due Paesi, al punto da essere stata battezzata “Autostrada patriottica o della nazione”.
Sono rimasta sorpresa dalla viabilità, come dall’organizzazione dei piccoli paesi che incontravamo percorrendo il tragitto che conduce a Prishtina. Se dell’Albania sorprendono la varietà degli “stili architettonici” e dei colori utilizzati per gli edifici, non sempre in senso positivo, del paesaggio kosovaro mi hanno sorpreso l’ordine e l’organizzazione. Interi villaggi costruiti seguendo un concetto specifico, ben inseriti nel paesaggio circostante, senza minimamente deturparlo.
Ma arriviamo a Prishtina. Ho avuto la fortuna di soggiornare nel centro della giovane capitale, nel Bulevardi Nënë Tereza, dedicato a Madre Teresa e caratterizzato da un ampio viale pedonale, ai cui lati si trovano ristoranti e caffè. Bellissimo, vivo, illuminato, pieno di giovani. Che lo si percorra la sera o la mattina la sensazione è sempre molto piacevole. Io ed Elia, il mio bambino di quattro anni, abbiamo girato il centro a piedi, fatto merenda in un bar alla moda (io ho bevuto il caffè turco che adoro), visitato la cattedrale di Madre Teresa, scattato tante foto di fronte al monumento Newborn, scultura e manifesto dell’indipendenza del Kosovo dalla Serbia.
Inaugurato nel febbraio del 2008 intende rappresentare la rinascita del Paese, la sua contemporaneità e si rivela di forte impatto e decisamente di chiara interpretazione. Inizialmente di colore giallo, oggi è ricoperto dalle impronte di manine colorate. Tuttavia, ciò che mi ha maggiormente colpita è stata la Biblioteca Nazionale, sia esternamente che internamente. Per alcuni potrà sembrare un edificio bizzarro, io l’ho trovata incantevole, addirittura fiabesca. Situata nei pressi del parco cittadino, la biblioteca Pjetër Bogdani è la più grande di tutto il Paese, ed è stata progettata dall’architetto croato Andrija Mutnjaković. Sebbene io abbia successivamente scoperto che rientra nella cosiddetta architettura brutalista, il suo mix di elementi quali cupole e griglie mi ha affascinata incredibilmente. Una sorta di metafora, come se lì si potesse catturare la cultura, il sapere, e renderlo in tal modo fruibile agli utenti (questo il mio punto di vista, quello degli esperti è di differente interpretazione, pari infatti sia nata come una commistione tra gli stili bizantino e islamico).
All’interno ospita diverse mostre e concerti e durante la mia visita ho potuto ammirare una temporanea: grandi fiori scultorei che scendevano dal soffitto della struttura rendendo l’intero insieme ancor più affascinante.
Ecco che il mio breve soggiorno a Prishtina è sicuramente stato molto piacevole. Consiglio a tutti di visitarla, due giorni sono sufficienti, ma vi rimarrà certamente impressa. Ho descritto cosa vedere, ma non riesco a rendere a parole l’energia che si respira, un’energia nuova, giovane, uno slancio verso il futuro, una vera voglia di continua rinascita.