“Sei albanese?! Ma dai, non l’avrei mai detto!”Questa è una di quelle frasi che sento quotidianamente. L’aria affascinata, titubante, stupita, incredula del mio interlocutore mi fa sorridere tanto quanto pensare. A volte mi chiedo se per caso nella storia gli albanesi venivano riconosciuti per qualche segno particolare scritto sulla fronte perché lo stupore di chi scopre le mie origini mi lascia davvero di stucco.
Sarà il mio italiano scandito velocemente e a volte anche più corretto di uno stesso italiano, sarà la mia presenza mediterranea che ricorda più facilmente la Sicilia che Tirana, sarà la mia vita impegnata sia nella sopravvivenza che nel benessere della mia anima narrativa, ma di fatto nulla sembra ricordi in me l’Albania. Alquanto strano per chi, come me, dell’essere albanese ne ha fatto uno stile di vita.
Già, è difficile per troppi italiani purtroppo per noi (scusate il gioco di parole) collegare a un cosiddetto Paese del terzo mondo (l’Albania) uomini e donne integrati, impegnati, realizzati e motivati a raggiungere alti gradini nella vita sociale.
In Italia, gli stranieri sono considerati sempre più spesso un numero che, secondo la situazione da affrontare, gli viene posto davanti il segno più o meno. Entrambi gli schieramenti politici promettono grossi impegni per la sicurezza e il benessere dei cittadini italiani e spesso capro espiatorio di tale politica sono gli stranieri. Considerati presuntosi nel richiedere il rispetto dei loro diritti, delinquenti anche quando vengono scoperti a lavorare in nero per gli italiani, non meritevoli di espressione di voto anche quando ciò che si vota li riguarda in primis.
Così domani, anch’io, l’albanese che nessuno avrebbe mai detto, mi troverò ad avvalorare insieme a tanti altri migliaia di migranti nelle piazze di tutta Italia, il peso e l’utile dello straniero nello stivale.?Perché fermarsi per un giorno vorrebbe dire portare via dalle tasche dello stato italiano milioni e milioni di euro.?Perché fermarsi per un giorno offre a chi ha i preconcetti, giudizio.?Perché fermarsi per un giorno significherebbe ricordare ai cittadini e alle istituzioni la nostra esistenza non solo come braccia ma anche come persone che dovrebbero godere dei diritti di cittadinanza alla pari degli italiani. Perché fermarsi per un giorno ci aiuta a confrontarsi tra di noi e sapere che non siamo solo singole persone ma culture e storie che viaggiano nel mondo.
Domani in centinaia di piazze italiane gli stranieri cercheranno di far riconoscere ed apprezzare il loro impegno quotidiano all’economia italiana pari a tutto un decimo del Pil nazionale e far valere i loro diritti spesso calpestati e trasformati in file interminabili davanti alle questure e tempi d’attesa lunghissimi per avere il permesso di soggiorno.
Il 1° marzo sarà la giornata senza migranti, soprattutto di quelli che non sembrano e che non aiutano gli ascolti e le vendite dei giornali per la cronaca nera.