L’articolo di Gëzim Alpion, “Western media and the European ‘other’ – images of Albania in the British press” è stato pubblicato in inglese per la prima volta nel 2005. Vi proponiamo in italiano una versione dello studio pubblicato in inglese nel 2008, anno in cui Albania News ha assicurato il permesso dell’autore di pubblicare lo studio. v) I Media Occidentali e “l’altra” Europa – L’Archivio Esotico
A partire dal diciannovesimo secolo, l’Occidente conosceva i Balcani principalmente attraverso gli scritti di viaggiatori occidentali, diplomatici ed esperti militari residenti nella regione. Ci sono stati anche casi in cui scrittori occidentali hanno scritto sui Balcani senza mai averci mai messo piede, costruendo così quello che K. E. Fleming chiama “i finti mondi balcanici”. Nel ventesimo secolo questi mondi “finti” sono stati pubblicati nelle opere di Georges Remi (conosciuto come Hergé), Agatha Christie e infine nei recenti romanzi di J. K. Rowling. Nelle prime due opere gli scrittori usavano nomi finti per i loro paesi Balcanici (‘Syldavia’ e ‘Borduria’ in Sceptre d’Ottokar/ King Octobar’s Sceptre : Tintin visits an Exotic Country pubblicato nel 1939) di Hergè e ‘Herzoslovakia’ nel libro di Christie The Secret of Chimneys pubblicato nel 1925; Rowling non ha alcun scrupolo nel menzionare l’Albania nel suo Harry Potter e la camera dei segreti (pubblicato nel 1998) e in Harry Potter e il calice di fuoco (pubblicato nel 2000) come un paese dove il “malefico scuro Lord” e i suoi fedeli seguaci trovano un perfetto nascondiglio.
Mentre l’Occidente ha un archivio abbastanza vasto di opere letterarie nelle quali i Balcani e l’Albania sono rappresentati principalmente come “incivili”, ad eccezione degli ultimi decenni, negli ultimi tre secoli gli studiosi occidentali hanno difficilmente considerato l’Albania, e le altre nazioni della penisola balcanica, meritevoli di ricerche accademiche. Così come K. E. Fleming nota nel suo articolo pubblicato nel 2000 “Orientalismo, i Balcani e la storiografia Balcanica”, non esiste alcuna storia del ‘Balkanismo’ come materia universitaria. Nella stesso saggio, Fleming sostiene che, diversamente da Orientalismo, gli studi sui Balcani sono quasi sempre stati di “pseudo accademici”. Possono essere considerati un lavoro autonomo di “specialisti” che, nel caso di eventi come la disgregazione della Yugoslavia, si sono interessati alla vicenda perché tali conflitti contemporanei la rendono “attuale”.
Io stesso ho scritto da qualche parte che, nel caso dell’Albania, alcuni di questi “creatori” di immagine occidentali si trovano per caso a parlarne e non come risultato di lunghe ricerche sul popolo che compone tale nazione, sulla sua cultura e sulla sua storia. In molti casi, questi “specialisti” dell’occidente dovettero vivere all’estero per evitare la “cattiva” pubblicità nel loro paese, come fu il caso di Lord Byron, oppure per consiglio medico, come nel caso di Edith Durham.
L’Albania ha offerto a viaggiatori del diciottesimo, diciannovesimo e ventesimo secolo come Byron, Durham, Roland Matthews, Karl May, Franz Nopcsa, militari inglesi che operavano in Albania ed anche in altri paesi balcanici durante la II Guerra Mondiale e più recentemente, Paul Theroux, Robert Carver, Marianne Graf, A.
A. Gill e Mike Carter loro un’opportunità di incontrare l’esotico, il primitivo ed anche l’incivile alla soglia dell’Europa Occidentale.
Non è una coincidenza che per la maggior parte di questi ‘esperti’, quel che più è di particolare interesse non è l’Albania civile, ma la sua parte più arretrata. Non le fiorenti città e paesi con un ricco patrimonio culturale, storico, civile e naturale come Tirana, Scutari, Korça e Vlora, bensì alcuni villaggi distanti e meno sviluppati, specialmente dell’Albania del Nord. Seguendo l’esempio di Durham e Nopcsa all’inizio del ventesimo secolo, scrittori contemporanei come Carver e Graf concentrano quasi esclusivamente la loro attenzione su questa regione dell’Albania per raccontare così ai lettori occidentali le loro sensazionali scoperte su una vita retrò basta su primitivi costumi. Alcuni dei temi preferiti di questi cacciatori dell’ esotico sono la besa (in albanese “parola d’onore”), il Kanun di Leke Dukagjin, le vendette di sangue e le promesse vergini. Argomenti del genere hanno la priorità in opere biografiche di personalità albanesi, come la Geraldina degli Albanesi: la biografia autorizzata (1987) di Gwen Robyns; e in alcuni scritti su Madre Teresa da studiosi come Eileen Egan e Kathryn Spink. Il romanziere americano Paul Theroux una volta disse che scrivere libri di viaggio è un’attività innocua. Questo è vero quando si tratta degli autori di questo genere letterario e i lettori ai quali si rivolgono: dopo tutto, la maggior parte degli autori di libri di viaggio pubblicati in occidente sono occidentali! Finché queste opere di viaggio sono scritte in Occidente e pubblicate appositamente per i lettori occidentali, allora è vero che tale attività, la scrittura di viaggio, è innocua. Ora l’Occidente possiede ora un ampio archivio di opere sull’Albania grazie ad opere di autori che hanno visitato l’Albania ; o che, pur non avendo mai messo piede nel paese, hanno descritto un viaggio virtuale nel luogo ‘esotico’, come fu per lo scrittore tedesco Karl May e più recentemente nel libro della scrittrice spagnola Susana Fortes El Amante Albanés (L’Amante Albanese, 2003). E proprio questo “archivio esotico” è responsabile dell’immagine prevalentemente negativa che questo paese ha attualmente agli occhi del mondo occidentale. L’immagine dell’Albania come ‘primitiva’, ‘incivile’, ‘pericolosa’ ma pur sempre divertente da visitare, prevale al giorno d’oggi nonostante il fatto che questo angolo dei Balcani non è più ormai un paese isolato dal resto del mondo. È il risultato di una tendenza di descrivere questo posto solamente in bianco e nero. Così l’Occidente ignora ogni aspetto positivo dell’Albania nel passato, e soprattutto dopo il crollo del regime comunista nel 1991. Qualsiasi cosa riportata sull’Albania, perfino una partita di calcio, deve essere messa sul piano politico proprio per enfatizzare l’arretratezza del paese. Nel suo articolo alquanto confuso ‘Erba buona e giustizia privata’, che fu pubblicato nel ‘The Observer’ il 25 marzo del 2001, Simon Kuper coinvolge il lettore in un racconto che ha a che fare più con la ‘primitività’ del paese ospite, la corruzione, i carri trainati da asini che le persone presumibilmente usano per viaggiare fino a Tirana per vedere le partite internazionali e gli omicidi commissionati, che con l’incontro calcistico tra l’Albania e l’Inghilterra. Riferendosi ad una foto scattata alla squadra inglese prima del calcio di inizio partita, sempre nel 1989, Kuper non può contenere il suo stupore quando nota che nella foto ‘Bryan Robson, Peter Shilton, John Barnes e Gary Lineker sembrano non avere alcuna idea di trovarsi nello stato più strano d’Europa!’. La squadra inglese, a quanto pare, aveva deluso sia Kuper che il pubblico inglese per il loro aspetto ‘normale’ pur trovandosi in un paese così ‘anormale’ e circondata da tifosi ‘anormali’. Questo tipo di letteratura così spregiudicata, sensazionalistica ed esotica sull’Albania, così come gli spazi dedicati dai media a titoli scandalistici sono entrati a far parte della ‘norma’, in Occidente e particolarmente in Inghilterra. Gli articoli citati in questo capitolo sono stati pubblicati in giornali e riviste inglesi dal 2001 e fino al 2006. La motivazione di questa selezione è legata al fatto che durante quegli anni l’Albania ha avuto una stabilità politica e che la legge e l’ordine sono stati rispettati nel paese.
Molti albanesi hanno potuto constatare una crescita dei loro risparmi e un significativo miglioramento del loro standard di vita. Grazie alle maggiori opportunità di lavoro e ai salari più alti, gli Albanesi andati in vacanza nel 2004 hanno speso 560 milioni di dollari.
Tutti gli indicatori economici dimostrano il duro lavoro del Governo albanese per seguire le indicazioni dell’Unione Europea su varie materie, come la politica monetaria e la gestione dell’economia. L’Albania ha un ruolo positivo per quanto riguarda la collaborazione tra gli Stati Balcanici. Recentemente il Consiglio Balcanico dei Ministri della Cultura, fondato a Copenhagen il 31 marzo del 2005, è stato ideato di un Ministro albanese. Il Governo albanese ha dato inizio anche ad altri progetti per incoraggiare gli scambi interculturali e migliorare i rapporti commerciali con ogni paese balcanico.
I traguardi dell’Albania sono stati fatti rilevare da alcuni studiosi occidentali. Secondo le parole di James Pettifer e Miranda Vickers:L’Albania ha subito una notevole e senza precedenti trasformazione politica, sociale ed economica da quando nel 1991 è emersa dalle macerie della più dura forma di comunismo mai esistita. All’epoca, un’intera popolazione colpita dalla povertà dipendeva completamente dagli aiuti alimentari provenienti dall’estero e il paese era in uno stato avanzato di disintegrazione. Nonostante ciò, entro un anno, l’isolamento internazionale dello stato albanese ebbe termine, così che le maggiori potenze occidentali si affrettarono a stabilire delle relazioni diplomatiche con questo impoverito, ma strategicamente importante stato balcanico.
Nonostante le acute agitazioni politiche interne durante la seconda metà degli anni ‘90, l’Albania gradualmente riuscì a diventare un rispettato partner dell’occidente. Durante la crisi del Kosovo [nel 1999] il paese ha dato prova di essere un valoroso alleato della NATO. Conseguentemente agli attacchi dell’11 settembre negli Stati Uniti, l’Albania si è risolutamente unita alla ‘Guerra al Terrore’, monitorando con fermezza le azioni di individui e gruppi islamici nel paese. L’Albania ha inoltre contribuito con suoi militari alle coalizioni guidate dagli Stati Uniti, nelle guerre in Afghanistan e Iraq.
Nonostante questi positivi sviluppi l’Albania, così come altri paesi dei Balcani, continua ad apparire nelle prime pagine dei giornali occidentali, e specialmente nei media britannici, per motivi negativi. La conclusione di Richard Hillman, prima menzionato in questo articolo, che i media si occupano di argomenti sensazionalisti, come la corruzione e l’instabilità politica; il traffico di narcotici e i problemi della immigrazione e che trascurano tutti i tentativi di promuovere la democrazia, il commercio e lo sviluppo; il turismo e la cooperazione regionale: questo è valido non solo per l’America Latina ma anche
per l’Albania ed altri stati dei Balcani! Per molti giornalisti inglesi che si occupano dell’Albania, la sua identità e la sua immagine sono ormai irrevocabili ed immodificabili. L’Albania era e rimarrà ‘il paese più povero e più isolato d’Europa’. Ecco alcuni dei titoli che riguardano il paese, pubblicati recentemente nei principali giornali inglesi come The Times, The Sunday Times Magazine, The Indipendent, The Observer and The Guardian: ‘La selvaggia frontiera’; ‘Roccie e luoghi difficili’; ‘Le strade inglesi sotto il controllo di bande albanesi’; ‘Criminali balcanici organizzati meglio di noi: Blunkett’; ‘Baraccopoli in Albania costruita su una tossica bomba a orologeria’; ‘Si ritorna a casa: un figlio su sei venduto ai trafficanti’; ‘Le strade della disperazione’; ‘Benvenuti a Tirana, la capitale europea dell’inquinamento’; ‘Guerra partigiana nella baia del paradiso in Albania’; ‘L’Europa segreta’; ‘La terra dimenticata dal tempo’ e ‘Viaggi durante una crisi di mezza età’.
Non c’è da sorprendersi che titoli del genere invitano gli inglesi a riflettere bene prima di decidere di fare un viaggio in Albania. Questo implicito consiglio, molto enfatizzato dai reporter inglesi, arriva principalmente dal Ministero degli Affari Esteri. È così che Esther Addley inizia il suo articolo ‘Benvenuti a campo Tirana’, pubblicato nel The Guardian dell’11 marzo 2003:Pianificate un viaggio in Albania? Se sì, il Ministero degli Esteri ha alcuni avvertimenti da darvi. «La sicurezza pubblica è migliorata molto in Albania… ma la violenza e il crimine rappresentano ancora un serio problema in alcune aree’», si legge nel sito web del Ministero. «Bevete solo acqua imbottigliata e latte UHT. Le attrezzature mediche (in caso di incidenti o emergenze) sono molto scarse. Non raccomandiamo l’utilizzo delle strutture dentistiche».
Si avvisa in particolare di stare attenti all’epatite, alla rabbia (dato il gran numero di cani randagi) e all’encefalite di zecca («Consigliamo ai viaggiatori di tenere coperte le aree del corpo quando si trovano vicino agli arbusti e di autoispezionarsi regolarmente per qualche segno di zecca»). In effetti, conclude, meglio salvi che ammalati: assicuratevi che la vostra assicurazione medica copra l’evacuazione tramite elicottero, giusto in caso dovesse accadere il peggio.
Il sito del Ministero degli Affari Esteri è anche segnalato in numerosi altri articoli di giornali inglesi sull’Albania. Nel suo pezzo ‘Vorrei tu fossi quì’, che è stato pubblicato nel The Guardian dell’11 agosto 2003, ad esempio, Tim Dowling sottolinea che il Ministero degli Esteri attira l’attenzione sulla « ampia diffusione di armi da fuoco» e sconsiglia fortemente i viaggi al nord-est del paese. L’informazione procurata a Dowling da un’altra fonte sull’Albania, difficilmente risulta essere più incoraggiante della prima:Il sito web di The Lonely Planet mette in guardia i turisti su «rapine a mano armata, violenze, assassini da malfattori, e furti di automobili »; invita i visitatori ad «evitare gli affollati raduni di persone» e dice che è sconsigliato viaggiare al di fuori delle grandi città o in qualsiasi luogo durante la notte. Questo paragrafo pieno di ipotesi sconvolgenti manca nell’ultima edizione della guida sull’Europa Orientale (sic), ma il libro insinua che «poliziotti corrotti potrebbero estorcervi dei soldi» e la parola ‘banditismo’ è usata incidentalmente.
L’Albania non appare meglio di così in nessun’altra guida di viaggio online ed alcune semplicemente ignorano totalmente il paese. Il 13 luglio 2003, Andrew Muller scrive nel The Indipendent on Sunday che l’Albania non è citata nella Guida Approssimativa dell’Europa Orientale attualmente in commercio e anche la guida L’Europa Centrale ed Orientale di Fodor non la menziona.
La mancanza di informazione sull’Albania e il pessimo quadro descritto da siti come The Home Office oppure The Lonely Planet distolgono i turisti dal visitare il paese. Non c’è stupirsi se sono in molti in Occidente a condividere l’opinione di Muller quando afferma che «andare in Albania è come saltare sulla coda di un leopardo che dorme: nessuno lo farebbe».
Non sono rari i casi in cui i reporter britannici riferiscono ed accettano senza critiche le poche informazioni sui viaggi in Albania e si basano su quelle informazioni per elaborare i loro articoli. In tali articoli si fa riferimento, spesso senza alcuna coerenza, ad alcune ‘bizzarre’ e ‘primitive’ abitudini o tradizioni degli albanesi. Elementi che gli autori si procurano sulla base di informazioni fornite da quell’archivio ‘esotico’ sull’Albania prima citato.
Non sono rari i casi in cui i giornalisti inglesi scrivono come se niente fosse, articoli sull’Albania senza aver consultato nemmeno un libro erudito sulla storia del paese. In realtà, nessuno di loro ha un corredo informativo sufficiente per poter fare valutazioni accurate sulla situazione in Albania o nei Balcani. I giornalisti inglesi che coprono di regola la regione sono spesso incaricati di scrivere occasionalmente un articolo, ma nessuno di loro ha mai studiato in una Università nei Balcani, nessuno di loro parla una lingua balcanica e forse, quel che conta di più, è che spesso scrive di quel paese o di quella regione senza mai averci messo piede personalmente. Tutto questo, mi ricorda l’ex ministro inglese per l’Europa, Keith Vaz, che era anche responsabile per i Balcani. Poco dopo la caduta di Slobodan Milosevic, ho partecipato ad una riunione con il Ministro Vaz a Birmingham, nel corso della quale gli domandai perché il governo inglese proclamava come un grande successo la mal concepita rivoluzione serba nell’ottobre del 2000, considerando che Vojislav Kostunica, che succedeva a Milosevic come presidente della Yugoslavia, era e rimane tanto ultra-nazionalista quanto il suo predecessore sulla questione sull’indipendenza del territorio albanese del Kosovo. A questa domanda, il Ministro replicò: ‘La regione balcanica, come Lei sa, è una regione molto difficile’. Quando Vaz si dimise a fine del 2001, è risultato che durante i suoi quattro anni in qualità di Ministro responsabile per i Balcani, non aveva mai visitato la regione. È poco opportuno che alcuni giornalisti inglesi, che riportano le notizie del mondo al pubblico inglese, pensino che loro possano offrire un quadro realistico ed imparziale di un paese come l’Albania basandosi esclusivamente su obsolete informazioni derivanti da uffici governativi, guide di viaggio e scrittori di viaggi scandalistici e pieni di pregiudizi. Questo tipo di reportage a distanza, così come nel caso di Esther Addley e del suo frettoloso articolo ‘Benvenuti al campo militare Tirana’ sono di gran lunga responsabili per la perenne misera immagine riservata all’Albania dai media britannici.
L’immagine dell’Albania non migliora certamente anche in articoli scritti da scrittori che sono così coraggiosi da raccogliere la sfida di intraprendere un viaggio in questo ‘pericoloso’ paese. La reputazione dell’Albania come paese ‘insicuro’ spesso raggiunge livelli maniacali nel Regno Unito. ‘Quando dissi ai miei amici – educati, di larghe vedute e cittadini del mondo – che sarei andato a visitare l’Albania’, Andrew Muller scrive nell’ articolo precedentemente citato, ‘le loro risposte iniziali erano istruttive: “Baghdad non era abbastanza pericolosa?”; “Posso disporre del tuo appartamento nel frattempo?”; “Portami un, em… cavolo?”.
I servizi che la maggior parte dei giornalisti inglesi inviano da Tirana o da altre zone dell’Albania non fanno altro che confermare la cattiva immagine che questo paese e la sua popolazione hanno in Gran Bretagna. Ti
m Dowling ha ragione quando conclude che quasi ogni informazione da lui consultata prima di partire per l’Albania nell’agosto del 2003, sembra avere lo scopo di inculcare paura.
Mentre tanti reporter inglesi possono essere ‘scusati’ per non aver scritto nel migliore dei modi le descrizioni del paese dai loro uffici di Londra, Dowling scelse, dopo la sua visita in Albania, di dipingere un quadro molto cupo della situazione. L’articolo ‘Vorrei tu fossi qui’ fa trasparire in vari passaggi la mancanza di oggettività di Dowling e la sua scarsa conoscenza del paese. ‘In Albania,’ egli scrive ‘ammirano Norman Wisdom come se fosse un’icona culturale’. Wisdom considerato un mito dagli albanesi da quando l’attore visitò il paese dopo la caduta del comunismo è sottolineato da quasi tutti i reporters inglesi sull’Albania. Trovo abbastanza ragionevole dunque che presunte forme maniacali come questa non sarebbero di sicuro sfuggite all’attenzione di qualcuno come Dowling, il quale è senza dubbio molto abile a riconoscere le eccentricità culturali di un paese, siano queste reali o inventate!Quello che Dowling ha ancora da apprendere è che in Albania, ogni straniero di qualunque professione, è accolto col tappeto rosso. Vengono accolti con questo stesso spirito anche stranieri che nei loro paesi sono probabilmente persone comuni.
In quanto reporter con un mandato, non è sorprendente che Dowling evidenzi altre strane abitudini degli albanesi come la loro abitudine di muovere la testa in modo particolare per dire sì e dire no’. L’osservazione che più apprezzo nel suo articolo è quella che testimonia la sua esperienza di linguista par excellence. Gli Albanesi, egli scrive, ‘parlano due lingue, il Tosco e il Ghego’. Questa informazione potrebbe dare ai lettori occidentali l’idea sbagliata che questi non sono due dialetti della stessa lingua madre, ma piuttosto due lingue del tutto differenti.
Dowling è un tipico giornalista che vuole sbalordire e che va all’estero non per parlare della vita reale delle persone con problemi reali, aspirazioni reali e traguardi reali, ma solo per cercare lacune, macerie, bunker, vetri rotti, ferri attorcigliati e specialmente gente che ‘porta fuori le mucche come se fossero cani’.Forse perché non confidava sufficientemente nella sua abilità di riportare il lato ‘squallido’ dell’Albania con assoluta accuratezza e autenticità, oppure perché sentiva che le parole non sarebbero state abbastanza da convincere il lettore inglese di quanto sia ‘disastrato’ questo angolo dei Balcani, Dowling si è servito della capacità artistica del fotografo Dan Chung del giornale The Guardian, per documentare la sua storica visita.
L’articolo è accompagnato da tre fotografie. Nella prima, Dowling è seduto da qualche parte sulla costa adriatica di Durazzo, con un sorriso compiaciuto stampato in viso, di fronte a un bunker di cemento armato, una mucca e molta immondizia sparsa intorno. La foto, dalle dimensioni di un poster, occupa tutta la prima pagina del The Guardian ed ha come titolo: ‘La mia vacanza in Albania’. La seconda foto, questa in bianco e nero, mostra Dowling all’entrata di un altro bunker. Nell’ultima foto, che occupa più della metà della terza pagina, Dowling siede con un’aria ancora compiaciuta in riva al mare circondato principalmente da macerie, pietre coperte da muschio e, ovviamente, altra immondizia. Questa volta il titolo recita: ‘Molto spazio accanto al mare: la spiaggia a Durazzo è costituita quasi solamente da polvere, macerie, vetri rotti e ferri contorti”.
A questo punto, un qualsiasi lettore inglese che avesse pensato di andare in Albania per un po’ di sole, mare e sabbia avrebbe decisamente scartato l’idea a causa dell’articolo di Dowling e delle foto pubblicate, specialmente dell’ultima. Per l’ignaro lettore inglese, gli edifici mostrati nello sfondo della terza foto sembrano non avere alcun lungomare che valga la pena visitare, e tanto meno attrezzature per bagni di sole o per nuotare.
Così come altri luoghi turistici in Albania, Durazzo è stata danneggiata a causa dell’ inquinamento e di un rapido incremento di costruzioni, spesso abusive.
Il pessimo ritratto con il quale Dowling e il suo fotografo descrivono Durazzo, tuttavia, non rappresenta minimamente il suo lungomare e le chilometriche spiagge dorate che si estendono lungo la costa. È chiaro che il giornalista e il fotografo del The Guardian non sono andati in Albania per scoprirla da se stessi, bensì per andare a caccia di immagini che si sarebbero perfettamente adeguate a quanto avevano sentito dire sul paese, prima di arrivarvi. Nella loro missione giornalistica con lo scopo di documentare solo lo squallore dei paesi non occidentali, i reporter come Dowling trovano spesso dei volenterosi aiutanti tra gli abitanti, che – sia per la loro ingenuità, sia in ragione dei loro patologici complessi di inferiorità nei confronti di un qualsiasi visitatore che giunga dall’Occidente, oppure a causa della loro giustificata frustrazione per via della incontrollata corruzione – raccontano ai giornalisti occidentali proprio quello che questi desiderano ascoltare.
Titolo originale: Western media and the European ‘other’ – images of Albania in the British press. Tradotto per Albania News da Altina Hoti
L’articolo sarà pubblicato ogni settimana. Il 30 Dicembre è stato pubblicato la terza parte dal titolo Crisi di Identità . Il 13 gennaio torniamo con la quinta parte: La Morte del Giornalista