È giunta dura, diretta e accorata la risposta dell’Ambasciatore della Repubblica del Kosovo in Italia, Lendita Haxhitasim, all’articolo del 28 marzo, siglato da Fabio Mini e pubblicato da Il Fatto Quotidiano, che mette in discussione la veridicità del massacro subito dal popolo kosovaro.
L’infamia
IERI SERBIA, OGGI UCRAINA – Le fosse comuni allestite dalla Nato nel 1999 in Kosovo e le “notizie” tutte da verificare sulle stragi di civili nell’ospedale e nel teatro di Mariupol a ogni vagito di tregua: tutto cinicamente scontato.
Così recita il sottotitolo del pezzo comparso sul giornale di Marco Travaglio, circa sette giorni or sono, che profila una sorta di informazione costruita ad hoc, non solo degli attacchi e dei soprusi che sta subendo il popolo ucraino per mano russa, ma anche per la tragedia bellica che ha colpito il popolo del Kosovo.
Le false coincidenze per fare le guerre: il titolo del pezzo la dice tutta e l’Ambasciatore del Kosovo risponde alla maldestra e infame penna, indirizzando una lettera a Travaglio, in cui esprime in maniera forte il suo pensiero.
La lettera
Egregio Direttore,
leggo sempre con attenzione e curiosità la stampa italiana, compresi gli articoli pubblicati dal suo giornale.
La libertà di stampa è uno dei diritti inalienabili che viene garantito da tutti gli stati e organismi internazionali del mondo libero. Fondamentalmente è un diritto di ogni popolo, il quale va curato, difeso e promosso con inalienabilità da tutto il mondo autorevole dei media e di voi giornalisti professionisti, per informare correttamente l’opinione pubblica di ogni democrazia, in pace e in guerra. Alla luce degli eventi attuali dell’illegittima aggressione militare russa in Ucraina, tirare degli spregevoli paralleli infondati sulle atrocità che sta subendo il popolo ucraino e che ha subito il popolo della Repubblica del Kosovo durante la guerra, è indecoroso e riprovevole.
Tale è da considerarsi l’articolo di Fabio Mini pubblicato dal suo giornale qualche giorno fa, nel quale si leggono terribili menzogne sugli eventi e gli accaduti della guerra che abbiamo vissuto noi popolo kosovaro, durante il tentativo di pulizia etnica albanese orchestrato e messo all’opera dal dittatore serbo Slobodan Milosevic.
Direttore Travaglio, le scrivo da cittadina kosovara che ha vissuto la guerra non solo attraverso le bombe ma anche con altri mezzi, da profuga e sopravvissuta, che ora ha l’onore di rappresentare la Repubblica del Kosovo in Italia. Le comunico che gli spirali di disinformazione che si generano attraverso il tentativo di deformare e “riscrivere” la storia delle violenze subite a causa di una guerra, non solo sono scorrette sulla linea dei principi e dei valori dello spirto della stampa libera, ma sono anche insensibili e offensivi nei confronti del nostro popolo, dei famigliari delle tantissime vittime che hanno un nome e un cognome, dei morti e dispersi, che tutt’oggi non hanno un sepolcro dove essere pianti. I crimini di guerra e i crimini contro l’umanità commessi dalla Serbia in Kosovo sono stati documentati con imparzialità da autorevoli osservatori internazionali, istituzioni, stimati centri di studio e think rank, nonché da giornalisti professionisti, tanti dei quali anche suoi colleghi italiani.
E come lei sa, alcuni dei leader politici e militari serbi sono stati processati E condannati per crimini di guerra dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY).
Il genocidio del regime di Milosevic e l’aggressione militare e paramilitare serba del 1998-1999, causò lo sfollamento di oltre I’80% della popolazione del Kosovo, costringendoci alla fuga noi che eravamo più di 860.000 civili. Oltre 10.000 dei miei connazionali non ce l’hanno fatta, perché sono stati brutalmente uccisi e massacrati. Inoltre, sono più di 1.400 i bambini uccisi senza alcuna pietà, e 20.000 le donne brutalmente violentate.
Per giunta, dopo più di 23 anni, sono ancora tantissime le famiglie che ogni giorno attendono notizie sui loro cari, perché il destino di 1.600 civili scomparsi è tuttora sconosciuto. I loro famigliari attendono sempre con trepidazione le identificazioni delle fosse comuni, per le oltre 500 esecuzioni di massa verificate nel territorio del Kosovo. La Serbia ha costantemente manipolato e cercato di eliminare letteralmente le prove al mondo intero, bruciando e riesumando i corpi dalle fosse comuni, addirittura utilizzando camion frigo per il loro trasporto in Serbia, nel tentativo di eliminarne pure la memoria.
Ad oggi, in Serbia sono diverse località dove sono state rinvenute fosse comuni contenenti i corpi di civili kosovari albanesi massacrati durante la guerra. Batajnica, Petrovo Selo, Raska, Rudnica, Kizevak, e molte altre ancora, tuttora sconosciute e tenute nascoste dall’intera macchina statale di Belgrado. Invito Fabio Mini, e tutti coloro che abbiano ancora dubbi sui fatti documentati della tragedia vissuta del nostro popolo, a tornare in Kosovo, e visitare questa volta le famiglie delle vittime civili massacrate a Krushè e Madhe, Krushe e Vogèl, Izbice, Rezalle, Poklek, Kotline, Pastasel, TErrje, Suharekt, Bellanict. Slovinje, Mejt. Gjakove. Bellacerke, Xerxe, Celine, Korenice, Drenice, Verbovce. Shtutice, Vushtrri, Studime & Eperme e Studime e Poshtme, Trepçe, Pejè, Qyshk, Zahaq, Pavlan, Lubeniq, Istog, Prizren, e tanti altri ancora.
In Kosovo viviamo tuttora le piaghe della guerra, dei morti, dei feriti, delle donne stuprate e delle persone disperse. Onorare la loro memoria, è il primo presupposto per creare un futuro migliore. Il popolo della Repubblica del Kosovo sta costruendo giorno dopo giorno il suo futuro, con aspirazioni insostituibili di unirci al più presto alla grande famiglia euro-atlantica.
E questo lo raggiungeremo anche grazie al sostegno dei nostri alleati e partner come l’Italia amica. Direttore Travaglio, certa della sua comprensione e fiduciosa della sua collaborazione, rimango a completa disposizione di poter riportare su “Il Fatto Quotidiano” un mio commento da testimone sull’esperienza vissuta durante l’ultima guerra in Europa del 1998-1999.