Per Madre Teresa di Calcutta, la santità era di casa. Se il mondo la conosce per l’incessante dedizione ai poveri della Terra, forse non tutti sanno che Nënë Tereza, premio Nobel per la Pace nel 1979, beatificata nel 2003 da papa Giovanni Paolo II, ebbe genitori esemplari, Kolë e Drane Bojaxhiu, albanesi di Skopje, dove Anjeza Gonxhe Bojaxhiu (questo il suo nome d’origine) nacque il 26 agosto 1910.
Lo racconta ad AlbaniaNews il suo biografo d’eccezione, padre Lush Gjergji. Il 2010 è l’anno di Madre Teresa, e ogni nazione di lingua albanese ne festeggia il centenario della nascita; Albania, Kosovo, Macedonia, le dedicano mostre, convegni e pubblicazioni. Don Lush Gjergji, che in Italia si è laureato in Filosofia, Teologia e Psicologia, è il sacerdote e intellettuale cattolico più noto e apprezzato nei Balcani (memorabile il suo discorso tenuto nel 2005 al Congresso di Washington a sostegno dell’indipendenza del Kosovo). Autore di una quindicina di opere tradotte in 35 lingue, Don Lush ha parlato di Madre Teresa nella sessione a lei dedicata del Seminario Internazionale di Lingua, Letteratura e Cultura Albanese, che si è tenuta il 20 agosto a Prishtina.
Don Lush Gjergji aveva 19 anni quando la incontrò per la prima volta a Roma. “Ero al II anno di Filosofia, avevo tanto sentito parlare di lei. La storia di questa suora albanese in India era quasi una leggenda. Mi ero preparato per tutta la notte, trepidavo al pensiero di incontrarla; ma fu come trovarmi davanti alla mia mamma, nella sua semplicità emanava una carica di spiritualità e amore eccezionali.”Come un rabdomante percepisce la presenza dell’acqua dal sottosuolo, Nënë Tereza individuava i più bisognosi ovunque si trovassero. A Roma aveva scelto un piccolo quartiere dalle parti di Castelgandolfo, dove zingari e rifugiati vivevano ai margini dell’esistenza, e vi si era dedicata insieme con le sue consorelle. Tutto questo prodigarsi per i poveri, racconta Don Lush, Madre Teresa lo aveva appreso in famiglia: suo padre, Kolë, era un agiato commerciante, imprenditore e politico impegnato nella causa per l’indipendenza dell’Albania. Parlava correntemente serbo-croato, turco, francese e italiano; viaggiava in tutta Europa per le sue attività, e al suo ritorno a casa spediva i figli in giro per il paese a distribuire generi di prima necessità, abiti e denaro ai poveri. “Ma la mamma, Drane”, continua Don Lush, “fu una suor Teresa in miniatura”. Delle dieci case di loro proprietà, ne aveva assegnate nove ai senzatetto. Aveva accolto in famiglia sei orfani, e ogni giorno preparava pranzi per una ventina di persone; quando i figli le chiedevano chi fossero quegli ospiti che giravano per casa, lei rispondeva semplicemente: “amici”.”Una volta, mentre ero a pranzo con papa Wojtyla”, ricorda Don Lush, gli dissi: ‘Santità, forse sto per dire una sciocchezza, ma io proclamerei santa prima la madre e poi la figlia.’ Il papa sorrise e mi rispose: ‘Ha ragione, solo da grandi genitori nascono grandi figli'”.
In questi giorni, il cuore di Prishtina è tutto un cantiere: si lavora senza sosta alla costruzione di un’immensa cattedrale dedicata a Madre Teresa, la più grande chiesa cattolica del Kosovo, che sorgerà proprio davanti alla Facoltà di Lingue. L’opera sarà completata nei prossimi mesi, intanto ne è stata fissata l’inaugurazione per il 5 settembre, data di inizio dei festeggiamenti del centenario. A Don Lush, che con Ibrahim Rugova è stato fondatore del movimento pacifista per l’indipendenza del Kosovo, chiediamo quale sia in questo momento lo stato d’animo della popolazione locale. In un Paese dove, secondo gli ultimi dati forniti dal MPMS, il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali, il 45 % degli abitanti vive con 1,42 euro al giorno e un 15 % è nella povertà estrema con 0,93 euro giornalieri, viene da chiedersi quanto ci si possa appassionare ai dibattiti agitati dalla grande politica. Ad esempio, cosa pensano gli albanesi del Kosovo del verdetto della Corte di Giustiziadell’Aja, che il mese scorso ha espresso parere favorevole alla legittimità della dichiarazione d’indipendenza?La sua risposta è stata: “Per la gente del Kosovo, la cosa più importante è essere liberi e indipendenti. E soprattutto, sono pronti a perdonare e vivere insieme con i serbi. Questo è uno dei risultati più importanti della strategia Rugova”.
Di fronte a tanta pacata ma ferma sicurezza, non osiamo sollevare perplessità, mentre col pensiero rivediamo le segnalazioni stradali che dal confine con l’Albania conducono a Prishtina, dalle quali è stata sistematicamente cancellata la traduzione in serbo. Ma la fede deve essere qualcosa che, come il coraggio per Don Abbondio nei Promessi Sposi, se uno non ce l’ha, non se la può dare. Inquadrate in questa luce, le parole di Don Lush sembrano coincidere in pieno col messaggio di Madre Teresa che, nei suoi particolarissimi frammenti di un discorso amoroso, ha scritto che la medicina migliore è l’ottimismo. A chi le chiedeva quale fosse invece l’errore più grave, rispondeva “dorëzimi”, il darsi per vinti nelle difficoltà.