Il Kosovo ha deciso che a nessun funzionario serbo verrà dato il permesso di entrare nei confini kosovari, come conseguenza delle provocazioni e dei comportamenti arrivati negli ultimi mesi da Belgrado.
Jetlir Zyberaj, consiglieri del ministro per gli affari esteri kosovaro – Behgjet Pacolli – ha spiegato con un post su Facebook che il ministero degli esteri ha preso questa decisione a causa delle minacce, degli accaduti nel nord del Kosovo e di altre questioni:
“A causa delle ‘minacce ibride’ che la Serbia sta avanzando al Kosovo, della costante propaganda, delle false notizie sul nostro paesi e suoi nostri cittadini, e degli ultimi sforzi volti ad inscenare una cosiddetta crisi umanitaria nel nord del Kosovo, minacciando la popolazione serba che vive lì e costringendola a chiudere le loro attività solo a causa degli obiettivi politici di Belgrado, il ministero degli affari esteri non permetterà a nessun funzionario di Belgrado di visitare il Kosovo e tutte le richieste saranno respinte fino al persistere di questa posizione.” – si legge nel post su Facebook di Zyberaj.
Tuttavia, stando a quanto riporta il quotidiano kosovaro Zeri, il primo ministro serbo – Ana Brnabić – ha dichiarato che questa notizia sarebbe falsa e che lei stessa avrebbe ricevuto questa conferma dal suo omologo kosovaro, Ramush Haradinaj.
Kosovo-Serbia: reazioni a catena
I fragilissimi rapporti tra Kosovo e Serbia si sono nuovamente incrinati lo scorso novembre quando il governo kosovaro ha imposto dazi sulle merci importate dalla Serbia per il 100% del loro valore. La decisione arrivò come conseguenza della mancata entrata del Kosovo nell’Interpol, che per il governo kosovaro fu il risultato delle pressioni dei serbi, contrari all’iniziativa.
Situazione che è successivamente degenerata negli ultimi mesi prima con gli scontri tra polizia kosovara e cittadini serbi della zona nord del Kosovo provocati dal raid ordinato dalla procura kosovara e finalizzato al contrasto della criminalità organizzata (tra cui anche agenti di polizia e doganieri), e poi con le dichiarazioni del primo ministro serbo, Ana Brnabić, che a fine maggio si era espressa così sul Kosovo:
“La mia paura è che dobbiamo affrontare la peggior tipologia di populisti, persone che provengono letteralmente dal bosco. Alcuni di loro sono terroristi che hanno commesso atrocità durante la guerra del Kosovo.”
Dal Kosovo, ovviamente, non sono tardate ad arrivare reazioni, nello specifico dal presidente Hashim Thaçi:
“Il linguaggio razzista utilizzato dal primo ministro della Serbia, un paese che ha commesso un genocidio e pulizia etnica in Kosovo, è un ulteriore prova dell’odio patologico dell’attuale governo serbo nei confronti dei cittadini del Kosovo.” – aveva affermato il presidente kosovaro.