C’era una volta un re… Arrivò a Durazzo in sella ad un cavallo bianco. La gente uscì festante dalle case per applaudirlo. Lui, dall’alto, sorrideva o forse quello che aveva sul viso era un ghigno. Era Otto Witte.
Salutava con la mano, annuiva col capo, fiero, mentre l’andatura del suo cavallo faceva tintinnare le tantissime medaglie appuntate sulla sua divisa ricchissima di fregi, bottoni dorati e mostrine.
Fu re d’Albania per 5 giorni. Poi, scoperto l’inganno, lui e il suo aiutante di campo scapparono via dalla città.
La storia di Otto Witte
A Sankt Pauli, uno dei più popolari e fantasmagorici quartieri di Amburgo, fino agli anni ’50, la principale attrazione è stata a lungo, Otto Witte, un vecchio signore che viveva in una carrozza da circo. A frotte, tedeschi e stranieri, gli si avvicinavano e lui, con fare regale e compiaciuto, raccontava per l’ennesima volta la sua storia, ogni volta arricchendola di particolari pescati più dalla sua fantasia che dalla sua memoria.
E mentre si metteva in posa dinanzi alle macchine fotografiche, cominciava con quella volta che in Africa fu insignito dell’onorificenza di capo di una tribù di Pigmei, oppure con l’avventura di Addis Abeba, quando stava per fuggire via con la più bella delle figlie dell’imperatore d’Etiopia.
Otto Witte… professione: artista di circo ed ex re d’Albania
Poi… poi arrivava il suo pezzo forte. Tirava fuori dal taschino della sua consunta divisa un documento dei primi del secolo, rilasciato dalla polizia di Berlino. Era la sua carta d’identità, che faceva il giro delle mani dei curiosi, divertiti e dubbiosi turisti: “Otto Witte… professione: artista di circo ed ex re d’Albania”.
La storia, come la raccontava lui, ma non sappiamo se realmente tale, era più o meno questa.
Otto Witte nei Balcani
Correva il 1913 quando Otto ed il suo piccolo circo giravano di città in città i Balcani. L’arte di divertire e di stupire l’aveva imparata presto. Era poco più di un bambino e già faceva il domatore di leoni. Poi dinanzi al pubblico sempre diverso delle sue serate, con i grandi mustacchi neri che s’era fatto crescere come parte integrante del suo vestito di scena, inghiottiva spade e faceva giochi di prestigio. Dal suo cappello uscivano conigli e colombe…
Ma un giorno, proprio durante quella tournee nei Balcani, uscì una idea geniale e ardita.Un anno prima Ismail Qemal Vlora aveva proclamato l’indipendenza dell’Albania. E gli albanesi aspettavano con ansia che le grandi potenze designassero per loro un re, il loro primo re, dopo il grande Skanderbeg.
I leader musulmani del sud non nascondevano di preferire una soluzione che continuasse in qualche modo il legame con il vecchio e morente Impero Osmano: il loro candidato era Halim Eddine, un parente del Sultano.
Anche Halim Eddine aveva ampi baffi alla turca sotto il suo naso… e un collega di Otto Witte notò la somiglianza. “Sei proprio uguale a quel principe turco che forse sarà il re d’Albania…”, gli disse un giorno il suo collega Max Schlepsig, inghiottitore di spade pure lui.
Bastò questo alla mente di Otto: sorrise, ghignò, abbassò la testa assorto in un pensiero, la rialzò e sorrise ancora, quindi sparì nel suo carrozzone. Ricomparve dopo un po’ sul predellino, impettito e agghindato con la più variopinta e stravagante delle sue divise di scena, zeppa di medaglie.
Qualche ora dopo un soldato turco entrava di corsa nell’ufficio di Essad Pasha, il comandante della guarnigione ottomana di Durazzo. Aveva due telegrammi ed entrambi (apparentemente) giungevano da Costantinopoli. Il testo era lo stesso: “Il principe Halim Eddine sta giungendo in Albania ed assumerà il comando delle truppe lì di stanza”. Uno era firmato “Il Sultano”, l’altro “L’Alto Comando”.
E così fu. Qualche giorno dopo il principe comparve con un aiutante alle porte di Durazzo, entrambi montavano i due cavalli bianchi di un piccolo circo che aveva messo le tende in una cittadina dell’interno. La popolazione si riversò in strada per accoglierli e festeggiarli. Arrivarono al centro della città fra due ali di folla festante.
E lì Otto Witte diede il suo primo ordine da re. Chiamò Essad Pasha e comandò che fossero radunate tutte le truppe a disposizione. “Dichiarerò guerra al Montenegro e poi marceremo su Belgrado”. L’entusiasmo fu tale, che i capi albanesi proposero di procedere seduta stante alla proclamazione del nuovo re.
E così il principe Halim Eddine scelse di salire al trono d’Albania col nome di Otto I. Alla cerimonia erano presenti dignitari locali e ambasciatori e consoli stranieri. E nessuno lì per lì fece caso che mancava la delegazione di una potenza chiave nei Balcani, l’Austria-Ungheria.
Re Otto I regnò cinque giorni. Ebbe tempo per raccogliere le manifestazioni di fedeltà di molti capi dei clan del circondario ai quali distribuì a piene mani preziose monete d’oro. Ed ebbe la possibilità di passare momenti indimenticabili nel suo harem con 25 splendide fanciulle.
Ma il quinto giorno successe l’irreparabile. Un soldato turco tornò a fiondarsi nell’ufficio di Essad Pasha con un telegramma proveniente da Costantinopoli. Stavolta il vero Halime Eddine annunciava il suo arrivo in città. La truffa fu scoperta e il breve regno di Otto I di colpo cessò. Senza reclamare né rivendicare, Otto e Max, aiutati dalle ragazze dell’harem, uscirono dalla città e se la diedero a gambe. Nessuno seppe più nulla di loro in tutta l’Albania.

Ma qualcuno rifletté su quanto era accaduto. Chi aveva passato tutte quelle monete d’oro ad un prestigiatore da circo? E perché all’incoronazione mancavano gli austriaci? Da Vienna Alfred Rappaport, uno dei migliori diplomatici asburgici, responsabile dell’ufficio Albania al dipartimento per l’Oriente del ministero degli Esteri, aveva ordinato ai suoi a Durazzo di non farsi vedere, perché quell’incoronazione era una farsa e quei due comparsi a cavallo erano truffatori.
Ma forse fu proprio Rappaport da Vienna ad organizzare tutto e a passare a quei due il tesoro necessario all’impresa. Il risultato del breve regno di Otto I fu l’ultimo disastro diplomatico dei turchi: la figuraccia fu tale che mai più si parlò di un principe ottomano a capo degli albanesi. Ed il vero Halime Eddine non viaggiò mai verso Durazzo.Un anno dopo giunse invece il Principe di Wied. Governò più a lungo, sei mesi. Ma si divertì decisamente meno di Otto.
Per tanti anni Otto Witte ha raccontato questa storia ai suoi incuriositi e scettici visitatori, divertendosi lui stesso. Non si è mai capito quanto di vero e quanto di fantastico ci fosse in questa fantastica storia.
Di certo, ancora oggi c’è una tomba nel cimitero Ohlsdorf di Amburgo su cui una lapide dice: “Otto Witte, ex Re d’Albania”.
(Liberamente tratto da un articolo del Time del 1958, liberamente reperibile in internet)
Articoli di giornali che parlano di Otto Witte

Otto Witte could neither read nor write, but he became…
“King” of Albania for five days – By a Hoax