Nonostante l’Albania non abbia trovato ancora un accordo con l’Italia per il riconoscimento dei contributi degli emigrati albanesi (che per anni hanno lavorato nel bel paese per poi ritornare in patria), alcuni di questi hanno iniziato a poter godere delle pensioni italiane.
Bashkim viene da Kavaja, ha lavorato per 13 anni in Italia ed è tornato dal 2013 in Albania; ogni mese, nella sua banca, giunge la sua pensione italiana.
“Percepisco 327 euro ogni mese dall’Italia. Ho lavorato per 40 anni in Albania e di pensione prendo circa 128 euro al mese.” – ha affermato Bashkim.
Anche il suo omonimo conterraneo, Bashkim Fuga, ha lavorato per anni in Italia: aveva perso le speranze per quegli anni di contribuiti in Italia, visto che gli era stato riferito che non avrebbe percepito alcuna pensione fin quando i due paesi non avrebbero trovato un accordo. Tuttavia, oggi, anche lui ogni mese può godere della sua pensione italiana di circa 336 euro mensili.
Tutto ciò è stato possibile grazie al patronato ‘Inas Cisl Albania’ – il cui ufficio si trova a Tirana in Rruga Andon Zako Çajupi 20 – dove i cittadini albanesi ritornati in patria possono recarsi per i loro contributi italiani.
Attraverso una specifica legge, infatti, il patronato aiuta i cittadini albanesi che si sono recati in Italia dopo il 1996 a percepire i contributi versati al bel paese. Per richiederli, oltre ad esser andati in Italia dopo il 96, bisogna avere almeno 5 anni di lavoro ed avere almeno 67 anni. Solo lo scorso anno, più di 100 cittadini albanesi hanno potuto usufruire delle loro pensioni italiane.
Criteri per la pensione italiana
Si devono distinguere due casi, a seconda che la pensione venga calcolata con il sistema contributivo o retributivo.
Nel primo caso – di cui si occupa Inas Cisl Albania – i lavoratori extracomunitari assunti dopo il 1° gennaio 1996, possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata col sistema contributivo) al compimento del 66° anno di età e anche se non sono maturati i previsti requisiti (dunque, anche se hanno meno di 20 anni di contribuzione).
Nel secondo caso, i lavoratori extracomunitari assunti prima del 1996 possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata con il sistema retributivo o misto) solo al compimento del 66° anno di età sia per gli uomini che per le donne e con 20 anni di contribuzione.
In pratica, secondo la legge italiana, per i rimpatriati che hanno lavorato in Italia prima del 1996 vale la pensione minima come se vivessero ancora nel bel paese.
Invece, è interessante notare che i rimpatriati assunti dopo il 1 Gennaio del 1996 potranno percepire la pensione anche se non hanno raggiunto i 20 anni di contributi richiesti. Ovviamente non si tratta di un regalo del sistema italiano: i rimpatriati del primo caso, infatti, percepiranno soltanto quanto hanno versato di contributi (per maggiori informazioni consultare questo link).
Leggi anche: la pensione dei rimpatriati albanesi: grazie all’INAS Albania sta diventando realtà