NI UNA MUERTA MAS, questo è il grido di dolore delle donne messicane.
Non una morta in più è la scritta che appare nelle croci di colore rosa, a Ciudad Juarez, “città natale” -se così possiamo chiamarla- del femminicidio. Proprio qui, infatti, questo orrendo nome ha preso il sopravvento quando alcuni uomini assassini si sono impossessati delle vite di migliaia di ragazze e delle loro famiglie. Si trattava di donne occupate a lavorare nelle fabbriche tra Messico e Stati Uniti in multinazionali che non offrivano una vita migliore, ma solo speranze al vento: illusioni per chi conviveva con la povertà. Nel tratto di strada tra la fabbrica e la fermata dell’autobus avvenivano crimini indicibili! Donne, ragazzine violentate e mutilate, successivamente sepolte tra la sabbia.
Ci sono volute migliaia di donne massacrate, una carneficina mondiale direi, per potersi muovere in difesa della donna. Tutt’oggi ci sono disparità fondamentali tra i due sessi, forse è questo che ha reso colpevoli di questi atti brutali tali bestie.
Una cosa è sicura: l’uomo che aggredisce è insicuro di sé, ecco perché riesce a sentirsi padrone e ad usare la sua forza solo contro chi è più debole di lui. Trova gratificazione nella violenza, che vive come prova della sua superiorità fisica e psicologica, ergo, il sostegno è fondamentale per una donna ferita. Il silenzio uccide tanto quanto hanno fanno questi orchi. Essere donna non significa essere “schiava” di altri, noi apparteniamo a noi stesse. La violenza uccide la fiducia nel mondo che diventa un posto insicuro dove poter vivere e crescere i figli; la violenza fa sentire estranee nella propria casa; la violenza uccide la fiducia nell’amore.
Anche la televisione, dal canto suo, è responsabile nell’alimentare la mentalità della mercificazione della donna come ad esempio le veline o vallette che sfoggiano senza veli e senza pudore sui calendari. Una mercificazione inappropriata, dove bisogna apparire e spogliarsi. Una televisione piena di donne bambole con cui giocare preoccupa non solo per il nostro presente, ma anche per il nostro futuro: le nuove generazioni crescono con tali esempi tristi.
Oggi 25 Novembre 2013, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, voglio chiedere a tutte noi di non perdere la sicurezza, la bontà e la gioia di essere donne, libere cittadine del mondo. Noi siamo magnifiche, siamo le creature artefici della vita e dobbiamo avere e trovare la forza di combattere per noi stesse e il bene comune. Il dono di essere madri ci chiede di essere anche guerriere.
[author title=”Bruna Mece Kola” image=””][/author]