Oggi si celebra l’anniversario dell’esodo degli albanesi del Kosovo, ovvero quando durante la guerra in Kosovo del biennio 1998-1999 circa un milione di cittadini albanesi furono costretti dalle forze paramilitari serbe a trasferirsi in Albania e in Macedonia.
Oltre agli esiliati in Macedonia e in Albania, decine di migliaia di albanesi sfollati approdarono in Montenegro o scelsero di nascondersi tra le montagne kosovare.
L’esodo e l’espulsione degli albanesi con la violenza dalle loro case, culminò dopo l’inizio dei bombardamenti della NATO contro i punti militari e di polizia dell’ex Jugoslavia (Serbia e Montenegro).
Il 16 Aprile è per questo motivo il ‘Giorno dell’Esodo’, una giornata di ‘festa’ a Kukës e in altri paesi come segno di gratitudine e rispetto per tutti coloro che aprirono le porte di casa per ricevere ed accogliere i propri fratelli esiliati dal Kosovo.
I fatti storici
Il 24 Marzo del 1999 la NATO iniziò la campagna di bombardamenti contro la Jugoslavia che durò fino all’11 Giugno, con lo scopo di far rientrare gli esiliati albanesi in Kosovo.
L’esodo iniziò il 27 Marzo quando nel punto doganale di Morinë arrivarono i primi 187 profughi dal Kosovo, di cui la maggior parte donne e bambini in gravi condizioni di salute e mentale a causa delle violenze subite dalle forze militari serbe.
Inizialmente furono sistemati nel palazzo di cultura ‘Hasan Prishtina’; l’allora sindaco di Kukës, Safet Sula, tuttavia si appellò al senso civico dei cittadini chiedendo loro di offrire protezione e supporto ai propri fratelli esiliati dal Kosovo. La cittadinanza rispose alla grande, ospitando non solo i primi profughi ma anche tutti quelli che sarebbero arrivati in Albania nei giorni successivi: in media ogni famiglia della città di Kukës ha accolto in casa circa 14 albanesi del Kosovo.
Il primo concreto aiuto arrivò dal Ministero dell’Agricoltura, che inviò contingenti di alimenti (olio, farina, zucchero, pasta, riso, sapone, ecc..) per 2.500 persone al mese di media. Oltre all’alimentazione ci fu da risolvere il problema dell’igiene, che con il passare del tempo divenne uno dei principali: in questo senso aiutò molto l’ospedale di Kukës che effettuò circa 2.000 visite al giorno per evitare la diffusione di epidemie.
Gli eserciti filo-serbi continuarono ad attaccare anche l’area di Kukës fino a quando l’intervento della NATO non permise agli esiliati albanesi di poter rientrare senza problemi nelle loro città natale.