Un Paper pubblicato lo scorso giugno dall’International and Security Affairs Centre (ISAC), un centro di ricerca di politica serbo, si presta come cartina guida del pensiero politico e sociale che ha l’intento di rafforzare la collaborazione tra l’Albania e la Serbia, nella prospettiva dell’integrazione dei due paesi nell’Unione europea.
Scenario questo che ricorda l’accensione del “motore” tedesco-francese degli anni 1945-1959, e la successiva “normalizzazione” dell’Europa conseguita con l’effettiva unificazione europea. Lo scrittore francese Paul Valéry ci insegna che “la storia è la scienza delle cose che non si ripetono”. Perché la storia è solita tracciare nuovi sentieri, che nel caso dell’Albania e della Serbia, potrebbero concretizzarsi, prima di tutto, mettendo da parte divergenze storiche legate allo status del Kosovo, che in passato hanno interrotto rapporti diplomatici e creato inimicizie allargate a tutta l’area balcanica. Sarebbe consigliabile, considerando che la posta in gioco – come dichiarato dallo stesso Ministro degli Esteri serbo Jeremic – è che “la pace e la stabilità nella regione dipendono in larga misura dalle relazioni tra Serbia e Albania”. Il passato ruvido ha inizio, secondo l’analisi descritta nel Paper, dall’epoca ottomana fino alla sospensione delle relazioni diplomatiche nel 1999 durante i bombardamenti della Nato su Belgrado, ripristinati poi nel gennaio 2001. È dalle invasioni ottomane fino alla fine dei regimi comunisti che si crea la linea di demarcazione e di auto-identificazione delle comunità, sotto una competizione di storia, tradizione e interessi nazionali e alleati esterni diversi. A ciò si aggiunge la dissoluzione della Jugoslavia dopo il 1991 e il sorgere della politica su base etnica che hanno contribuito ad ampliare l’antagonismo tra serbi e albanesi. Il tutto si è aggravato dal conflitto in Kosovo, che, dopo la dichiarazione di indipendenza il 17 febbraio 2008 l’Albania è stato uno dei primi paesi a riconoscere l’indipendenza proclamata dal Kosovo, mentre Belgrado si oppone tutt’oggi. Ma i passi fatti sono evidenti. Proprio ieri, il primo dicembre, il Governo della Serbia ha annunciato l’eliminazione dei visti per l`ingresso dei cittadini albanesi in Serbia. Il decreto entra in vigore già da oggi, il 2 dicembre, ossia un giorno dopo la sua pubblicazione nella gazzetta ufficiale della Serbia. Potranno quindi entrare senza visti i cittadini della Repubblica di Albania che posseggono documenti di viaggio validi rilasciati dalle autorità albanese. È il compimento del primo passo già fatto ad aprile di questo anno, unilateralmente dal Governo albanese. E se “balcanizzare” diventasse sinonimo di “armonizzare”.
Le carte in tavola per il motore della collaborazione sono tante e cruciali per lo sviluppo dei due Paesi. ISAC, dal punto di vista serbo, ne elenca quattro: economia, energia e trasporti, minoranze, cultura; a cui però vanno aggiunte le priorità sull’Europa, e la sicurezza internazionale. Vediamoli in dettaglio.- Espansione economica. I due paesi hanno accordi di cooperazione bilaterale partiti nel 2004 con l’accordo di libero scambio, continuati nel 2005 con accordi su come evitare la doppia tassazione, sulla cooperazione economica e commerciale, quella nel settore del turismo, nonché il protocollo relativo alla cooperazione delle Camere di Commercio. Inoltre, nel 2006 entrambi sono divenuti membri della CEFTA (l’Accordo centroeuropeo di libero scambio). Ad oggi, gli interessi economici comuni sono in crescita e sotto diverse direzioni al fine di aumentare le loro performance economiche nella prospettiva del mercato unico europeo.- La sfera dell’energia. Legati dal transito di gas russo del Mar Caspio e dai progetti di petrolio in Europa (Pan European Pipeline e South Stream), i due Paesi si configurano come potenziali e interessati corridoi. Nel 2006 hanno firmato il trattato che istituisce la Comunità dell’energia del Sud-Est Europa, che in collaborazione con l’UE ha creato un unico mercato dell’elettricità e del gas naturale nel Sud Est Europeo. Inoltre, l’Albania è attualmente in fase di gassificazione del suo territorio e necessita di scambio di know-how e di cooperazione con gli esperti e le aziende serbe.- Terreno dei Trasporti. Dal 2004, i due paesi fanno parte del South East Europe Transport Observatory (SEETO), che è un’organizzazione di trasporto regionale con la partecipazione della Commissione europea. Inoltre i progressi sui due corridoi paneuropei nella regione: il decimo e l’ottavo, offrono una possibilità unica di stabilire collegamenti di trasporto, come mai prima nella storia, oltre a quelli sul turismo stabiliti dopo l’abolizione dei regime dei visti (non ancora compiuto per gli albanesi che entrano in Serbia). – Minoranze. Nonostante i progressi raggiunti, bisogna ricordare che le minoranze albanesi dei comuni di Presevo, Bujanovac e Medvedja (Serbia meridionale) – circa 61.647 rilevati nel 2002, sostengono la presenza di disservizi e discriminazioni nell’attività delle autorità serbe sul campo economico e sociale, oltre all’eccessiva militarizzazione della zona a causa dello status e delle relazioni con il Kosovo. Mentre in Albania, non si hanno informazioni sui diritti garantiti alla comunità serbo-montenegrina nella regione intorno alla città di Scutari e Vrakë, il cui numero è stimato dai 2.000 agli 8.000 persone (altre stime parlano invece di circa 30.000 persone), e manca un sistema di rappresentanza ufficiale a livello governativo e pubblico. – Cultura e vicinanza. È dal 2000 che varie istituzioni, gruppi artistici, teatri amatoriali ecc., hanno stabilito una cooperazione e un regolare scambio di contenuti culturali e coproduzione cinematografica, incluse iniziative a livello statale. Il Dipartimento per l’Albanologia (Studi albanese) presso l’Università di Belgrado ha una lunga tradizione in materia di lingua, letteratura e cultura albanese, e collabora con le Università di Scutari e Tirana. Uno scambio di conoscenze linguistiche basilare per una nuova e futura cooperazione. – Europa e l’europeizzazione. Priorità principale della politica estera dei due paesi è l’adesione all’Unione Europea, per cui l’europeismo è alla base del loro impegno a migliorare la cooperazione regionale. La Serbia ha –infatti – ricorso a tale opportunità con iniziative di politica estera per dimostrare di poter lavorare con tutti gli Stati regionali come futuri membri dell’Unione europea. – Sicurezza internazionale. Qui, a differenza dell’Albania, la Serbia ha dichiarato “neutralità militare” e non vede l’adesione alla NATO come priorità di politica estera, anche se è membro del programma NATO “Partenariato per la pace”, e ha lo status di osservatore nella Carta Adriatica (associazione tra Stati balcanici e USA che dal 2003 intende migliorare la cooperazione con la NATO). Comunque, entrambi sono membri a pieno titolo del Consiglio d’Europa, dell’OSCE, e dell’Organizzazione per la Cooperazione economica del Mar Nero (BSEC), e i prossimi obiettivi comuni in attesa di realizzazione sono gli accordi sulla cooperazione nella lotta contro il crimine organizzato, il traffico illegale internazionale di droga e il terrorismo internazionale.
Da marzo del 2010 quando i ministri degli affari esteri si sono incontrati a Belgrado, un incontro definito “storico” dal omologo serbo, l’Albania e la Serbia cercano di separare le divergenze di vedute sullo status del Kosovo, per sviluppare le relazioni in altri campi. L’Albania ha già abolito il regime dei visti con la Serbia e i cittadini albanesi che hanno un permesso di soggiorno nella UE e gli Stati membri Schengen possono transitare in Serbia entro i 5 giorni senza visto. Nelle aspettative del governo albanese è l’abolizione dei visti per i cittadini albanesi che vogliono entrare in Serbia. La cooperazione in politica estera avrebbe un effetto di ricaduta positiva per altri settori della vita pubblica e sociale, oltre a quella economica essenziale.
Come il “cuore” del corpo malato dell’Europa del secondo dopo guerra fu risanato dalla compartecipazione e collaborazione franco-tedesco, allo stesso modo, l’avvicina
mento pro-europeo tra Serbia e Albania guidati dagli interessi economici, e seguendo l’obiettivo di pace e stabilità nella regione, potrebbero dimostrare adeguate capacità di apertura, dialogo e una estroversa politica estera. Ciò significherebbe che la parola “balcanizzare”, sin oggi sinonimo di disordine, instabilità, e di condizioni che causano rottura, potrebbe acquisire un nuovo significato grazie a un armonica realtà di politica di collaborazione tra gli stati balcanici. Rimane solo da auspicare che tale voce arrivi a chi di dovere, spinta anche da una mentalità internazionale, seppur focalizzata su interessi nazionali.
IL PAPER: Novakovic I., Ðukanovic D., Petrovic Ž., “Serbian-Albanian Relations: State and Prespectives. A View from Serbia” , ISAC, giugno 2010.