La questione della “libertà religiosa in Albania” mi ha sempre incuriosita perché ha a che fare con la cultura del mio paese di origine. Notando una carenza di informazioni e studi sull’argomento ho dunque deciso di indagare sulla situazione attuale delle relazioni tra le diverse comunità religiose presenti nel paese, il rapporto con lo Stato albanese nel corso degli anni e capire fino in fondo le vere ragioni del disinteresse religioso dal governo albanese.
Un poeta e intellettuale albanese, Pashko Vasa (1825-1892), scrisse: “Non guardate chiese e moschee, la religione degli albanesi è l’albanesità” 1, che è divenuto poi il motto dell’Albania, rappresentandone lo spirito laico e nazionalista. Ciò è una conseguenza dei numerosi tentativi di unire l’Albania durante l’occupazione ottomana, mentre la religione veniva usata per dividere il Paese in frazioni. Per comprendere la situazione religiosa attuale in Albania è necessario richiamare la storia di questo paese dell’ultimo secolo.
L’Albania conquistò l’indipendenza nel 1912 dopo aver fatto parte per quasi quattro secoli e mezzo, dell’Impero ottomano. Durante questo lunghissimo periodo, buona parte della popolazione si convertì all’islam per obbligo o vantaggi economico-sociali. Infatti gli storici hanno fatto riferimento a vari fattori per spiegare le conversioni avvenute in Albania, tra cui la volontà di sfuggire ai pesanti oneri fiscali imposti dagli ottomani nei confronti dei non musulmani, la posizione geografica dell’Albania al confine tra la Chiesa cristiana orientale e occidentale e la mancata assimilazione della popolazione albanese con i vicini non musulmani. La sottomissione prolungata, dalla conquista ottomana, ebbe l’effetto non solo di provocare fenomeni migratori di vasta portata, gravi devastazioni e gravi crisi ma anche quello di enfatizzare il rapporto tra nazione e religione.
Da un lato, quindi vi era una forte identificazione tra l’aspirazione alla libertà personale dall’oppressione straniera e indipendenza nazionale sostenuta da lotte di liberazione. I movimenti religiosi da parte loro assumevano l’identità religiosa come base dell’identità nazionale. La dignità dell’uomo identificata con la dignità del credente e la sua coscienza morale trova il suo fondamento nei contenuti teologici delle religioni, di quella cattolica, ortodossa e islamica presenti in Albania. Diversamente da altri stati balcanici del XIX secolo che avevano una religione di stato, la costituzione dello Stato albanese indipendente, stabiliva che in Albania non vi era religione ufficiale. Questo riflette la composizione e il carattere multi religioso della popolazione formatasi da secoli, veniva però garantita la piena libertà di culto a tutte le confessioni religiose.
Durante il periodo della Repubblica Monarchica di Re Zog lo Stato mantenne nei confronti delle comunità religiose la linea politica favorevole che aveva caratterizzato la prima metà degli anni Venti. Seguì una politica di nazionalizzazione della religione incoraggiando e sostenendo l’indipendenza politica e amministrativa delle diverse religioni in Albania, rispetto a qualsiasi influenza straniera. Tramite questa politica di sostegno delle comunità religiose, lo Stato conquistò quell’appoggio voluto. Di tutte le comunità religiose, solo la chiesa cattolica mantenne la propria dipendenza spirituale ed amministrativa nei confronti della Santa sede che era rappresentata in Albania da alcuni delegati apostolici di nazionalità straniera. La Chiesa ortodossa albanese si separò dal Sinodo della Chiesa ortodossa diventando una chiesa indipendente e proclamando la sua “autocefalia”. In questi anni anche la Comunità musulmana avvertì il bisogno di dar vita ad una riforma religiosa e sociale, che portò alla separazione ufficiale dal Califfato di Costantinopoli e alla adozione della lingua albanese nei riti religiosi e nella traduzione del Corano. La “Legge sulle comunità religiose” nel 1929prevedeva tra l’altro il requisito obbligatorio della nazionalità albanese per il personale confessionale e il divieto per le comunità religiose di ricevere donazioni se superiori ai limiti previsti dalla legge. Solamente nei confronti della Chiesa cattolica il decreto del 1929 non fu applicato con rigore. Quest’ultimo diede allo Stato il controllo sulle comunità religiose assoggettando al controllo statale l’amministrazione dei beni, chiese, moschee, monasteri. In questo periodo si stima che il 70,5 % della popolazione fosse musulmana e per il resto formata da cristiani ortodossi e cattolici. I cattolici furono posizionati al nord del Paese e furono visti dal Re come un problema particolare. Ulteriore incoraggiamento della politica del Re, fu la sua politica nei confronti degli ebrei ricordata come“l’età d’oro degli ebrei”.Il motivo per cui si salvarono tutti gli ebrei in Albania, fu prima di tutto per l’isolamento di cui godeva questo paese, in un contesto europeo, ma soprattutto grazie alla cultura albanese basata su un codice morale detto Kanun e in particolare su una sua parte detta “Besa” (parola d’onore, fedeltà), che ritiene un dovere inderogabile difendere la vita umana di chiunque, anche a costo della propria incolumità.
Il codice Kanun, che per vari aspetti determina ancora la cultura albanese, prescrive una serie di regole di comportamento che, durante le successive invasioni straniere in Albania, hanno rappresentato l’identità stessa del popolo albanese. Dopo la vittoria del comunismo nel 1945, gli albanesi inizialmente erano teoricamente liberi di professare la propria fede. Però la forte spinta ad educarli ad accettare e a capire l’ideologia socialista mirava alla distruzione degli usi e delle vecchie tradizioni patriarcali e conservatrici. Fu così che la religione ebbe un ultimo colpo nel 1967 con l’interdizione di tutte le pratiche religiose, cosa che fece dell’Albania il primo stato ateo nel mondo. Fu incrementata la lotta contro la fede religiosa, considerata espressione del pregiudizio in virtù del quale l’uomo si sottometteva a pratiche superstiziose considerate come uno strumento pericoloso per l’egemonia del partito.
Il governo adottò una serie di nuove leggi tra il 1949-1951, per portare a termine il processo di sottomissione alla religione. Il 20 luglio del 1951 la Chiesa cattolica veniva nazionalizzata con larottura dei suoi legami con Santa Sede e la sua diretta sottomissione all’autorità dello Stato.Le varie tappe ideologiche di questo processo repressivo sempre più duro e terribile, che portò alla uccisione di numerosi religiosi, sacerdoti, fedeli e alla detenzione di intere famiglie nei campi di concentramento fino agli inizi degli anni ottanta.
La Costituzione del 1976 appartiene ad una fase di rottura rispetto alla precedente storia religiosa dell’Albania. Essa comportò l’entrata in vigore di un regime di illegalità per la religione e per le comunità religiose. Ad esse non solo non venne riconosciuta alcuna legittima soggettività ma venne applicato il severo trattamento previsto per le organizzazioni nemiche dello stato. Molto edifici religiosi furono trasformati in centri culturali giovanili. Dal punto di vista sociale determinò una drammatica e violenta repressione, tanto più disumana quanto più si moltiplicava la resistenza. Dal punto di vista giuridico costituì un unicum nel panorama dei sistemi dei rapporti tra Chiese e Stato nei regimi della dittatura comunista, che ha consegnato ai posteri, tra l’altro, un bisogno di rimozione non sempre utile per lo sviluppo di un Paese, che non deve dimenticare la propria storia e quella delle sue istituzioni.Una rinascita graduale della pratica religiosa, che comportò il restauro e la ricostruzione di chiese e moschee fu solo dopo il crollo del regime monopartitico nel 1991. Si apri in Albania una nuova era per le comunità religiose, iniziando a dover ricostruire la vita religiosa da zero. In tutta l’Albania, gli emigrati ricchi della diaspora incominciarono a finanziare la costruzione di nuove moschee nei propri villaggi d’origine, inoltre molti stati stranieri hanno versato aiuti e hanno mandato esperti per la costruzione e il restauro di edifici religiosi. Le diverse comunità religiose albanesi hanno ricevuto sostegno morale, tecnico e finanziario dalle rispettive comunità religiose dall’estero, per riabilitare i luoghi di culto e riqualificare il
Clero e il personale religioso, ai loro doveri liturgici.
Dei tre gruppi principali religiosi, i musulmani e cattolici segnarono il più alto grado di progresso per quanto riguarda la normalizzazione della situazione. Il prestigio della Chiesa cattolica è stato sollevato oltre agli aiuti dal Vaticano anche dalla figura ben nota di origine albanese, amata anche dai diversi credenti è la beata Madre Teresa di Calcutta (Anjeza Gonxhe Bojaxhiu il suo vero nome). È stato utile anche il lavoro svolto dalle agenzie concernenti a questa, come la Caritas e i Servizi di Aiuto Cattolica.
1. PASHKO VASA, O moj Shqipni, Paris, 1880, p.3
Questo articolo è stato originariamente pubblicato il 17 febbraio 2011