A Tirana, il maggior numero di chiese si trovava nelle colline accanto ai piedi della montagna di Dajt, ma anche a Vorë è stata ritrovata una badia e accanto ad essa, una rocca medievale.
Queste chiese sono indicatore di una densa popolazione nelle zone soprannominate e che gli abitanti fossero stati di religione cattolica.
All’epoca dell’Impero Ottomano – tendenzialmente la prima metà del sec. XVII – esse subirono la principale devastazione, mentre nell’epoca del socialismo, non costituiva interesse per nessuno nemmeno la loro identificazione.
Traduzione del libro dall’albanese. Pag. 37.
Nelle relazioni ecclesiastiche degli anni 1610-1634 e 1634-1650, si menziona la conversione della popolazione da cristiana in mussulmana e al contempo, la demolizione di tante chiese.
Nel 1863, il console austro-ungarico a Giannina, J.G von Hahn visitò per la seconda volta l’Albania e Tirana. Lui scriveva che l’imam del villaggio adiacente a Tirana, Shëngjergj, gli aveva riferito che nei luoghi in cui sorge il fiume Erzen, si trovavano molte chiese cristiane diroccate. Si tratta della zona a est della Tirana attuale.
Don M.Dushi ha intanto annoverato una serie di chiese distrutte nelle adiacenze di Tirana:
La chiesa di Shën Gjin – San Giovanni, nei pressi della sorgente di Shën Gjin, vicino al vecchio campo dell’aviazione; la chiesa di Nostra Signora a Brar, la chiesa di Shën Koll- San Nicola nelle colline di Selitë, la chiesa di Shën Koll- San Nicola a Priskë e Vogël; la chiesa di Shën Koll- San Nicola a Qafë Mollë; la chiesa di Shën Gjergj- San Giorgio a Tujan; la chiesa di San Pietro ( “San Pietro” veniva definita tutta la località tra le colline che hanno inizio dal Sanatorio odierno fino al deposito dell’acqua di Selitë), la chiesa nel villaggio Mukaj, la quale nel 1859 era stata trasformata in moschea, ecc.
Un maggiore numero di chiese dalla stessa sorte subita viene nominato da F. Cordignano, in cui segniamo oltre a quelle sopracitate, anche la chiesa di Santa Barbara in Bastar, di San Michele nel villaggio Mner, ecc.
L’archeologo S. Muçaj si è espresso convinto del fatto che nel sec. XIII, Tirana sia stata centro della cristianizzazione in Albania. Da supervisioni approssimative, dalla zona di Priskë, fino al villaggio Përcëllesh, sono state ritrovate sette chiese. Una di queste chiese, che avrebbe avuto la funzione di un centro episcopale, ha una superficie di 2000 m².
Il maggior numero di chiese si trovava nelle colline accanto ai piedi della montagna di Dajt, ma anche a Vorë è stata ritrovata una badia e accanto ad essa, una rocca medievale. Queste chiese sono indicatore di una densa popolazione nelle zone soprannominate e che gli abitanti fossero stati di religione cattolica.
La sorte di queste chiese, le quali specialmente a est di Tirana furono molto numerose – solo nel villaggio Derje, si presume ci siano state sette chiese – è triste, così come la sorte delle chiese della nostra intera regione.
All’epoca dell’Impero Ottomano – tendenzialmente la prima metà del sec. XVII – esse subirono la principale devastazione, mentre nell’epoca del socialismo, non costituiva interesse per nessuno nemmeno la loro identificazione.
La località di Tirana è stata esclusa dall’attenzione dell’archeologia.
Mentre il territorio dell’Albania è a prescindere, ben noto sotto questo aspetto, in quanto sono stati effettuati degli approfonditi scavi archeologici, queste ricerche a Tirana non sono state eseguite. Questa affermazione la riporta l’archeologo S. Muçaj, offrendo l’argomentazione che questo sia avvenuto per la mancanza a Tirana di resti archeologici di notevoli estensioni.
Tutto quanto indicato è vero, ma al contempo occorre evidenziare anche il fenomeno del campanilismo dei dirigenti della classe comunista dell’epoca sotto dittatura.
Sotto una visione ben più mirata ed approfondita, l’antichità, la tradizione, l’etnografia ecc…, di Tirana e quelli dei tiranas sono stati sottovalutati e importanti opere di eredità culturale sono state distrutte.
Detto ciò, pure negli ultimi trent’anni non ci sono stati dei cambiamenti essenziali sotto questo aspetto, per di più, noi non possediamo tuttora un museo della nostra città.