Nulla di nuovo sotto al sole. Almeno a prima vista. La Lega riprende a cavalcare uno dei suoi cavalli di battaglia: linea dura nella gestione dell’immigrazione.
Il resto della coalizione di centro-destra tace o se la prende con l’Unione Europea. Il centro-sinistra è assente. Come nel recente passato, l’unica vera opposizione alle politiche leghiste è stata fatta dalla Chiesa cattolica.Tutto come prima, quindi. In un copione che si ripete senza novità tali da aprire una nuova stagione di dibattito sull’immigrazione. E con il fattore Gheddafi pronto come una bomba ad orologeria.
A ben vedere però, qualcosa di nuovo c’è: sono cambiati gli equilibri politico-istituzionali. Ed è in questo che – soprattutto all’interno della compagine governativa – si stanno giocando le partite più importanti. Partite il cui esito non è scontato. Ma che potrebbero cambiare il corso di questo esecutivo.
Nel frattempo, centinaia di imbarcazioni sono pronte a partire verso l’estremo sud dell’Italia portando migliaia di africani. Piccole pedine di un gioco politico tra la Libia e l’Italia. E tra l’Italia e l’Europa. «Le nostre, sono anche le coste dell’Europa», manda a dire il ministro degli Esteri, Frattini, ai vertici di Bruxelles. Che, complice l’estate e la crisi economica, decide di non decidere.
A complicare questo quadro è, appunto, il nuovo equilibrio politico-istituzionale del governo di centro-destra. Per quanto possano essere derubricate ad «affare privato» del presidente del Consiglio, le questioni «Noemi», «Villa Certosa», «Veronica Lario» hanno lasciato il segno. In Italia e nel mondo. Dentro al Popolo della Libertà non sono in pochi a parlare apertamente di «dopo Berlusconi». Così si è aperta la caccia al nuovo leader. In questo, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha gioco facile. E, dietro le quinte, sta facendo di tutto per far approvare un nuovo pacchetto legislativo in materia d’immigrazione (dal permesso di soggiorno all’attribuzione della cittadinanza). Ma buona parte di quella che un tempo era Forza Italia punta a qualche «giovane» e non vede di buon occhio Gianfranco Fini alla guida del «più grande partito popolare d’Europa».
Non solo. Per quanto possa risultare decisiva per la maggioranza, sempre meno parlamentari del Pdl sopportano la coalizione con la Lega. La reazione alle ultime «sparate» (sull’inno, sulla bandiera, sul dialetto) del Carroccio lo dimostra.
In via Bellerio (sede della Lega Nord) sono certi di una cosa: senza Berlusconi a capo del Pdl (e del governo), l’alleanza è finita. E Bossi sa bene che appena si presenterà l’occasione, al premier verrà dato il benservito. Defenestrato. Senza tanti patemi d’animo. Quello che a tutti sfugge è il quando. Potrebbe essere a ottobre di quest’anno. Ma anche tra alcuni mesi. Comunque succederà. Nel dubbio, la Lega si smarca. E inizia la sua personale battaglia di caccia al voto degli elettori Pdl. Ne va della sua sopravvivenza politica.
Per questo, forte del 10% alle Europee, il Carroccio inizia ad alzare la voce. E lo fa in materia economica e di politica interna. Guarda caso, sui salari e sull’immigrazione. Due (vecchi) cavalli di battaglia.
Insomma: all’interno del Governo è iniziata la fase del «liberi tutti». E la Lega, per non finire stritolata nella guerra fratricida all’interno del Pdl, si smarca e va per conto suo. Quando parla di introduzione del dialetto, quando accenna alle bandiere regionali, quando chiede le gabbie salariali e quando conferma la linea della fermezza nei confronti dell’immigrazione (clandestina e non), Bossi ha due obiettivi in testa: rinforzare l’elettorato leghista esistente (richiamando l’attenzione sui pilastri fondativi dell’ideologia di partito); allargare il «bacino» di preferenze all’area Pdl e Pd. La «sanatoria» per colf e badanti è partita soltanto perché c’è stato l’ok del Carroccio (si discute se farne una apposita anche per i lavoratori in nero nel campo dell’edilizia). Il calcolo è semplice: siccome la maggior parte delle badanti (e dei manovali) si trova al Nord, il «no» leghista avrebbe fatto perdere molti voti.
L’immigrazione, quindi, finisce nel tritacarne del dibattito politico e dei calcoli elettorali dei partiti. Con 4 milioni di stranieri residenti legalmente in Italia (nell’ottica di Fini futuri elettori), migliaia di migranti che premono alle porte e politiche migratorie per nulla in linea con le reali esigenze della società italiana, la classe politica pensa a come risolvere le sue diatribe interne.
Ecco perché Gheddafi ha gioco facile con l’Italia. Ne conosce i vizi, gli errori storici, i protagonisti che muovono il Paese. Sa che un solo clandestino in più a Lampedusa rischia di far saltare il rapporto all’interno della maggioranza e la diplomazia tra Italia e Unione Europea. E sa che, così facendo, tiene costantemente sotto ricatto il governo Berlusconi. Sarà sempre così. A meno che – contro ogni convenzione internazionale – il centro-destra non decida di assecondare il metodo-Lega: respingimento oltre la frontiera (e con qualsiasi mezzo) dei barconi di extracomunitari che tentano di arrivare nel Paese. Scenario «suggestivo», ma impraticabile. E lo sa bene anche la Lega. Ma un conto sono i fatti. Un conto le parole.
Al «fronte interno», tutto italiano, si affianca uno «esterno». Tocca nel profondo le relazioni tra questo Paese e l’Unione Europea. L’Italia non è più disposta, da un lato, a sobbarcarsi il peso (politico, sociale ed economico) dell’accoglienza degli extracomunitari africani. Dall’altro, a «subire» i dossier indipendenti che dipingono il Paese come incapace di far rispettare i più basilari diritti umani nei centri di permanenza temporanea (oggi, centri di identificazione ed espulsione).«L’immigrazione è un problema europeo, non può essere lasciato ai soli Paesi che sono alle porte d’Europa – ha detto il ministro degli Esteri -, ma la Ue per ora si è limitata a degli impegni senza alcuna risposta concreta». E ancora: «Non ha ancora risposto alla domanda su cosa succede quando un gruppo di immigrati arriva alle porte d’Europa. Per l’Italia questi rifugiati devono trovare alloggio e sostentamento in tutti i Paesi europei secondo criteri di distribuzione proporzionale. Non si può pensare che debbano essere accolti dai soli Paesi dove sbarcano». La rabbia di Frattini è rivolta anche a Malta: «È indispensabile l’accordo per restringere lo spazio marittimo maltese (grande 250mila kmq, più dell’intera Romania, ndr) per il soccorso e la ricerca di immigrati, ma Malta ha detto di no; per negoziare bisogna essere in due».«Stiamo già facendo molto – rispondono piccati da Bruxelles – sia con gli Stati membri che con quelli vicini».
Nell’attesa di sapere chi ha ragione, arriva l’accusa di Fortress Europe: «I parenti delle vittime ci avevano contattati lo scorso 14 agosto chiedendoci se sapevamo qualcosa di un gommone con 80-85 eritrei a bordo partito verso fine luglio dalla Libia. Pensavamo fossero stati respinti (anche se non ne avevamo le prove). Abbiamo sbagliato a credere che fosse impossibile che i pescatori non dessero l’allarme. Abbiamo sbagliato a pensare che mai le autorità maltesi e le navi di Frontex avrebbero aspettato l’ultimo momento per segnalare alle motovedette italiane la presenza di un mezzo alla deriva». Bilancio del cortocircuito informativo: 75 morti.Per un totale, nel solo canale di Sicilia, di 4.173 vittime (tra cui 3.056 dispersi).