Bledar Kola è di Tirana, ed è uno dei principali protagonisti dello slow-food oltre ad essere un nuovo grande nome tra le cucine d’Albania. Stellato Michelin, il suo ristorante Mullixhiu è stato inserito nell’estate 2017 dalla rivista americana Hollywood World Magazine nella lista dei dieci ristoranti migliori in Europa proprio per quello che lo caratterizza: la cucina albanese, locale, autoctona e bio.
Il 33enne siede tranquillamente a un tavolo nel suo ristorante per bere succo di melograno. Il ristorante è chiuso oggi, la sera prima ha ospitato un matrimonio e Kola è andato a dormire molto tardi. Ma la stanchezza non sembra prendere il sopravvento su di lui, che con entusiasmo racconta la rinascita della vecchia cucina e il ritorno degli albanesi alla tradizione.
“L’inclusione nell’elenco dei migliori ristoranti europei è stata una sorpresa e spero che possa aiutare l’attività. I nostri clienti sono principalmente turisti. Dobbiamo convincere ancora più gente del posto che lo slow-food è la tendenza del futuro.” – dice Bledar Kola.
Cucinare con ingredienti dimenticati
Il ristorante si trova nel seminterrato di un edificio a più piani costruito negli anni settanta e dall’interno sembra un locale tradizionale. Le pareti sono rivestite in legno, tavoli e sedie in legno riciclato, lino spesso e smalto ceramico. Gli ingredienti della cucina arrivano da agricoltori del nord dell’Albania, tutti impegnati esclusivamente in agricoltura biologica.
Il menù varia a seconda della stagione; carne, mais, formaggio, pesce e pane sono gli ingredienti principali, ma – sottolinea Kola – spesso si sperimenta con sughi di more, gnocchi con granella di verdure o carne di capra in insalata di verdure.
Dalla lavastoviglie a chef
La vita di Bledar Kola potrebbe essere materiale per un film di Hollywood: il cammino che ha portato un ragazzo povero a diventare chef. Aveva 15 anni quando lasciò l’Albania nel 1999 per cercare lavoro a Londra per nutrire sè stesso e la madre. Erano gli anni della grande emigrazione. La disoccupazione e la povertà erano diffuse nei villaggi albanesi, per questo Kola chiese un prestito a suo zio per il biglietto e partì verso Londra.
Londra potrebbe portare un ragazzo della sua età verso cattive strade, ma Kola è fortunato ed inizia a lavorare come lavapiatti in un ristorante.
“Il mio capo era giapponese. Ho lavato i suoi coltelli tantissime volte al giorno e osservavo come aspettava dolcemente verdura e pesce, cosa che mi ha colpito profondamente” – racconta lo chef.
Un anno dopo lavorava nella cucina di un golf club dove il fato lo ha aiutato nuovamente: il vice-chef, un austriaco, lo convince ad iscriversi in una scuola di cucina al termine del percorso scolastico.
Sei pazzo?
E’ il 2009 e Kola è ancora a Londra quando gli arrivano voci di nuove opportunità in Albania. I ristoranti appena aperti a Tirana cercano cuochi con esperienza all’estero e, per questo, con il diploma da cuoco in tasca e una variegata esperienza, Kola torna a casa.
“Tutti dicevano che ero pazzo, ma Londra mi aveva stufato”
Inizialmente viene assunto nei ristoranti francesi di Tirana ma senza alcuna particolare soddisfazione. Nel 2010 e nel 2011 si reca presso il famoso ristorante Noma di Copenaghen come ‘tirocinante’.
“Nei fine settimana andavamo nei boschi, per raccogliere more e piante selvatiche. Speriventavamo cose nuove con quello che la natura ci offriva, il Noma ha cambiato per sempre la mia vita.”
L’ultimo pezzo del puzzle della carriera di Kola arriva da uno dei principali esponenti dello slow-food, il cuoco svedese Magnus Nilsson. Nel mezzo della foresta di Jatmaland, nel ristorante Faviken Magasinet, si mangia esclusivamente ciò che la natura ti offre.
Kola voleva imparare da Nilsson, per questo volò verso Stoccolma ma mentre raggiungeva il suo ristorante si perse:
“Si stava facendo buio, era inverno e non vedevo luci da nessuna parte. Alla fine si fermò una macchina, l’autista mi disse che il ristorante era ancora distante e per questo gli chiesi se potevo trascorrere la notte da lui. Mi chiese da dove arrivavo, gli dissi che ero albanese e lui mi disse che avrebbe dovuto chiedere alla moglie.”
Un aneddoto che Kola racconta con un sorriso cupo. Da quel momento lui non ha voluto soltanto rivitalizzare la cucina albanese ma anche distruggere la reputazione dell’Albania come un paese criminale.
“Qui in Albania è naturale offrire allo straniero vitto e alloggio. Dobbiamo farci conoscere nel mondo per questa nostra generosa ospitalità”
Ospitalità che i clienti del ristorante Mullixhiu toccano con mano da Kola.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato sulla rivista settimanale tedesca Spiegel con autore Andrea Jeska