Perché non è più il momento per le donne di entrare nella vita politica. È tempo che la politica entri nella vita delle donne e che Vjosa Osmani assuma il ruolo di guida nei colloqui con la Serbia, a cui Aleksander Vuçiq partecipa dopo aver ottenuto una vittoria fiabesca, mentre il Kosovo deve fare i conti con il Primo Ministro di un governo molto debole che è stato creato appositamente da un Presidente oggi accusato di crimini di guerra.
Il sole per gli albanesi sorge a ovest
La notizia che la 38enne Ylfete Fanaj è stata eletta a capo del Parlamento del cantone di Lucerna ha rappresentato una forte speranza a riguardo del ruolo delle donne albanesi in politica.
Che le nostre luci si accendano in Occidente è un fatto noto nella nostra storia, ma questa luce che si accende ora, in questo momento in cui ascendono gli estremismi di destra, rende l’elezione di Ylfete una grande vittoria anche per le donne albanesi.
La canzone “Moj e bukura More“, che gli Arbëreshë portarono con sé nel loro esodo in massa, custodita come un simbolo sacro dell’antica identità e cantata in onore dell’origine di Prizren di Ylfeta, è stato il riconoscimento più prezioso non solo della comunità albanese in Svizzera, ma anche della cultura e della storia di un antico popolo europeo che fu separato dall’Occidente a causa della conquista ottomana.
Sono bastati 2 minuti di canzone perché l’intera storia tornasse al punto in cui il filo si era spezzato e tu, da albanese al quale per secoli è stata negata l’identità e inibita l’esistenza, ti sei sentito come un bambino tenuto in ostaggio a cui la madre ha aperto le porte.
Non avrei voluto essere al posto di Ylfeta, non mi sarei trattenuta dal piangere davanti ad una cosa simile e le lacrime delle donne vengono mal tollerate dalla politica. Ylfetja lo sa. È entrata in politica per vincere, non solo per se stessa.
Il ruolo delle donne albanesi in politica
Il ruolo politico delle donne è sempre stato visto come un ruolo passivo, in una società, quale la nostra, che tende a rimarcare spesso i pregiudizi nei confronti del mondo femminile.
Era necessario imporre una “quota rosa” affinché il Parlamento fosse costituito almeno al 30% da donne, mentre a prescindere da ogni quota rosa o viola il 50% dovrebbe essere formato da donne.
Da questa percentuale è chiaro che il 20% delle donne non è affatto rappresentato nel Parlamento del Kosovo.
Dando una rapida occhiata alle figure femminili in politica, dominano due categorie, la donna-virago e la statuina, due estremizzazioni che non rappresentano la reale complessità della parte rosa della società kosovara.
La tendenza a mascolinizzare le donne è marcata tra gli albanesi. Durante la dittatura in Albania, ad esempio, le donne dovevano presentare quante più caratteristiche maschili possibili.
Le donne in Albania hanno dovuto lottare per conservare, per quanto possibile, la loro femminilità e gli effetti li abbiamo subiti anche noi figlie di quelle donne; noi oggi continuiamo a batterci per conservare la nostra anima rosa in una società che ci vuole sempre diverse.
Dobbiamo ottenere la libertà, nel vero senso della parola.
La libertà non solo in termini economici, che ne sono la base, ma dobbiamo ottenere quella di pensiero e credere in essa. La libertà è il concetto assoluto di una società umana, è la chiave della politica di questa società, in cui la donna ha un ruolo da protagonista e mostra naturalmente le sue convinzioni e i suoi desideri, rivela liberamente le sue capacità ed esperienza. In una tale società non ci sarebbero perdenti.
Vjosa non cammina sola
‘La forza di una donna ha qualcosa che la psicologia non può spiegare’, scrive Oscar Wilde, e ha ragione.
La donna ha una forza ancora misteriosa dentro, che le permette di superare molte difficoltà e sorridere di nuovo.
L’abbiamo visto con la donna più votata in Kosovo, la Presidente del Parlamento Vjosa Osmani, dopo il suo siluramento dalla presidenza dell’LDK (Lega Democratica del Kosovo, n.d.t.) e l’inizio di una feroce campagna contro di lei.
Lei, che in campagna elettorale era stata osannata, che omuncoli qualsiasi, ma con alte posizioni all’interno del partito, l’avevano proclamata Hyjnesha në fron (Dea sul trono)[1], ora, da quegli stessi pseudo-sostenitori deve difendersi perché vittima di un linciaggio linguistico fatto di epiteti offensivi, perché ha osato essere libera di esprimere la sua opinione, libera di non seguire la turba, libera di non diventare una marionetta nelle mani di mercanti di voti per i loro interessi personali.
A questo punto, Vjosa Osmani non appartiene più solo all’LDK, ma a tutta la nostra società.
È la donna politica che non solo incarna gli ideali di tutte le donne che si sono sacrificate prima di lei, ma diventa anche la speranza e il modello di tutte quelle che verranno.
Quella di Vjosa non è più solo una battaglia personale. E’ diventata la protagonista di una battaglia comune che ognuno di noi svolge per una società in cui uomini e donne siano liberi e uguali, dove le donne non vengano ricattate da nessun partito per mantenere le proprie convinzioni, perché questo sarebbe intimidatorio per tutte le altre donne in politica.
Perché non è più il momento per le donne di entrare nella vita politica. E’ tempo che la politica entri nella vita delle donne e che Vjosa Osmani assuma il ruolo di guida nei colloqui con la Serbia, a cui Aleksander Vuçiq partecipa dopo aver ottenuto una vittoria fiabesca, mentre il Kosovo deve fare i conti con il Primo Ministro di un governo molto debole che è stato creato appositamente da un Presidente oggi accusato di crimini di guerra.
L’LDK farebbe un ottimo servizio al Kosovo correggendo sé stesso mettendo dei veri professionisti nel loro ruolo in questa situazione di emergenza, invece di indicare a Vjosa qual è il suo posto come un insegnante incapace fa in un momento critico.
Traduzione e adattamento dell’articolo di Majlinda Bregasi per Koha.net
[1] Hyjnesha në fron (Dea sul trono) è la statua in terracotta del neolitico trovata in Dardania (Kosovo) che simboleggia una divinità femminile seduta sul trono. Durante le elezioni Vjosa Osmani è stata paragonata a questa divinità dai suoi sostenitori dentro il partito, gli stessi che oggi la denigrano.