“Occorre conoscere le ferite di un paese, della terra sulla quale esso si estende. Occorre sentire il suo fiato corto – forse un tempo, lungo. Occorre connettere i tempi sconnessi – ricordando, narrando e rammendando pezzi di storia, di pelle e di memoria. Ed è per questo che servono gli scrittori. Occorre udire l’eco delle montagne, ciò che si tramandano. Occorre seguire dal sorgere dei fiumi fino al fluire dei mari – la voce dei poeti, perché sono loro che risvegliano le coscienze, sono loro a farci luce nell’ oblio buio.”
Il mio breve viaggio tra queste righe (non amo scrivere lungo), non vuol essere un consiglio di lettura, (perché credo che un buon lettore sa ben scegliere da solo), ma vuol essere una piccola freccia che vi invita a svoltare verso una nuova contrada e, sostare tra le pagine di grandi autori (senza grande editoria) – della letteratura albanese.
1. Cresce dentro di me un uomo straniero
di Gëzim Hajdari – Edizioni Ensemble 2020
“Si apre una contraddizione in chi affronta la lettura di questo contributo che Gëzim Hajdari offre alle nostre lettere, e non solo: la certezza di punti fermi, la caparbietà di un progetto a lungo termine, l’ostinazione a credere in valori millenari filtrati dalla invenzione scritta, pure a fronte di un mutamento epocale di paradigma, che tutto appiattisce, frammenta, disconosce e distrugge, proprio a far capo dallo status che l’autore porta, esibisce, coltiva: quello di esule, migrante, rifugiato, altro e diverso. Una condizione fluida e bloccata che i suoi testi poetici ribadiscono ad ogni strofa, essendo ormai l’esperienza di fuggitivo e sradicato divenuta elemento sostanziale del suo vissuto e del suo immaginario, vittima (come vedremo) con molti altri intellettuali “stranieri” di una tacita e sistematica espulsione”
Gëzim Hajdari è uno dei maggior poeti contemporanei, una delle voci poetiche più significative dei nostri tempi. Nato nel 1957 ad Hajdaraj, un piccolo paesino collinare di Lushnje, da una famiglia di ex-proprietari terrieri, i cui beni furono confiscati dalla dittatura di Hoxha. Ha studiato all’Università “A. Xhuvani” di Elbasan ed a ”La Sapienza” di Roma. Nell’inverno del 1991 Hajdari è tra i fondatori del partito Repubblicano e viene eletto segretario provinciale di Lushnje. Più tardi, nelle lezioni politiche del 1992, si presenta come candidato del P.R.A. al parlamento. Nel corso della sua intensa attività di giornalista di opposizione, denuncia pubblicamente e ripetutamente i crimini, gli abusi e le speculazioni della vecchia nomenclatura di Hoxha e del recente regime di Berisha. Anche per queste ragioni, a seguito di ripetute minacce subite, è costretto, nell’aprile del 1992, a fuggire dal proprio paese. Si divide faticosamente tra conferenze e lezioni interculturali presso le Università, i Licei e le Associpaesi. Ha portato la sua poesia in vari paesi del mondo, ma non più in Albania, dove la sua opera viene ignorata volutamente. Bilingue, scrive in albanese ed in italiano. Ha scritto libri di viaggio e saggi, ha tradotto in albanese e in italiano vari autori. È vincitore di numerosi premi letterari. Ė presidente del Centro Internazionale Eugenio Montale. Dirige la collana di poesia “Erranza” per l’editore Ensemble di Roma. Le sue opere sono tradotte in varie lingue.
2. Confessione senza altari
di Visar Zhiti – Diana Edizioni 2012
“Niente, nemmeno la prigionia, può fermare la libertà che sta nei versi di un poeta. Quando poi questi versi riescono a cogliere verità acute e profonde che, solo occhi sensibili sanno cogliere, allora ci troviamo davanti a pura Poesia. “Confessione senza altari”, è proprio questo: una pura poesia che ci ricorda che l’amore, sentimento che muove più degli altri i nostri ingranaggi, si può trovare ovunque e ci può far rimanere vivi anche nei momenti di massimo decadimento o scoramento. Quando anche nel fango e nella prigionia ti rendi conto che può regnare tanta struggente beltà, fatta di sogni, desideri e libertà che non possono essere celate o vietate, allora lì ti rendi conto che perfino nell’Inferno può esserci speranza per i peccati e gli errori umani. Questo è il messaggio più profondo che emerge dalla poesia di Visar Zhiti”
Visar Zhiti è nato a Durrës (Durazzo) nel 1952. Laureato in letteratura, esordisce giovanissimo con le sue poesie sulle più prestigiose riviste letterarie albanesi di quei tempi. Insegna a Kukës, citta confinante con Kosovo. Nel 1979 viene condannato «per agitazione e propaganda contro lo Stato», a dieci anni di carcere che scontò in lavori forzati nelle miniere e nei gulag albanesi. La sua poesia danneggiava la “linea del Partito”. Ottenuta la libertà, nel 1987, poté lavorare solo come operaio. Nel 1990, iniziati i primi movimenti che portarono successivamente alla caduta del regime, partecipa alla formazione del movimento democratico, nel 1996 viene eletto deputato in Parlamento. È stato anche Ministro consigliere per la Cultura presso l’Ambasciata albanese a Roma.
In Italia ha pubblicato le raccolte di poesie “Dalla parte dei vinti”. “Croce di carne” e “Passeggiando all’indietro” , entrambi tradotti da Elio Miracco. È stato tradotto anche in greco, macedone e rumeno; è presente in antologie francesi, inglesi e tedesche. Ha ricevuto in Albania nel 1993 il Premio Nazionale per la poesia e nel 1995 il premio Velja, in Italia il premio per la Poesia Leopardi d’Oro nel 1992 e il premio Ada Negri nel 1997. È membro dell’Accademia Internazionale delle Arti “Alfonso Grasso” di Salerno.
3. Verginità rapite
di Ismete Selmanaj Leba – Bonfirraro 2015
La storia del romanzo inizia negli ultimi giorni del 1979. Il potere del dittatore Hoxha raggiunge il suo apice, e la popolazione è ridotta alla fame e alla miseria. Chiunque osasse opporsi al regime o denunciare gli abusi di potere viene maltrattato e deportato nelle zone più remote del paese. È per questo che Mira, una ragazzina di soli 15 anni, preferisce passare sotto silenzio la violenza subita dal segretario del Partito della scuola, il compagno Estref… Terrorizzata all’idea della sorte che sarebbe toccata a lei e alla sua famiglia se avesse osato denunciare, Mira tace e si porta dietro il codazzo strisciante delle malelingue, quasi fosse lei la peccatrice, l’imputata. Mira sceglie, però, di non piegarsi al dolore, di non lasciarsi morire, ed inizia lentamente a lottare, a risalire la china: diventa un pediatra stimato in tutta l’Albania e si impegna a realizzare una rete di mutuo soccorso, una struttura di accoglienza – la casa di nonna Zara – nella quale trovano asilo le donne che, come lei, sono state usurpate nella vita e nella dignità. Nel romanzo, si trova una frase evocativa, lo stendardo delle lotte in cui, oggi, le donne sono impegnate, detta proprio dal compagno Estref: Mira è una donna che mette le ali alle donne…
Ismete Selmanaj è nata a Durazzo, in Albania. Nel 1991 si laurea all’Università di Tirana presso la Facoltà di Ingegneria Edile, ma la passione per la letteratura, la accompagna passo dopo passo, sin da bambina. Si trasferisce in Italia dopo la crisi che colpisce l’Albania nel 1992, stabilendosi in provincia di Messina. È “Verginità rapite” a segnare il suo esordio in lingua italiana e, insieme al secondo romanzo “I bambini non hanno mai colpe” vengono inseriti nella cattedra della “Cultura e Letteratura Albanese” presso l’Università di Palermo. Vincitrice di tanti premi e riconoscimenti letterari, del Concorso Internazionale letterario “Uniti per la legalità” 2020 e del Premio Internazionale Books For Peace 2020. È nota per la sua inclinazione nell’affrontare temi sociali e legati all’immigrazione.
4. Ognuno impazzisce a modo suo
di Stefan Çapaliku – Lubrina-LEB Editore
La vita di una famiglia in una città della provincia albanese, dagli anni Sessanta alla morte del dittatore Enver Hoxha nel 1985. Mentre vige l’ateismo di stato, arrivano i primi televisori con antenne rivolte verso l’Italia e la Jugoslavia. Gli americani, tanto odiati dal regime comunista, effettuano il primo allunaggio della storia. La conversione di Cassius Clay all’Islam divide cattolici e musulmani, in un paese in cui il pugilato e la religione sono entrambi proibiti. I giovani vengono uccisi mentre cercano di attraversare il confine. L’installazione di un disturbatore di frequenze costringe gli spettatori a guardare solo la televisione di Tirana. Un sistema che voleva essere eterno, inventore del Nuovo Uomo, è durato solo quarant’anni: un breve scatto nella Storia. Non è una storia di ‘eroi’, è un punto di vista personale su una realtà vissuta in prima persona. L’autore già nelle prime pagine ci avverte: “È possibile che i miei ricordi partano proprio da un carcere?! Ma sì, succede, non c’è niente da fare. Alla fine, la memoria stessa non è una prigione?
Stefan Çapaliku è nato a Scutari nel 1965. Nel 1988 si è laureato in Filologia all’Università di Tirana. Continuò i suoi studi in Italia, Repubblica Ceca ed Inghilterra. Dal 1993 al 1998 è stato professore all’Università di Scutari. Dal 1998 al 2005, Direttore Generale – Direzione del libro e della lettura presso il Ministero della Cultura. Dal è 2005 ricercatore presso l’Accademia degli Studi Di Albanologia a Tirana. Si occupa di teatro. I suoi testi teatrali e le sue innumerevoli esibizioni sono stati presentati in tanti festival nazionali ed internazionali, durante i quali ha ricevuto premi di riconoscimento.
Stefan Capaliku e’ stato proclamato dal Ministero della Cultura e da altre istituzioni come il miglior Drammaturgo albanese degli ultimi tempi.
Ha partecipato a diverse residenze letterarie in: Stati Uniti, Austria, Francia, Croazia e Bulgaria. Ha pubblicato libri di poesia, saggi e romanzi, tra i quali:”Nient’altro di quello che e’ successo”, “Letteralmente”, “Chronicle in the East”,”Ognuno impazzisce a modo suo”, “Fishta satirico”, “Guida di Geografia e Sociologia nella letteratura albanese”,”La letteratura interpretata”,”Un singolo in Europ” “Estetica moderna”,
“Cinque dramme e un corno inglese” , “Allegretto Albania”, “Cinque commedie”,”Tre dramme”.
Tante delle sue opere sono state tradotte e pubblicate in diverse lingue europee.
5. Cose portate dal mare
di Ardian Vehbiu – Besa Muci 2020
Ardian Vehbiu riesce ad inchiodare il lettore alle cose portate dall’altra riva, alle pagine del suo libro che, ad un certo punto, le senti divenire frequenze di una Radio che non sai se sei ancora pronto ad ascoltare, quella dei propri ricordi.
Un saggio denso e al tempo stesso fluido come un testo narrativo nelle cui pagine l’autore descrive, attraverso la propria esperienza, i rapporti dell’Albania con il mondo oltre l’Adriatico. L’Occidente e l’Italia in particolare, rappresentano un mito incarnato da oggetti-feticcio, da programmi radiofonici e televisivi che disegnano un Occidente elettromagnetico, desiderabile e pericoloso. Un paradiso che tuttavia necessita di un inferno per essere anche solo immaginato.
Ardian Vehbiu è nato a Tirana nel 1959. È traduttore ed autore di diversi libri di saggistica e narrativa. Vincitore del premio nazionale non-fiction “Gjergj Fishta” nel 2009 con il suo libro “Shqipja totalitare”. Scrive per la stampa albanese. Attualmente vive a New York.