Il film “Il generale dell’armata morta” di Luciano Tovoli, basato sul romanzo dallo stesso titolo di Ismail Kadare, si è proiettato in Albania a quasi 40 anni dalla sua realizzazione. Il regista Pirro Milkani ricorda la censura del film durante la dittatura.
In occasione del 85 anniversario di nascita dell’attore francese Michel Piccoli, il 27 ottobre scorso, l’Archivio del Film albanese, ha proiettato per gli studenti di regia e gli amanti del cinema, il film “Il generale dell’armata morto ” di Luciano Tovoli, in cui Piccoli è uno dei protagonisti.

Il generale di Luciano Tovoli dopo 40 anni nei cinema albanesi
Ci sono voluti quasi 40 anni che il generale di LucianoTovoli venisse riproposto dai cinema albanesi. È il regista albanese Pirro Milkani a raccontare la storia travagliata che il regista italiano ebbe durante il suo tentativo di girare il film in Albania. Milkani, insieme a Vasillaq Çollaku, funzionario del Comitato Centrale del Partito per le relazioni con l’estero hanno accompagnato Tovoli e Piccoli durante il loro sopralluogo in Albania. Le riprese sarebbero state effettuate in Albania, un progetto veramente ambizioso.
Investivano nel film lo stato francese e quello italiano. Interpretavano grandi nomi di livello europeo e con un esperienza 30-ennale come Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Anuok Aimée, Gérard Klein e un giovanissimo Sergio Castellitto.
Al direttore dello Studio di produzione statale il cosiddetto Kinostudio “Shqipëria e re”, Vangjush Zallëmi, venne dato l’ordine dal Comitato centrale di sospendere la realizzazione del progetto e l’inizio delle riprese. Una delle tante “occasioni perse” per il cinema albanese, lo definisce Milkani. Basato sul romanzo dello scrittore albanese Ismail Kadare, “Il generale dell’armata morta”, scritto nel 1962, si decise di portare avanti il progetto del film in Italia.
A causa di questa nuova situazione, il regista Luciano Tovoli, co-sceneggiattore con Piccoli e Jean-Claude Carrière variarono il decorso della storia narrata da Kadare, inserendo anche la storia d’amore.
Il generale Ariosto (interpretato da Marcello Mastroianni) non è solo un funzionario incaricato di venire in Albania per cercare i resti dei soldati caduti durante la Seconda Guerra Mondiale, ma anche un uomo con una vita privata.
È innamorato della contessa Betsi Mirafiore (Anouk Aimée) e diventa geloso dell’avvicinamento tra il prete Benetrand ( Michel Piccoli) con la moglie del comandante di battaglione blu, Salvatore de Berni. La contessa Mirafiore, donna bellissima e sensuale, è brava a mettere in risalto e contrapposizione la gelosia di due uomini in vesti autoritarie: quella del prete e quella del soldato.
Il regista Milkani ricorda che si era pensato di effettuare le riprese in Albania in terreno montuoso.
Come alternativa plausibile si presentava la regione di Korca e dintorni, e poi alcune riprese a Tirana. Un giorno, insieme a Piccolì erano andati per un sopraluogo a Boboshtice, verso Dardha, sempre nella regione di Korça: 4 ore di cammino nella neve per esplorare il terreno. Forse le tombe degli soldati francesi a Korca potevano essere il posto giusto dove “il generale di Kadare, trovava i resti dei suoi soldati”. In realtà, non fu possibile realizzare il film in Albania.
Appena andati via dal Albania, il regista e l’attore decidono di effettuare le riprese in un dei paesi arbëresh in Italia. Forse per questo, nel film di Luciano Tovoli le colline abbandonate e il lago cristallino sembrano estranee allo spettatore Albanese. Proprio qui si accampano il generale e il prete.
Comica la figura del prete che indossa una giacca di pelle color marrone, sottogiacca nero e stivali lunghi fino al ginocchio mentre fuma un sigaro, cosi come le donne che oltrepassano il mare in una notte per venire in Albania in nome dell’amore. È quanto fa la contessa Mirafiore.
Il generale e il prete compiono il dovere senza tensioni tra loro. Di giorno, aprono le tombe, raccolgono ossa, le impacchettano e le mandano in Italia. Di notte, bevono champagne, fumano sigari, ridono e scherzano assieme al generale austriaco Krotz ( Gérard Klein).
Non si preoccupano degli autoctoni e viceversa gli autoctoni di loro. Le due parti a malapena comunicano tra loro. Anche alla fine del film dove ci si può aspettare una scena tesa tra il generale ubriaco e la vecchia albanese Nice, il dialogo tra i due è normale. Lei le chiede: “Voi siete il generale?”. Lui risponde: “ Si signora”. Dalla bocca della donna si sente tre – quattro volte esclamare: “Assassino”.
Poi si allontana. Per Milkani, la mancanza di tensione in questa e altre scene portò all’insuccesso del film, oltre al danno economico per Tovoli che si suppone avesse investito tutto il suo capitale nel “Generale dell’Armata morta”. “Se Luciano Tovoli l’avesse girato in Albania con gli albanesi, non ci sarebbero stati gli errori presenti nel film che sarebbe stato di sicuro un successo. Aveva del buon materiale drammaturgico, buoni attori e tecnica perfetta”sostiene Milkani e ribadisce che Luciano Tovoli con il suo staff eccellente avevano fiducia nel “ Generale…”.
Il romanzo “Il generale dell’armata morta” di Kadare è stato messo in scena con lo stesso titolo come spettacolo teatrale (1985) e come lungometraggio (1975), rispettivamente dai registi albanesi Pirro Mani e Vladimir Prifti.
Nel film di Prifti, che per Milkani “è di livello abbastanza buono”, interpretano alcuni attori famosi albanesi quali Sandër Prosi, Pjeter Gjoka, Prokop Mima. Milkani apprezza anche la realizzazione di un altro lungometraggio dal titolo “Il ritorno dell’Armata morta”(1989) di Dhimiter Anagnosti, “in maniera particolare le scene girate in Albania”. Invece, quelle girate in Italia, “per mancanza di abbigliamento tradizionale, lasciano un po’ desiderare. Comunque per tre quarti il film è una produzione considerevole”.
Le prime coproduzioni con gli stranieri
Durante la presentazione del film, il regista Pirro Milkani accenna alla storia delle produzioni cinematografiche albanesi in collaborazione con gli stranieri. La prima risale al 1952, nel periodo in cui è stato inaugurato il “Kinostudio”, con il film “Scanderbeg”, una coproduzione albano-sovietica del regista Sergei Yutkevich.
Nel 1959, si realizza la seconda collaborazione con i sovietici: “Furtuna” (La bufera) dei registi Kristaq Dhamo e Yuri Ozerov.
Il film fu girato in Albania e le decorazioni furono realizzate a Mosca. Con la rottura dei rapporti tra i due paesi finì anche la collaborazione cinematografica e di conseguenza anche la formazione artistica dei giovani albanesi nelle accademie russe.
Dopo è seguito un isolamento trentennale e come ricorda il regista Milkani: “non erano immaginabili collaborazioni o produzioni con compagnie estere”. Il primo segnale dall’Occidente è arrivato sul romanzo “Il generale dell’Armata morta”. È un caso particolare, trattandosi di un film con un trama albanese che non si poteva girare né in Francia e né in Italia.
Come già accennato, le riprese furono vietate da un ordine secco del Comitato centrale del Partito dato al Direttore del “Kinostudio”: “Non aiuterete l’equipe francese venuta in Albania…”.
In Albania la lotta del governo contro i gruppi oppositori si era inasprito a dismisura.
Con l’eliminazione del Primo Ministro Mehmet Shehu nel 1981, si pensò che tutto fosse finito, ma comunque, si doveva condannare anche il gruppo di Kadri Hazbiu, Ministro degli Interni all’epoca, e i funzionari comunisti non avevano voglia di avere fra i piedi quaranta – cinquanta cineasta stranieri che potevano assistere a quello che accadeva.
Dall’altra parte, come racconta Milkani, gli artisti stranieri si guardavano dall’avere contatti con altri.
Un caso fra gli altri fa eccezione. Durante una visita in Albania, l’attore Bekim Fehmiu espresse il desiderio di interpretare Scanderbeg in un’altro film sulla sua figura. “Il suo era soltanto un desiderio. Sognava di realizzare un film su Scanderbeg, ma questo ci ha procurato un po’ di guai. Io e la mia equipe siamo stati chiamati al Comitato centrale del Partito che ci ha chiesto chi aveva promesso a Fehmiu la sua realizzazione.
La verità è che non potevamo promettergli nulla perché un altro film su Scanderbeg non si sarebbe potuto girato in quel periodo e tantomeno adesso”, conclude il regista albanese Pirro Milkani.
Articolo di Jorida Pasku. Titolo originale “Gjenerali i Tovolit, një histori refuzimi”.Tradotto per Albania News da Blerina Ziu.