A volte, le elezioni politiche, diventano una buona occasione per tastare il polso di un paese, per capire le grandi tematiche che stanno più a cuore alla massa, e alle persone che la stessa massa ha scelto come rappresentanti.
Dall’altra parte, si assiste, alla nascita di certe associazioni che succede, un po’ per caso, un po’ per forza, che si chiamino con nomi tipo “Il partito dei romeni,” per esempio, o dei consumatori, o degli diversamente abili. Trovo che in una buona e sana società questa frammentazione sarebbe un fenomeno da studiare e da eliminare. Non eliminando le associazioni stesse, ovviamente, ma la ragioni che spingono queste associazioni a cercare di alzare la voce perché si sentono poco o nulla rappresentate a livello nazionale. Cittadini di Serie B, giusto.Se devo trovare la causa principale di questo fenomeno, più importante della colpa della classe politica, trovo che sia la realtà multipla offertoci gentilmente dal 21-simo secolo. Il centro del potere si trova a fare i conti con delle realtà spesso contrastanti. Come conciliare la diossina prodotti del latte, che potrebbero decretare la fine delle massaie, con le fabbriche vicine che offrono comunque lavoro?All’interno di questi cittadini di serie B, ci inseriamo noi altri, di Serie C.Extracomunitari, appunto extra. Ironia della sorte, questa parola in italiano da due significati. Uno è quello di qualcosa di fuori. L’altro significato è quello “della qualità migliore, di quel qualcosa in più, in senso positivo.” Questa stessa parola e di se per se più che sufficiente a spiegare come viene percepito il straniero da buona parte della società italiana,visto sempre come una specie di doppio agente con delle doppie coperture. È uno “integrato” ( odio questa parola ) quello che lavora, ma allo stesso tempo ruba il lavoro agli italiani. È uno “disintegrato” quello che non lavora, e quindi matematicamente delinque. È un po’ il nostro triste inevitabile destino.Faccio queste considerazioni perché è campagna elettorale, e non a caso il titolo dell’articolo rimanda a una canzone di quel grande statista che fu Gaber.Mi tocca sentire un’altra campagna elettorale – tra le più civili, dicono – in cui la parola “emigrato” viene usato ancora vicino a parole come “delinquere, cacciare, casa loro.” Uno dei più grandi partiti della destra presenta un manifesto elettorale dove si vede questo indiano, od americano nativo come dovrei chiamarlo adesso, e sotto c’è scritto qualcosa del tipo ” Loro adesso vivono in una riserva, vuoi fare la stessa fine in casa tua?”. Mi dispiace che i nativi americani debbano vivere in riserve. E non trovo nessun nesso nel fatto che fu un eroe italiano a visitargli per prima. Annoto solo che nel frattempo a Padova vogliono fare un altro muro, e secondo me un po’ ci hanno preso gusto a questa storia dei muri. Quelli dall’altra parte del muro sono dei ragazzi dai 15-20 anni che frequentano la scuola per imparare la vostra lingua, la vostra costituzione. Non credo che questi al di qua del muro sanno cos’è veramente la costituzione, ma questo è un altro discorso. Boh, mi è venuto il dubbio che le riserve di qui parla il manifesto di questo partito sia un lontano e potenziale cugino del presente e reale muro. E sinceramente, non è ne meno il muro fisico ad infastidirmi, più tosto quell’altro muro interiore che luoghi comuni e facili slogan contribuiscono a crescere tra di voi e tra di noi.Ad essere malizioso, si potrebbe osservare che si parla degli immigrati poco o male perché non votano. Ma io, che la costituzione un po’ la conosco, so che il livello di una democrazia si riconosce da come questa difende e garantisce non la maggioranza, ma la minoranza. Io che studio la costituzione, oltre il muro.