La canzone di Gino Paoli parla di 4 amici che sognavano di cambiare il mondo, di non accontentarsi di una vita comune: una donna, un lavoro in banca. Canzone che strizza l’occhio a Les Bourgeoisdel mitico Jacques Brel, ripresa poi anche da Giorgio Gaber.
I ragazzi che stanno sulla gru invece, un lavoro in banca se la sognano, o forse non se la sognano neanche, è troppolontano dalla loro quotidianità. Forse i loro figli c’è la faranno, ancora più probabilmente, i loro nipoti. Ma loro no.Mi piacerebbe solo cercare di analizzare le varie ragioni portate al confronto. Tutti si costernano, s’indegnano, s’impegnano…Ha certamente ragione chi sostiene che questo modo di protesta è errato. Non siamo più nel medioevo, oggi i lavoratori hanno i sindacati, un contratto e tutto il resto.Eppure, nel mondo nel quale gli stranieri irregolari lavorano, possono essere licenziati su due piedi ed andarsene senza nessuna liquidazione. Possono essere lesi fisicamente durante il lavoro e non verranno portati all’ospedale, possono non ricevere gli stipendi per mesi e mesi perché tanto non possono denunciare. Insomma, questi ragazzi devono avere trovato la macchina del tempo per tornare in una terra piena di doveri e povera di diritti.Quale Stato europeo può farsi ricattare in questo modo? – tuonano altri.Beh, probabilmente quello che permette a questi ragazzi di lavorare anche per 10-15 anni in nero, senza un assicurazione e senza una copertura sanitaria. Due sbagliate ne fanno una giusta?Probabilmente però, questi ragazzi sono colpevoli del reato di clandestinità. Nonostante odori di incostituzionalità, la Corte Costituzionale non ha abrogato questa norma, per cui tutti sommato sono dei “criminali” in quanto sono entrati nel territorio italiano violando la legge. Dovrebbero essere puniti con un ammenda dai 5 ai 10 mila euro. D’altra parte però, per tutti questi anni sono stati assunti in nero, altro reato punito secondo la legge n. 248/2006 con un ammenda da 1500 a 12000 mila euro. Siamo sempre a due sbagliate che non ne fanno una giusta. Eppure, hanno provato a regolarizzarsi. Hanno saputo della Sanatoria Truffa, hanno messo da parte i soldi e hanno provato a prendere un regolare permesso di soggiorno.Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni, hanno sostenuto con foga innaturale che intendono dare una mano a chi lavora e vive rispettando la legge del nostro paese. Per cui tutto a posto, no? No perché sono stati truffati da persone improbabili che si sono fatti pagare per inviare i documenti per poi svanire. Tutto ancora recuperabile, basterebbe che denunciassero i truffatori? No. Trattandosi di clandestini hanno già commesso un reato, e verrebbero automaticamente espulsi.Certamente, se fosse percorribile la via del permesso di soggiorno per cause di giustizia ( per intenderci, quello che ha avuta la signora Karima El Mahroug, alla storia Ruby ) potrebbero scendere, denunciare chi gli ha truffati.Il permesso di soggiorno per giustizia, oltre ad essere macchinoso e a prevedere una procedura di rilascio al quanto complicata, non consente di lavorare.Inoltre, la durata di un processo può arrivare anche fino a 6 anni. Quale persona senza un reddito può seguire un processo e farsi carico per sei anni delle spese legali? Eppure quei ragazzi su quella gru sono anche brutti da vedere. Preferiremo non vederli, gli troviamo esteticamente sgradevoli, grazie. Vorremmo che sparissero da dove sono tornati.Li preferiamo nascosti nelle fabbriche o nelle case, comunque lì dove non li possiamo vedere. Che tornassero sotto il tappeto! Ma non è una soluzione. Venire alla luce non deve essere stato facile. Era sicuramente più facile continuare a lavorare all’ombra, in nero, essere un altro numero nella statistica dei fantasmi. Ma hanno avuto il coraggio di farsi vedere, oramai non possono più tirarsi indietro. Quello che li ha spinto la su, detto in parole semplici, è la fame di legalità. Fame che, molto probabilmente, sarà ricompensatacon un decreto di espulsione. E gli amici di Gino Paolo iniziano a svanire, come i ragazzi sulla gru. Se ne vanno uno dopo l’altro.La canzone di Paoli però, termina con l’ultimo amico rimasto, il quale nota nella tavola accanto altri quattro amici venuti a prendere il suo posto.In altre parole, non importa chi va e torna, il problema non si elimina mettendoli sotto il tappeto. Finche ci saranno le stesse condizioni che hanno spinto i ragazzi ad andare sulla gru, ne seguiranno tanti altri.Altri visi, altre storie, ma figli della stessa miseria. Finché non si lavora sulla causa, lavorare sull’effetto non fa che posticipare il problema.