La popolazione dei çam, con la sua straordinaria tradizione musicale, costituisce uno dei fenomeni più singolari tra quelli presenti oggi sul territorio dell’Albania; nel contempo le numerose implicazioni culturali, sociali, politiche e religiose, nonché le tematiche legate alla diaspora, ne fanno un caso paradigmatico dell’intero turbolento scenario balcanico.
La piccola area territoriale della Çamëri, oggetto di aspre controversie tra Albania e Grecia, rientra oggi quasi interamente all’interno dei confini greci. La popolazione dei çam, di lingua albanese e fede musulmana, a seguito delle pressioni dello stato ellenico, che in alcuni momenti ha messo in atto autentiche forme di espulsione, ha conosciuto una forte diaspora e vive oggi in prevalenza nelle periferie dei centri urbani dell’Albania meridionale; le comunità più importanti sono quelle che vivono nelle città di Fier e Valona, dove continuano a mantenere una propria identità senza mescolarsi con la popolazione locale. Secondo l’efficace definizione che amava darne l’illustre musicologo albanese Ramadan Sokoli, i çam costituisco un caso singolare di emigranti in casa propria. {vimeo}15557319{/vimeo}Danza çam, festival di Gjirokaster 2009; ripresa di Nicola ScaldaferriTra gli aspetti maggiormente caratterizzanti la loro identità vi è l’attività musicale. Essa comprende particolari repertori strumentali, tra i quali spiccano danze dai ritmi assai caratteristici; ma soprattutto vi è una ricchissima tradizione vocale, sia monodica che polifonica.
La polifonia dei çam, che è prerogativa esclusiva delle voci maschili, rientra nel fenomeno della cosiddetta isopolifonia (secondo la definizione di Vasil Tole)tipico dell’Albania meridionale; questa pratica, insignita del riconoscimento di patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco, vede come tratto principale la presenza del bordone (iso), eseguito da un piccolo coro, sul quale si addensano altre voci in movimenti polifonici talvolta assai complessi.
Nella polifonia dei çam, sopra il bordone vi sono due solisti- marrësi e kthyesi, ovvero ‘colui che prende il canto’ e ‘colui che lo rigira’ – che si rincorrono in sofisticati giochi imitativi; essa presenta una raffinatezza sconosciuta alle altre forme di isopolifonia albanese, ovvero alle massicce e vigorose polifonie tosk e lab.{vimeo}3091402{/vimeo}Polifonie çam, enseble vocale çam di Fier, coordinato da Ruzhdi Veliuvoci soliste Shaban Zeneli e Ismail Hyseni,Avazi i Tanës, Fier marzo 1999, ripresa di Elisa PiriaAi cantori çam viene unanimemente riconosciuta una straordinaria abilità nel fiorire le linee melodiche; non a caso ai gruppi vocali talvolta si sommano gruppi strumentali dove le ornamentazioni vocali fanno a gara con il virtuosismo dei clarinetti.
I testi verbali, accanto a quelli rituali e funzionali, presentano contenuti di carattere storico in cui si rievocano le tragiche vicende dei çam;da segnalare poi il repertorio di elegji, canti di rimpianto e nostalgia per casa e le terre abbandonate oltre il confine greco, eseguiti spesso dagli uomini a voce sola.{vimeo}3091235{/vimeo}Concerto di musica tradizionale çam dell’ensemble ThrespotiaValona, marzo 1999, ripresa di Nicola ScaldaferriLa musica dei çam ha attirato l’attenzione e l’interesse di importanti studiosi stranieri, talvolta più attenti degli studiosi albanesi a queste tematiche, vista anche la difficoltà di inserire il caso dei çam nelle rigide categorie imposte agli studi locali dell’epoca di regime.
La prima importante monografia apparsa nel panorama scientifico internazionale sulla musica albanese riguardava proprio i canti dei çam: D. Stockmann-W. Fiedler-E.
Stockmann, Albanische Volksmusik, Bd. 1, Gesänge der Çamen, Deutsche Akademie der Wissenschaften zu Berlin. Veröffentlichungen des Instituts für deutsche Volkskunde, Bd. 36, Berlin 1965. Questo volume costituì l’esito editoriale della spedizione compiuta nel 1957 dagli studiosi tedeschi che ebbero sul terreno una guida d’eccezione come Ramadan Sokoli, i cui grandi meriti scientifici e didattici negli anni della dittatura sono rimasti misconosciuti.
Dopo la caduta del regime, l’interesse per la musica dei çam è ritornata al centro dell’attenzione. Tra le esperienze più recenti vanno menzionate le indagini di Bernard Lortat-Jacob, autore, con Hélèn Delaporte, del documentario Chant d’un pays perdu (2006) che vede come protagonista il cantore çamShaban Zeneli e il suo viaggio oltre il confine greco, e quelle di Eckehard Pistrick che, prendendo le mosse da una verifica attuale sul terreno dei materiali della spedizione del 1957, stanno conoscendo interessanti sviluppi ancora in corso.
Nicola Scaldaferri ha cominciato a interessarsi dei çam su segnalazione di Sokoli, compiendo, a partire dal novembre 1998, col supporto logistico dell’associazione politico-culturale dei çam presieduta da Hilmi Saqe, numerosi soggiorni nelle comunità di Fier, Patos, Rrogozhina, Valona; ha lavorato in particolare con i membri delle famiglie Hyseni e Velia di Fier e con i cantori Shaban Zeneli e Refat Sulejmani, avvalendosi anche della collaborazione di Elisa Piria, e Stefano Vaja, e successivamente di Alexandra Nikolskaya.{vimeo}3092840{/vimeo}Dieci anni dopo a Fier, a casa della famiglia Hyseni, ascolto delle registrazioni fatte nel novembre 1998settembre 2008, ripresa di Alexandra NikolskayaAccanto alla documentazione e allo studio dei repertori musicali, ha svolto anche un’azione divulgativa con l’organizzazione di seminari e concerti sulla polifonia çam al festival Suoni dal Mondo (Bologna, novembre 1999), alla Biennale Musica (Venezia 2009, Il corpo del suono), e nella rassegna Polifonie in viva voce diretta da Maurizio Agamennone (Fondazione Cini, Venezia, 17 novembre 2010).{vimeo}8170631{/vimeo}Janus Delaj e i cantori çam di Fier e Rogozhina, La Biennale Musica, Il corpo del suonoVenezia, ottobre 2009, ripresa di Lorenzo FerrariniL’articolo integrale lo potete leggere su http://www.leav.unimi.it/cam.html