Il governo albanese – come riporta Balkan Insight – ha accordato mercoledì sera di coinvolgere la ’commissione internazionale per le persone scomparse (CIPS)’ per aiutare le autorità ad indagare su dove si trovino alcuni dei quasi 6.000 albanesi uccisi o scomparsi durante i 45 anni di governo comunista nel paese, andando alla ricerca dei loro resti per identificarli.
Il processo sta iniziando quasi tre decenni dopo la caduta del regime comunista, tra lo scetticismo sul fatto che sia troppo tardi e che finora i fondi siano insufficienti. L’UE ha concesso alla CIPS 450.000 euro per l’inizio dei lavori, fondi che copriranno la ricerca in due siti tristemente noti che si ritiene contengano vittime senza nome. Ci sono dozzine di siti di sepoltura sospetti in tutto il paese.
La CIPS, che ha lavorato con successo in diversi paesi post-conflitto come la Bosnia Erzegovina, ha aperto i negoziati con l’Albania nel 2010, dopo che un’indagine di BIRN ha mostrato come le famiglie delle vittime del regime comunista hanno faticato a trovare i loro cari mentre le autorità ignoravano le loro richiesta di fornire informazioni o aiuto.
Nonostante questo, ci sono voluti otto anni per raggiungere l’accordo, che non è ancora definitivo. Dopo l’approvazione da parte del consiglio dei ministri, infatti, l’accordo deve essere approvato dal parlamento prima dell’entrata in vigore.
La ricerca inizierà nel famigerato cimitero segreto conosciuto come Caserma 313 vicino a Tirana, dove decine di persone furono giustiziate o sepolte durante gli ultimi decenni del comunismo.
Secondo il reportage di BIRN, Jovan Plaku, figlio di un ingegnere petrolifero giustiziato nel 1976, scoprì una dozzina di resti umani mentre era alla ricerca di suo padre. Otto anni dopo, nessuno di quei resti è stato scoperto ed identificato.
La CIPS inizierà a raccogliere campioni di DNA dalle famiglie di coloro che sono scomparsi per abbinarli a quelli dei resti. Un altro sito di ricerca sarà un cimitero vicino a una raffineria di petrolio a Ballsh, nel sud dell’Albania. Si ritiene che il cimitero contenga resti di coloro che sono morti nel campo di lavoro costruito per servire la raffineria.
Dopo aver preso il poter nel 1945, il governo comunista utilizzò i prigionieri come manodopera a basso costo nelle miniere, nell’agricoltura e nelle costruzioni. Si è sempre rifiutato di consegnare i corpi di coloro giustiziati alle loro famiglie per un funerale decente. Coloro che morirono in prigione furono spessi sepolti nelle vicinanze di tombe non segnate.
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- BBC, Albania: Alla ricerca delle fosse comuni , 4 Novembre 2017