“20 anni di immigrazione albanese in Italia, dati, riflessioni, politiche e prospettive future” – è il titolo della prima giornata nazionale sull’immigrazione albanese in Italia che si è tenuto oggi a Tirana presso la sede di Universiteti Mesdhetar i Shqipërisë. L’incontro è stato organizzato da RAT, INAS, AGORA, FAI CISL ed è suddiviso in due sezioni. Albania News è la media partner di questo importante evento.A dare il benvenuto ai partecipanti è stato il sociologo Rando Devole, il quale ha sottolineato che abbiamo a che fare con un fenomeno di grandi dimensioni e in un inziativa come questa di oggi, la novità consiste nella partecipazione per la prima volta di due associazioni, RAT e AGORA’, le quali rappresentano i cittadini albanesi in Italia e in patria.
I lavori sono stati aperti dal presidente dell’ Inas Cisl Antonino Sorgi.“Trattiamo un pezzo del fenomeno dell’immigrazione. Gli albanesi in Italia, circa 500 mila presenze, sono la seconda comunità straniera per numeri, importanza e partecipazione. L’esperienza degli emigrati italiani, che venivano abbandonati al proprio destino, per esempio in Argentina, ci ha insegnato che non si può arginare l’immigrazione. La risposta alle soluzioni dipende sopratutto dalla forza delle reti messe in piedi. Naturalmente si necessita anche la risposta e la partecipazione delle istituzioni. Se lavoriamo insieme, possiamo costruire una community. La sussidiarietà diventa un strumento di costruzione. Facciamo che la conferenza di oggi non sia un incontro isolato ma un appuntamento periodico mentre si costruisce e si abbattono le barriere all’ integrazione. Noi di Inas vogliamo proseguire su questa strada”, si è espresso Sorgi.
Successivamente è intervenuto il Vice Ambasciatore dell’Ambasciata Italiana a Tirana, che nel corso del suo intervento ha sottolineato: “Siamo contenti di aver dato il patrocinio a questo evento, che apre la possibilità di altre collaborazione con la Regione Toscana, in cui risiede una folta comunità albanese.Dal ’91 è cambiato tutto nel Paese delle Aquile. Un terzo della popolazione e all’estero in emigrazione. Gli spostamenti degli immigrati da un paese all’ altro, si verificano secondo la regola del cinque: deve essere almeno 5 volte superiore la differenza del reddito per fare partire la molla del fenomeno migratorio. Non si emigra solo dai paesi più poveri. L’Albania non è uno dei paesi più poveri, ma ha comunque un terzo dei suoi cittadini all’ estero in emigrazione. La piccola proprietà fondiaria, può essere una spinta forte all’immigrazione, considerato come possibilità di poter racimolare soldi ed investirli in un secondo momento sul proprio terreno o proprietà. L’emigrazione è un trauma, a volte necessario. Spesso accompagna il passaggio da una società contadina a una industrializzata urbana”Vjollca Braho, Direttrice generale dell’Istituto Previdenziale albanese (ISSH) ha definito l’incontro un ulteriore passo verso la collaborazione tra gli enti providenziali italiani e albanesi. “Un cittadino italiano che ha lavorato per un periodo in Albania, e successivamente torna in Italia, deve informarsi sulle possibilità concrete che ha per integrare e assicurarsi una pensione in Albania per il futuro”Nella I sessione – “Albanesi d’Italia. Quadro della presenza albanese in Italia. Riflessioni sulle politiche migratorie in Italia” moderata da Ismail Ademi di Rat, hanno partecipato Rando Devole, sociologo, esperto dell’immigrazione e delle relazioni interculturali; Jean Leonard Touadi, Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, esperto di intercultura; Riccardo Stagliano, giornalista del quotidiano italiano “La Repubblica”; Stefania Magi, Assessore del comune di Arezzo alle politiche per l’integrazione e i gemellaggi.
Rando Devole ha presentato una importante serie di statistiche aggiornate: “Sono 482.627 gli albanesi residenti con documenti regolari nel territorio italiano, dei quali 435.687 sono già in possesso del permesso di soggiorno (la restante parte è in attesa). 20000 i bambini albanesi iscritti nelle scuole d’infanzia e 22.313 gli allievi delle scuole superiori. Gli studenti albanesi iscritti nelle università italiane sono 12.029, di cui 2057 al primo anno e 1349 laureati. I lavoratori dipendenti albanesi in Italia sono 220473, invece gli imprenditori ammontano a 23.752. Nel 2010 si sono verificati tra lavoratori albanesi 12.286 incidenti sul lavoro e si sono regfistrate in questa fascia 25 casi di morti sul lavoro. Le remittanze registrate dalla Banca d’ Italia sono 135 milioni di euro. Nonostante ciò, la società albanese sembra non sappere e non apprezzare la giusta dimensione el’importanza di questocontributo al paese.Secondo Devole, l’immigrazione si presenta comeequilibrata dal punto di vista del genere, sil numero delle femine ha quasi raggiunto il numero dei maschi. Si tratta sicuramente di un datto positivo dal punto di vista della qualità di vita, possibilità dimaggioreintegrazione e condizioni di vita migliorate se confronate con i primi anni quando la presnza era soprattutto maschile. I documenti italiani in possesso dei cittadini albanesi rappresentano un’importante fonte di informazione per gli studiosi della materia. Il 50 % degli albanesi in Italia hanno un età compresa tra i 0 e i 29 anni. Grazie ai ricongiungimenti familiari, il numero degli anziani è in crescita. Negli ultimi anni si è verificato uno spostamento dall’industria ai servizi e all‘ agricoltura. Gli ultimi due anni della crisi dell’euro hanno inciso negativamente su 4129 albanesi in Italia, i quali hanno perso il posto di lavoro. Comunque afferma Devole bisogna compiere ulteriore ricerche e studi per capirne più in profondità gli effetti della crisi per la comunità albanese.“Se l’immigrazione è un ponte dovremmo essere noi a costruire questo ponte delle solidi colonne portanti”, ha concluso Devole.
In seguito è intervenuto Riccardo Stagliano, giornalista del quotidiano italiano “La Repubblica” e scrittore del libro “Grazie. Ecco perché senza gli immigrati saremmo perduti” (Chiarelettere,2010). Il noto giornalista durante il suo intervento ha fornito spunti interessanti sulla deriva razzista odierna della società italiana: “Viviamo in un posto dove sono scomparsi i fatti reali, e la menzogna con l’aiuto di alcunimedia compiacenti, ha preso il sopravento. È una debolezza delgenere umano, che per rafforzare la propria identità, cerca all’ esterno dei nemici per compatarsi, è la stampella che “aiuta a stare in piedi”. Questo avviene soprattutto quando abbiamo problemi di identità, e anche molto di più quando arrvanole periodi di crisi economiche. L’ultima crisi è difficile da spiegare all’uomo medio. In una crisi c’è un bisogno immenso di avere nemici visibili e gli immigrati sono un obbiettivo veramente semplice e vulnerabile”.“C’è sempre più un “armamentario dialettale” sugli immigrati. Nelle discussioni della Lega Nord riscontriamo l’utilizzo di argomenti demografici (siamo già troppi, non c’è spazio vitale per altri, rischio estinzione della popolazione italiana ecc), fiscali (siamo in crisi e non abbiamo soldi per gli immigrati) e di lavoro (in termini di posti di lavoro sottratti agli italiani). Queste dichiarazioni si possono smentire facilmente. L’ex Ministro degli interni Pisanu aveva dichiarato che l’Italia necessitava di circa 300 mila di immigrati all’anno. In più la CNR conferma che i contributi versati dagli immigrati superano di 5 miliardidi euroi servizi erogati”, si è espresso Stagliano, che poi ha concluso:“La sfortuna degli albanesi consiste nell’essere tra i primi arrivati. Il prototipo è stato quello della prostituzione, oggi problema di immagine da curare. Gli albanesi sono molto simili agli italiani e questo preoccupa, mette in crisi e sveglia paur
e molto più forti, in quanto viene percepita come un invasione subdola e invisibile. Le comunità albanesi e stranieri in generale hanno bisogno di uffici stampa molto aggressivi, che rispondano alle accuse e menzogne quotidiano”.J. L. Touadi, Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, esperto di intercultura, individua due caratteristiche tipiche italiane riguardanti il discorso immigratorio:La sindrome di invasione del 1991 – lo stadio di Bari pieno di albanesi immigrati ha creato la percezione di un invasione e del rischio di possibili squilibri futuri demografici. Il governo inizia a riflettere al fenomeno e alla regolarizzazione dei flussi di ingresso.
La sindrome di Lepanto, sopratutto dopo il 11 settembre 2011 – i musulmani vengono considerati i nemici dell’Occidente, e questi furono gli anni della Fallaci e del suo best seller “La rabbia e l’orgoglio”“L’Italia non può e non deve temere la novità dell’innesto degli immigrati e della creazione delle nuove identità che ne deriva. Il consiglio che invece posso dare all’Albania e quello di coinvolgere la Diaspora albanese e renderla un catalizzatore e un importante fattore di interazione con l’Europa. La diaspora albanese è già in Europa ed è un peccato non sfruttare le sue potenzialità”, conclude Touadi.
Successivamente è intervenuta l’assessore alle Politiche per l’Integrazione del comune di Arezzo, Stefania Magi. “L Albania, questo paese tra Grecia ed ex-Jugoslavia, impenetrabile una volta, è ormai il paese di provenienza di tanti miei concittadini e anche di tanti miei amici come Issi Ademi e Klodian Dervishi”, si è espressa l’assessore, aggiungendo varie statistiche sulla popolazione albanese ad Arezzo ed illustrando le politiche locali e i progetti della città di Arezzo e della Regione Toscana in tema di immigrazione, integrazione e inclusione sociale degli immigrati.
Nella II sezione – Le politiche del governo e della società civile albanese in materia di immigrazione, moderata da Edvin Kukunja di AGORA’ hanno partecipato Silvana Banushi, Direttrice Generale del Dipartimento Politiche delle Migrazioni, del Ritorno e della Reintegrazione presso il Ministero del Lavoro albanese ; Astrit Hado, Vice Direttore Generale dell’Istituto Previdenziale albanese; Thimi Nika, Istituto Nazionale della Diaspora( Ministero degli Esteri albanese).“Agli albori dell’immigrazione albanese degli anni novanta è mancato il controllo del flusso emigratorio. Al giorno d’oggi, invece, il governo albanese attua una serie di politiche inerenti all’emigrazione, tra i quali la riduzione dell’emigrazione attraverso l’apertura di nuovi posti di lavoro, messa a disposizioni di mezzi di comunicazione per coloro che scelgono di emigrare, l’ampliamento dei canali di emigrazione e la collaborazione con i paesi ospitanti, le organizzazioni internazionali e le associazioni degli emigrati”, ha evidenziato Banushi durante il suo intervento.
Secondo Astrit Hado,invece diventa importante un accordo fiscale tra l’Albania e gli altri paesi, la mancanza del quale compromette seriamente i contributi versati all’estero o in Albania da parte degli emigrati albanesi.
La sessione mattutina si conclude con l’intervento di Thimi Nika dell’Istituto Nazionale della Diaspora (Ministeri degli Affari Esteri) come un ente creata appositamente per sostenere la collaborazione tra la Diasporaalbanese all’ estero e lo Stato albanese.