Nessun rom mi ha mai chiamato terrone!
Mi ritorna in mente non so perche’ questo strano e geniale slogan, sfociato dai neri nella marcia per i diritti civili. Non era proprio così, faceva “No vietcong ever called me a nigger”. Nessun vietcong mi ha mai chiamato negro, letteralmente tradotto. Era una forma di protesta verso uno Stato che destinava risorse ad una guerra lontana invece di provvedere a garantire i minimi diritti civili a una fetta consistente della popolazione americana.
Mi ritorna in mente, e se preferite, sto cavalcando l’onda strumentalizzando un momento difficile, sono un ipocrita eccettera, insomma, se preferite tutto quello che volete, ma mi viene in mente in queste giorni, specialmente. Ultimamente faccio un po’ fatica a comprendere quello che sta succedendo nel Europa bene, specie in Italia. Non che me ne preoccupi eccessivamente o che ritenga di farmi fare un esame della coscienza nazionale per capire. C’è poco o niente da capire nelle baracche calde e infiammate o comunque in tutto quello che si respira ultimamente, diciamo, tanto per stabilire un punto fermo, da quando si è insediato il nuovo governo. Intendo liquidare il tutto così:
uno – una certa propaganda dannosa fatta da esponenti importanti del governo e di forze politiche rilevanti ha contribuito a scaldare gli animi che poi sono esplosi eccetera
due – una della caratteristiche più importanti di questo paese, quasi un marchio di fabbrica è il fatto che niente passa, niente si rivolve niente si…è come se fosse un paese fondato sulle Emergenze e sulle grandi questioni irrisolte. Il divario tra Nord e Sud è ancora abissale. E non si parla solo di divario economico, ovviamente. Anche se è quello che sentiamo più spesso per via del periodo in cui viviamo, non possiamo dimenticare che questo divario, se possibile, è più ampio in territori quali coscienza civile, (in)tolleranza, senso di appartenenza ad uno Stato o ad una Italia. Ma questo è soltanto uno dei tanti scontri.
C’è ne aggiungono estremisti di qualsivoglia appartenenza politica, un infinito duello tra laici e cristiani e così via. Intendiamoci: sono sconti spesso giusti e che aiutano un paese civili, e sono scontri si quali anche altri paese europei ci si interrogano. Ma forse mai con questo senso di fastidio come qui, come se sono questione delle quali non si deve parlare e riguardo ai quali pochi possiedono la dovuta capacità di affrontare i problemi con la dovuta logica e fermezza.
Ed è come se il paese non ha la voglia di andare avanti, ma non è abbastanza serio da tornare indietro. Un paese goffo come l’ultima della classe che corre durante l’ora di educazione fisica vede i compagni sorpassarlo ma oramai è già partito, tanto vale andare avanti.
Ed è in questo paese che tanti, tantissimi cittadini extraeuropei si sarebbero aspettato una solidarietà ed un appoggio maggiore da parte di quella Italia a lungo calpestata e odiato, a sua volta immigrata all’interno dello Stivale. Certo, ci saranno illustri sociologi a spiegare come è perché non è arrivata. Per ora non si può che prendere atto.