Circa quattro anni fa il parlamento albanese approvava la legge nota come la “legge della decriminalizzazione”, che aveva come obiettivo l’allontanamento dei funzionari pubblici con un passato “criminale” dal parlamento e da altre istituzioni pubbliche.
Per molti esponenti della maggioranza parlamentare e dell’opposizione la legge è ancora necessaria, nonostante al momento della sua approvazione fosse stata ritenuta soltanto temporanea.
La storia della legge
Alla fine del 2015, il parlamento albanese – sotto la forte pressione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea – approvò la legge sulla garanzia dell’integrità dei funzionari eletti, nota come “legge della decriminalizzazione”. Un’iniziativa legale che era diventata indispensabile a seguito delle elezioni a livello parlamentare e locale di alcuni esponenti dal passato criminale.
La legge era sta ideata come temporanea e doveva colpire soltanto coloro che rappresentavano un problema nel processo decisionale politico dell’Albania dell’epoca. Tuttavia, oggi, la sua adozione continua ad essere necessaria; testimonianza – a parer degli esperti – di una mancanza di volontà politica.
“E’ molto interessante osservare come individui che hanno compiuto reati in passato abbiano il coraggio di candidarsi per posizioni d’alto livello e come riescano a vincere questi ruoli diventando i preferiti dei leader politici.” – ha affermato Afrim Kransiqi, politologo per la radio Voice of America
Fino ad oggi, più di un centinaio tra funzionari pubblici (sia a livello nazionale che locale) e candidati a posizioni pubbliche sono stati allontanati poiché avevano compiuto reati in passato.
Un’implementazione non perfetta
Tuttavia, come sottolineato da Krasniqi, alcune problematiche sono sorte con l’implementazione della legge:
“La legge prevede un fase di verifica intensiva: parliamo di migliaia di candidati per un brevissimo periodo di tempo. E’ impossibile che organi come la Procura, la Commissione Elettorale Centrale e gli altri, possano riuscire in questo perché non hanno i mezzi finanziari e il personale.
Come società civile abbiamo proposto alcune modifiche perché ci sono articoli nella legge che vanno in contraddizione e creano conflitti, come successo tra Procura e Commissione Elettorale Centrale.“- evidenzia Krasniqi.
Revisioni che sono necessarie anche per la direttrice dell’ufficio legale della CEC, Deshira Pashko:
“C’è bisogno di un cambiamento, in primis sulle scadenze. Il codice elettorale ha scadenze ristrette. 70 giorni prima delle elezioni si iscrivono i partiti, 50 giorni prima i candidati. Nel 2019 abbiamo avuto circa 10.000 candidati. Per un numero tale di candidati sono scadenze impossibili da attuare.” – sottolinea Pashko in riferimento alle verifiche necessarie da effettuare sui candidati.
Il processo di verifica dei funzionari pubblici avviene in ogni momento, anche dopo che lui o lei abbiano lasciato l’incarico. Quando ci sono indizi o dati che sollevano dubbi sull’integrità della persona, la CEC o altre istituzioni possono chiedere alla procura una verifica ancora più approfondita.
Il dibattito continua ancora oggi ad essere molto acceso soprattutto perché gli individui che hanno commesso reati all’estero non trovano ostacoli nel candidarsi né da parte della legge né da parte del loro partito. Ciò potrebbe essere evitato dalla verifica dei candidati da parte dei partiti stessi prima di ufficializzare le candidature.
“La legge prevede che il leader di un partito, al di fuori del periodo elettorale e quindi in ogni momento dell’anno, chieda al candidato un’auto-dichiarazione e alla procura una verifica sulla persona. Quella che è mancato, quindi, è stata la volontà politica di eseguire il processo.” – afferma Gazmend Bardhi, segretario generale del partito democratico.
La legge della decriminalizzazione rappresenta un modello unico nel continente, attraverso la quale la classe politica albanese vuole allontanare funzionari che essa stessa ha eletto o scelto per un determinato ruolo.
“E’ paradossale e quasi una vergogna per la nostra generazione lasciare oggi all’Albania una costituzione nella quale vi è la parola decriminalizzazione. Non c’è in nessun altro paese d’Europa. E’ un indicatore del degrado di questa classe politica e del prezzo che abbiamo pagato tutti noi per essa.” – conclude Afrim Krasniqi.