Messaggio augurale del 1937 di Migjeni
Caro amico, di solito non scrivo auguri, né per Natale, né per Bajram (1), né in occasione di compleanni o altre feste del genere. Non li scrivo, perché gli auguri che si fanno in questi giorni si avverano soltanto all’un per cento, dal momento che sono quasi tutti frutto di ipocrisia.
E tutti lo sanno, ma continuano ugualmente a scrivere auguri. Finora non ho mai augurato buon anno nuovo a nessuno. Ma stavolta voglio comportarmi da persona per bene, e augurare ai miei amici un felice 1937.
Per prima cosa, caro amico, ti auguro sonni tranquilli: che le tue orecchie non sentano i gemiti dell’essere umano sotto il peso della propria croce, né le sue urla trionfanti. Che non avvertano i tuoni che arrivano dalla Spagna. Dolce sonno!
Che tu non senta accanto a te digrignare i denti dal freddo. Perché altrimenti dovresti domandare: o dente, perché urti l’altro dente e fai tanto rumore? E al posto del dente ti risponderebbe la lingua: perché fa freddo, signore, e quando fa freddo, il diavolo entra nel corpo, nei muscoli, nei nervi, signore, ed è per questo che tremano anche i denti. È troppo banale dirti che mancano indumenti, calzature, e fuoco, dunque: dolce sonno, caro amico.
In secondo luogo, dopo una bella dormita, ti auguro – com’è anche naturale – di essere felice, sempre felice. Di una felicità immensa, in pieno sentimento, di baciare le pareti di casa, come fa Greta Garbo nel film “La regina Cristina”, quando prova un amore animalesco (volevo dire divino, ma è lo stesso). Così felice, che il mondo ti invidi, e dica: oh, quant’è felice!
Di essere felice anche se d’altra parte il cuore ti si spezza, come i pagliacci. Felice al punto che la tua felicità dia speranza anche agli altri. Se la scrivania comincia a zoppicare, ridi. Se l’unica sedia che hai in casa va in malora e non hai più dove sederti, ridi.
Se non hai più fuoco e rimani al freddo, ridi. Se un giorno, tanto per dire, ti manca anche il pane, prendila a ridere, buttala in scherzo, e ridi, ridi. Anzi esci, vai ai crocicchi delle strade, e ridi, ridi, ridi, e il mondo proverà invidia e dirà: oh, quant’è felice! E quando verrà a casa e vedrà il motivo della tua felicità, il mondo si ricorderà di se stesso e comincerà a ridere, ihihihahaha. La malattia del riso contagerà tutti, e la gente, come scimmie, farà salti di gioia. E dunque ci auguriamo di trascorrere un 1937 felice, anche se patologicamente insani.
Millosh Gjergj Nikolla (Migjeni), nacque nel 1911 a Scutari e morì nel 1938 a Torre Pellice (Torino). Scrittore di versi e prose, è uno dei più noti intellettuali albanesi del Novecento.
(1) Bajram, La principale festività musulmana che segna la chiusura del Ramadan
(N.d.T.) Traduzione di Olimpia Gargano