Il 24 gennaio 1844 nasceva a Valona, Ismail Qemali l’uomo che avrebbe segnato la storia dello stato albanese. Qemali guidò il Movimento nazionale nella proclamazione dell’Indipendenza e la secessione dall’Impero Ottomano avvenuta il 28 novembre 1912.
A capo dell’Assemblea Costituente di Valona ed eletto da questa Primo Ministro del governo provvisorio, Qemali gettò le basi dello stato di cui oggi sono eredi i cittadini del Paese delle aquile. Per via di un contesto politico a lui avverso, diede le dimissioni a gennaio del 1914, ma continuò ad impegnarsi per la questione albanese fino a quanto si spense a Perugia il 24 gennaio 1919.
Noto alla stampa italiana già all’inizio del ‘900 per essersi allontanato dall’Impero Ottomano di suo volontà in aperta contrapposizione con il Sultano Abdul Hamid, Ismail Qemali viaggiava spesso anche in Italia e aveva relazioni anche con uomini politici italiani ed europei.
AlbaniaNews ha intervistato Darling Vlora, bisnipote di Ismail Qemali per parlare di questa figura storica, del suo contributo per lo stato albanese e dei suoi rapporti con l’Italia. Darling ha allestito in Italia anche due mostre fotografiche su Ismail Qemali. La prima a Sirtori nel 2009 in occasione del 165° anniversario della nascita, la seconda a Parma, lo scorso novembre nell’ambito della Settimana di Cultura albanese. Inoltre, nel 2008 ha curato la pubblicazione di Ismail Qemali “L’Albania e gli albanesi” (Shqiperia dhe shqiptaret), edita in lingua albanese e inglese.
Chi è Ismail Qemali per Darling Vlora?
Ismail Qemali, ossia Ismail Qemal Bej Vlora, è un mio antenato. Mio nonno paterno, Qamil bey Vlora, era uno dei figli di Ismail Qemali. Quindi, in linea maschile, sono suo bisnipote.
Che ruolo ha Ismail Qemali nella storia dello stato albanese?
Mi viene in mente un’espressione di Roberto Cotroneo sul grande artista genovese Fabrizio De André: “L’architetto De André si serviva degli ingegneri perché i conti tornassero, ma il disegno era suo”. Ismail Qemali era l’architetto dell’Indipendenza albanese, il Padre della Nazione e il fondatore dello stato albanese. È il parere del popolo, di chi l’ha conosciuto e dei patrioti che hanno risposto al suo appello sostenendolo in quel grande evento nazionale.
Dhimitër Zografi, uno dei delegati dell’Assemblea Nazionale di Valona che accompagnò Ismail Qemali da Trieste a Valona e insieme agli altri patrioti ha firmato l’Atto dell’Indipendenza, scrisse: “Quali meriti ha Ismail Qemali per l’Albania, quale onore gli va riservato e dove va nominato il suo nome, potrà giudicarlo solo chi sa e ha visto le sue opere”. Qazim Kokoshi, un altro dei firmatari dell’Atto d’Indipendenza, il 12 febbraio 1919, nella cerimonia mortuaria del “Padre della Nazione”, come chiamava lui Ismail Qemali, si rivolse ai presenti, molti dei quali avevano partecipato alla proclamazione dell’Indipendenza, ricordandoli che loro erano “La storia viva della nuova Albania, ma il fondatore e il primo eroe di questa storia è Ismail Qemali”. Ecco, chi è Qemali nei ricordi di due dei firmatari dell’Atto dell’Indipendenza, per non citare altri come Ferid Vokopola, Mustafa Kruja, Liugj Gurakuqi, Rexhep Mitrovica e tutti lo riconoscono come “Padre della nazione”.
Ismail Qemali è stato al servizio dell’Impero Ottomano per 50 anni. È uno dei primi liberali ottomani e nel 1909 fondatore e Presidente del Partito Liberale. Anche il suo impegno tra le correnti progressiste dell’Impero è antecedente rispetto a quello nel movimento nazionale albanese. Cosa spingeva Qemali ad essere liberale: la maggior autonomia delle province albanese oppure la sua coscienza da statista ottomano?
Ultimamente ho percepito come una sorta di critica il fatto che Ismail Qemali è stato al servizio dell’Impero Ottomano. Ed è una posizione completamente sbagliata. Il suo servizio nell’Impero coincide con il periodo storico in cui l’Albania ne faceva parte, pertanto Qemali non ha servito ad essa ma al suo paese. Si è impegnato dall’età di 16 anni nell’Amministrazione ottomana che a quei tempi era guidata da statisti riformatori come Mit’hat Pascià, Fuad Pascià e Ali Pascià. Ismail Qemali si è distinto per le sue idee liberali e riformiste, e la sua attività va considerata come strettamente legata al suo impegno a favore dell’Albania. Dal 1864, Qemali partecipa ad Istanbul alle riunioni per la fondazione di una società culturale nazionale per l’apertura delle scuole in lingua albanese e lo sviluppo della letteratura albanese.
Come uomo lungimirante, Ismail Qemali era convinto che il rafforzamento dell’Impero era utile anche al suo paese. Qemali collaborò con Mit’hat Pascia per la stesura della prima Costituzione ottomana emanata nel 1876. L’articolo 108 di questa costituzione, prevedeva che “l’amministrazione delle province si fonda sul principio del decentramento”. Una delle idee di Mit’hat Pascia, su suggerimento di Ismail Qemali era anche la formazione di un Vilayet (provincia) albanese.
Siamo a due anni dalla Lega di Prizren e a quasi 40 anni dalla proclamazione dell’Indipendenza. Sfortunatamente Mit’hat Pascià fu arrestato, la Costituzione fu sospesa fino al 1908 e lo stesso Ismail Qemali fu confinato. Dopo che gli è stato concesso di tornare ad Istanbul, constatando la posizione ferma del Sultano sulle riforme, Qemali ha deciso di allontanarsi dall’Impero nel 1900 per dedicarsi interamente alla questione nazionale albanese. Nella lettera che scriveva al Sultano dalla nave inglese che l’avrebbe portato in Europa, c’è anche una frase che vale la pena menzionare: “Il mio reato contro la patria è l’amore verso esso”.
Sami Frashëri oppure Semsedin Sami, è una di quelle figure storiche considerato dalle storiografie albanese e turca uno dei padri dei rispettivi nazionalismi. Come viene visto Ismail Qemali dalla storiografia turca di oggi?
La maggior parte (per non dire quasi tutti) degli attivisti del movimento nazionale albanese hanno servito nell’amministrazione ottomana senza mai dimenticare la loro patria. Come Sami Frashëri ha servito con il suo impegno la conoscenza e la cultura di tutte le nazionalità componenti l’Impero Ottomano, anche Ismail Qemali ovunque ha servito si è distinto come un assertore della conoscenza e del progresso. Ancora oggi, nei posti in cui è stato governatore viene ricordato con rispetto per il suo impegno nell’apertura delle scuole e contro la discriminazione razziale e religiosa. Inoltre, è ricordato con rispetto come un politico liberale, tra i primi dell’Impero. Ultimamente, le sue memorie sono state pubblicato anche in lingua turca e anni fa è stata fatta anche una pubblicazione con i suoi discorsi al Parlamento ottomano.
Rispetto ad altre figure, Ismail Qemali sembra essere molto attivo nel Movimento nazionale albanese soprattutto negli anni antecedenti la Rivoluzione dei Giovani Turchi. Come si spiega questo “ritardo”?
È giusto, sembra essere molto attivo nel Movimento nazionale soprattutto negli anni antecedenti la Rivoluzione, ma in verità non è cosi. Tutta l’attività di Ismail Qemali è strettamente legata con le sue origini, con l’amore per la patria, la storia del suo paese e della sua famiglia. Erano questi fattori che insieme all’intelligenza e alla sua formazione rara, hanno creato l’uomo di stato liberale che, come dichiarato da lui stesso, voleva servire a tutte le nazionalità componenti l’Impero attraverso il suo rafforzamento. Quindi andava anche oltre la dimensione nazionale. E se parliamo di un suo “ritardo” prima del 1900, non dobbiamo dimenticare che è stato confinato dal 1877 al 1884 e, come sostengono gli storici albanesi Luarasi, Xoxi e Naska, il Sultano lo tenne lontano da Istanbul anche dopo, proprio per impedire che si dedicasse al Movimento nazionale albanese.
Nell’ultima mostra che hai allestito a Parma su Ismail Qemali, in collaborazione con l’Associazione Scanderbeg, mi ha fatto impressione una foto del 1908, anno in cui Ismail Qemali rientra in Albania e viene eletto deputato al Parlamento ottomano. La carrozza di Qemali viene portato in braccio dai cittadini di Valona, e nella didascalia della foto veniva precisato “dal porto al centro della città”. Era cosi amato a Valona?
Ismail Qemali era nato a Valona e la sua famiglia ha guidato il Sangiaccato di Valona sin dal 1480. Anche se ha lasciato Valona da piccolo ha sempre mantenuto i legami con la sua città. Gli albanesi che andavano ad Istanbul trovavano sempre il suo sostegno. All’epoca, era considerato il rappresentante più noto dei Vlora. Subito dopo il ripristino della Costituzione da parte del Sultano nel 1908, il popolo di Valona gli ha richiesto di rientrare in Albania, inviandogli un telegramma. E il suo ritorno si trasformò in una manifestazione popolare. Una delegazione di 39 persone era andato ad aspettarlo a Corfù. Invece al Porto di Valona erano usciti per accoglierlo tutti. In suo onore, furono letti discorsi patriottici e sparati colpi di cannone in città e al porto. Per esprimere la sua gratitudine e il suo rispetto, il popolo di Valona liberò i cavalli della sua carrozza, portandola in braccio per circa due chilometri fino a centro città.
Nella memoria della famiglia Vlora, gli albanesi hanno conquistato l’indipendenza oppure è stato il risultato della politica ottocentesca protratta nel ‘900 e basata sull’equilibro tra le grandi potenze e la compensazione dei vincitori?
Secondo il mio parere, ma anche basandomi sulle “Memorie” di Ismail Qemali e di altri cittadini di Valona, gli albanesi hanno conquistato e meritato l’Indipendenza. Il 28 novembre 1912 era l’incoronazione delle guerre secolari del nostro popolo. Coloro che sostengono che l’Indipendenza è stato un “dono” della politica europea oppure una sua scelta, non fanno altro che denigrare l’opera e i sacrifici dei nostri patrioti e l’impegno degli albanesi per l’Indipendenza. Ovviamente, durante la Prima guerra balcanica, quando gli albanesi proclamarono l’Indipendenza, c’erano forti contraddizioni tra le Grandi Potenze dell’epoca che per salvaguardare gli equilibri tra loro hanno pensato non di creare ma di sostenere un’Albania indipendente. Ed è qui la differenza.
Ismail Qemali durante il suo viaggio nelle capitali europee tra ottobre e novembre del 1912 a difesa della questione nazionale, è riuscito a convincere la Grandi Potenze di sostenere l’azione degli albanesi e quanto ottenuto dalle contraddizioni e gli interessi delle Grandi Potenze, va considerato come un risultato senza precedenti. Quindi non è anche questa un’altra vittoria? È fuori discussione che l’indipendenza dell’Albania era anche nell’interesse dell’Europa. Il 2 aprile del 1913, in un intervista a Ismail Qemali, pubblicata in prima pagina sul quotidiano “Il Giornale d’Italia”, il giornalista Benedetti scriveva: “la causa della pace deve molto a quest’uomo che ha avuto il compito storico più difficile per le lotte diplomatiche che egli ha dovuto sostenere. Gli sarebbe stato facile di mettere l’Europa sottosopra”.
Ismail Qemali viaggiava spesso anche in Italia. Già all’inizio del ‘900, alcuni quotidiani italiani li hanno dedicato la prima pagina. Quali sono i suoi legami con l’Italia?
Sì, Ismail Qemali viaggiava spesso in Italia, fermandosi a lungo in città come Roma, Milano, Napoli, San Remo. Inoltre, aveva creato rapporti personali con molte personalità italiane dell’epoca, tra i quali il Marchese di San Giuliano che successivamente, proprio prima dell’Indipendenza, divenne Ministro degli Esteri. Le idee di Qemali sul futuro dell’Albania e dei rapporti tra l’Albania e l’Italia, le troviamo nelle interviste rilasciate alla stampa italiana dell’epoca, spesso pubblicate nelle prime pagine di quotidiani prestigiosi. Anche se con gli statisti inglesi aveva rapporti e amicizie più forti, per quanto riguarda il futuro dell’Albania, voleva trovare il sostegno principale dell’Italia. Qemali ha creduto fino in fondo nell’aiuto sincero dell’Italia e ha fatto l’impossibile per attirare l’attenzione del governo e degli industriali italiani per collaborare con l’Albania.
E cosa scrivevano i quotidiani di Ismail Qemali?
Sono tanti articoli, apparsi in periodi diversi ma posso leggervi una descrizione di Ismail Qemali in un articolo pubblicato in seconda pagina sulla Stampa del 30 novembre 1912, due giorni dalla proclamazione dell’Indipendenza:
“Nell’attesa degli avvenimenti che, inevitabilmente, seguiranno l’avvenuta proclamazione dell’autonomia albanese, la curiosità è rivolta all’uomo che si è posto a capo del movimento, giunto ora alla sua conclusione, cioè: Ismail Kemal Bey, Presidente del Governo provvisorio.
Ismail Kemal Bey non è ignoto in Europa, e specialmente in Italia. Il suo amore per la terra natale gli valse più volte la persecuzione di Abdul Hamid, ed infine l’esilio. La rivoluzione dei Giovani Turchi lo trasse dal suo operoso rifugio di Parigi. Egli credette ad un rinnovamento della Turchia trasformata in una Confederazione di nazionalità, con pari diritti, come la Svizzera e l’Austria.
La storia degli ultimi tre anni rese ad Ismail Kemal Bey giustizia. Ma prima che lo sfacelo della Turchia si compisse, prevedendo la sorte minacciata al suo paese, corse a Roma ed a Vienna, in difesa dei diritti albanesi, poi passò a Durazzo ed a Valona, dove la Dieta degli Albanesi lo ha nominato Presidente del Governo provvisorio. Ismail Kemal Bey è un bel vecchio, alto di statura, roseo di carnagione, con gli occhi chiari, vivacissimi, barba candida. Figura distinta, veste all’europea, generalmente con una irreprensibile «redingote». Mente colta, parla speditamente cinque lingue, comprende l’italiano, ma lo parla con qualche difficoltà. È al corrente delle questioni internazionali e conosce personalmente i principali uomini politici di Europa”.
L’Italia è anche il paese in cui Qemali si è spento il 24 gennaio 1919, come sostengono in molti “in circostanze poco chiare”. Perché si trovava in quel periodo in Italia e può esserci stato un complotto nei suoi confronti?
L’ultima volta, Ismail Qemali si è recato in Italia il 9 dicembre 1918 e si è spento a Perugia il 24 gennaio 1919. Al termine della Prima Guerra mondiale, la questione dei confini dell’Albania sarebbe stata discussa di nuovo alla Conferenza di Pace. Gli interessi dell’Italia sull’Albania erano ancora molto presenti e il governo italiano invitò a Roma Ismail Qemali per coordinare le posizioni.
All’epoca, Ismail Qemali si trovava in Spagna ed era stato eletto dalla comunità albanese degli Stati Uniti come loro rappresentante in Europa in difesa della questione nazionale. Il 23 gennaio 1919 mentre aspettava a Perugia, Ismail Qemali ha subito un’emorragia celebrale e nonostante le cure è morto il giorno dopo. Ci sono pareri diversi sulla sua morte che è coinciso con un momento molto delicato per la questione nazionale e il suo appoggio era molto importante. Sicuramente come rappresentante della questione nazionale aveva anche nemici, e quindi non è escluso che ci sia stato un complotto contro di lui da circoli antialbanesi.
Un altro dato di fatto che fa impressione è la demolizione del cimitero della casata dei Vlora da parte del regime comunista? In che anno è successo e come mai?
Dal 1500, anno in cui presso la Fortezza di Kanina è stato sepolto Sinan Pascià, Gran Vizir dell’Impero Ottomano, conosciuto come fondatore della Casata dei Vlora, anche gli altri membri della famiglia sono stati sempre sepolti lì. Il luogo si è trasformato in un cimitero familiare maestoso. Tra gli antenati di spicco, c’era anche un altro Gran Vizir: Ferid Pascià Vlora.
L’odio dei comunisti verso le grandi famiglie non conosceva limiti e per far sparire ogni traccia, hanno distrutto il cimitero dei Vlora nei primi anni dopo la liberazione. Invece nel 1980 hanno aperto anche la barra di Ferid Pascià e il suo corpo imbalsamato, a quasi 70 anni dalla sua morte, l’hanno gettato via. Oggi, non vi è rimasto nulla, ad esclusione del sepolcro di Sinan Pascià. La sua maestosità esiste sono nelle foto per dimostrare il crimine e la distruzione del comunismo.
Sembra che sei stato il primo ad avere allestito mostre fotografiche su Ismail Qemali sia in Albania che all’estero. La prima addirittura negli ambienti di casa tua a Sirtori, in occasione del 165° anniversario della sua nascita che poi coincide con il 90° della sua morte. Non voglio essere scortese, ma sembra che la memoria storica di un uomo di stato come Ismail Qemali in Albania sia una questione di famiglia. È cosi?
È vero che sono stato il primo ad allestire una mostra fotografica dedicata interamente a Ismail Qemali. Ho organizzato la prima negli ambienti di casa mia. Si trattava più di una cerimonia privata in cui tra gli ospiti invitati c’era anche il Console albanese a Milano, Spartak Topollaj. Successivamente, con il sostegno dell’Associazione Scanderbeg di Parma, durante la Settima di Cultura albanese che è coinciso con l’anniversario dell’Indipendenza albanese, abbiamo organizzato un’altra mostra dove ho presentato alcune foto e articoli della stampa italiane sull’opera di Ismail Qemali. Non penso che la memoria storica di un uomo di stato, tanto meno quella di Ismail Qemali, deve rimanere o trasformarsi in una questione di famiglia. Di volta in volta, come da ogni parte, ci sono momenti antinazionali, denigranti, di indifferenza, ma sono transitori. Nella memoria storica il nome e la figura di Ismail Qemali è stato scalfito in modo indelebile, perché il suo nome è legato eternamente con l’evento storico più importante, la proclamazione dell’Indipendenza e il popolo, colui che ti rende immortale, ha scritto di lui: “Io sono Ismail Qemali, e la storia mi segue”.
Indubbiamente, è compito degli storici di scrivere la storia dell’Albania e delle sue figure nazionali e, nel secondo caso, anche compito dei familiari aiutarli. Ma quando gli storici si occupano di politica e scrivono la storia a suo servizio, oppure tacciono, allora il compito degli eredi è quello di raccontare la storia dei loro antenati. In questo caso, ho dato il mio contributo con quello che posso e mi impegnerò a farlo sempre. A prescindere dai legami famigliari, di cui vado fieri, non vedo più Ismail Qemali sotto questo aspetto. Sicuramente l’origine è un elemento in più che mi spinge a contribuire per far luce ancora di più sulla sua opera, ma per me oramai è una figura storica, che come tante altre, le generazioni di oggi e domani devono conoscere per averle sempre come punti di riferimento.
Quale il prossimo obiettivo nel tuo impegno di “rendere giustizia” alla memoria storica di Ismail Qemali?
Dopo essere stato in Kosovo lo scorso ottobre, insieme al Prof. Eqrem Zenelaj, che dalle ricerche negli archivi austriaci ha trovato molti documenti interessanti, importanti e fino ad oggi sconosciuti sulla famiglia Vlora, vogliamo lavorare sulla genealogia e la storia della famiglia Vlora. Quindi sarà un lavoro che farà luce non solo sull’opera di Ismail Qemali ma anche su altre personalità di questa famiglia che hanno reso onore alla nazione albanese, una storia fino ad oggi finita nel dimenticatoio.
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