Correva l’anno 1985… Frequentavo la scuola media inferiore.
Quel giorno di aprile fu insolito. Non poteva in nessun modo essere uguale agli altri giorni.
O meglio: al mattino, la nostra giornata scolastica iniziò come tutte le altre, quando nell’intervallo tra un’ora di lezione e l’altra notammo due nostre compagne di scuola che venivano dal corridoio piangendo…
La nostra era un’ottima scuola nella capitale, si trovava tra l’altro non tanto distante dal ‘Blloku’, la residenza degli esponenti del governo al potere e dei loro familiari. Queste nostre compagne che in quell’istante si stavano dirigendo verso di noi facevano appunto parte delle famiglie del cosiddetto ‘Blloku’.. E, guarda caso, erano ‘appena’ più informate di noi delle novità. Intendiamoci: di novità che potevano essere trasmesse anche a dei ragazzi della nostra età…
Dietro di loro, la preside della scuola, la nostra insegnante, coordinatrice di classe, con una faccia triste, dall’aspetto tragico, tanto da trasmetterci un’ansia incredibile, ci comunicò la notizia: il padre della nostra patria, il dirigente del nostro unico partito, il salvatore del popolo albanese ci aveva lasciati … era morto..!
Rimanemmo così sorpresi, fummo pervasi da un senso di smarrimento, di confusione enorme…
Era normale quella sensazione. Per di più, per l’età in cui ci trovavamo, appena entrati nella fase adolescenziale, sapendo che l’idea costruita su certe figure era collegata addirittura con l’intoccabile, l’immortalità. Ora, tutto questo crollava, così, all’improvviso, e non solo: anche colui che questa sorpresa dentro di sé non la sentiva poi tanto da causare un effetto così notevole, doveva, pur recitando, dimostrare sgomento, dispiacere, amarezza… Doveva stringere i denti, e anche gli occhi possibilmente, nella speranza di ricavarne qualche lacrima … Purtroppo, proprio come in quei casi che una cosa più insistentemente la cerchi meno riesci ad ottenerla, le lacrime non a tutti uscivano facilmente.
Iniziò una fase difficile per il successore del Padre della Patria, per il suo fedele Ramiz, il quale doveva dimostrare che nulla cambiava per il Paese per quanto concerneva la sua guida, per il popolo… Ma in fondo lui stesso sapeva che non era affatto così.

I primi duri colpi per la nuova guida del governo furono collegati a fenomeni che gli fecero tremare il terreno sotto i piedi: mai e poi mai l’ubbidiente popolo albanese avrebbe in precedenza osato sfiorare, nemmeno con gli occhi una rappresentanza diplomatica straniera… Tantomeno osare avvicinarsi ad una di esse, e meno ancora tentare di scavalcarne il confine! Ebbene, un fatto strano, unico, ma evidentemente vero, accadde: una famiglia albanese, già perseguitata dal regime a causa di un loro fratello che era scappato all’estero, entrò nell’ambasciata italiana, chiedendo asilo politico! Come una bomba che ti esplode in mano inaspettatamente, io penso si sia sentito il governo di ferro.
Erano segnali, questi, che non avrebbero dovuto essere seguiti da altri del genere. Occorreva in tutti i modi impedire il ripetersi di casi simili, se non si voleva dare alla popolazione l’idea che la nuova guida stava già perdendo le redini…
Ma non passò che qualche mese e la situazione si complicò nuovamente. Un altro duro colpo, un’altra delusione per il governo. Non si trattava di incidenti in qualche ambasciata straniera, ma di un’altra tipologia di ‘disubbidienza’ ed infrazione delle regole ferree, finora rispettate con così tanto rigore.
Fece scalpore, e la notizia si propagò subito a macchia d’olio,la decisione coraggiosa di una famiglia molto nota in città. Nota per la presenza di figure eccellenti al suo interno, ma soprattutto, nota per il talento ed il successo che stava ottenendo nel campo della musica il loro figliolo prodigio, il piccolo-grande violinista, Tedi, allora un adolescente.
Questa famiglia, i genitori di Tedi Papavrami, prese la decisione così significativa e importante di rimanere in Francia, raggiunto da poco il figlio che già si trovava lì per una borsa di studio francese, chiedendo asilo politico!

Loro fecero tranquillamente capire di aver scelto questa strada per il loro figlio, per tentare di rendergli possibile un futuro migliore: quel futuro che un talento come lui veramente meritava! Non solo dalle emozioni che Tedi stava suscitando all’arena musicale internazionale, ma anche per il semplice fatto che loro stessi erano musicisti, percepivano che un talento di tale calibro, nell’Albania di quel periodo, sarebbe stato sprecato.
Le conseguenze per i loro familiari rimasti in Albania, per i nonni, gli zii di Tedi, furono gravissime: perseguitati e privati di tanti diritti, anche essenziali.
Questo fu un ulteriore colpo per il governo, che continuava a soffrire per la mancanza del leader leggendario e non solo: avvertiva che gli albanesi iniziavano a svegliarsi ed a reagire. Inevitabilmente, cercavano il cambiamento..
E questa per loro, tuttora, rimane una ricerca faticosa, continua e dolorosa.
Mai e poi mai mia madre ( come tanti..) poteva accettare il fatto che una famiglia che lei stimava e a cui era legata anche per motivi di vecchia amicizia come quella dei parenti più stretti di Tedi rimasti in Albania soffrisse in quel modo la persecuzione, per la scelta dei loro familiari di vivere in Francia. E di quale colpa si trattava? Di avere preteso una cosa così semplice, il diritto di un futuro migliore per il figlio!
Che il mondo sapesse: L’Albania era anche questa,quella dei seguaci di Paganini.
I “24 capricci di Paganini”!..
Ai tempi una ragazzina, pensavo che, se Tedi avesse potuto eseguirli nel mondo, avrebbe fatto sentire per tutti noi la voce di un popolo che voleva cambiare vita…
Tedi ci riuscì brillantemente!
E la determinazione ed il coraggio da parte di questo popolo a volere cambiare a tutti i costi, soltanto “capricci” non potevano venire chiamati, e tuttora,non lo possono essere…
Semplicemente un diritto per questo popolo, questo sì.
Questa intervista è disponibile in albanese e inglese