Sicuramente l’Albania detiene la sua responsabilità nell’abbandono della propria terra dagli albanesi stessi.
Il celeberrimo scrittore albanese, Ismail Kadare ha offerto un’esaustiva spiegazione sul perché dell’abbandono del proprio paese da parte degli albanesi e gli obblighi da adempiere da parte dello Stato albanese per impedire che ciò avvenga.
Kadare ha rilasciato un’intervista alla giornalista albanese, Rudina Xhunga a Gerusalemme, da cui come incipit, estrapoliamo un passaggio, dove lo scrittore effettua il parallelismo tra Albania ed un piccolo paese come Israele, che non chiude mai gli occhi per i propri cittadini ed è sempre vigile sugli israeliani ovunque essi siano. Stesso approccio deve riservare anche Tirana agli albanesi ovunque loro si trovino.
Kadare, in seguito dell’intervista, si pronuncia:
“I popoli non vivono di filosofie o di idee che inducono a calcoli “cosa mi intrattiene in questo paese o cosa invece, no.” L’insediamento dell’essere umano è naturale, è così che sono nate le civiltà.
Civiltà significa “insediamento”, agli albori sono esistite delle ondate contro cui la gente si è imbattuta; il nomadismo, vale a dire coloro in continuo movimento e senza intenzione di fermarsi in un determinato luogo e coloro che all’improvviso si facevano guidare dall’idea di fermarsi invece in un luogo per vivere e non spostarsi più.
Un ruolo determinante nell’insediamento della popolazione, credo lo avessero ricoperto le donne, in quanto le donne in attesa di bambini erano impossibilitate a muoversi, per cui quei milioni di donne anonime nel mondo hanno influenzato e condizionato con milioni di modi in questi passi anche gli uomini a loro volta.
In questo modo nacquero due ondate:
I nomadi ed i sedentari, in conflitto perenne, nemici giurati coloro “con”, contro coloro “senza” patria.
Così nacquero le civiltà.
Vennero recintati i luoghi in cui ci si sarebbe fermati a vivere, per i quali in seguito, sarebbe sorta la necessità di difendere, in cui si sarebbero stabilite le tombe degli scomparsi, in cui si sarebbero preservati i ricordi, così vennero create le lingue, i ricordi storici, la volontà comune di stare vicini e di sostenersi a vicenda in comunità.
Uno dei mali principali che affligge gli albanesi è quello di amare meno degli altri la propria nazione e con “altri” intendo gli altri europei.
La nazione è una nozione verificata dalla storia odierna, approvata dalla storia moderna.
C’è la consapevolezza che la nazione non sia una struttura perfetta e con la sua denominazione si è speculato, ma ciò avviene con ogni concetto sacro.
Cosa siamo noi?
Io non riesco a comprendere come mai dopo quell’epoca brillante del Rinascimento albanese, nato esclusivamente dall’amore degli albanesi verso il proprio continente, l’Europa, che prima l’avevano persa e poi, ritrovata, abbia avuto inizio dopo la caduta del comunismo, un processo inverso e la messa in discussione ” ma cosa sono gli albanesi, quale identità hanno? Sono europei oppure non lo sono?”
Questa è una tesi profondamente nemica dell’Albania.
Non vorrei abusare con il termine “nemico”, in quanto questa è una nozione su cui si specula molto, ma ciò è una tesi di Čubrilović, che “gli albanesi non sono europei e devono andarsene via da Europa.”
Lui dichiarava apertamente che gli albanesi dovrebbero migrare, per salvare l’Europa da un pericolo eventuale, si è espresso apertamente di fare appello agli imam, in modo che quest’ultimi convincessero gli albanesi di migrare in Turchia e di convincerli che là si vive meglio, sottintendendo che gli albanesi appartengano alla Turchia, loro non sono europei.
Ritengo che urga la pubblicazione del suo manuale di circa 50 pagine, scritto durante l’epoca di re Zog, era stato reso noto da un grande patriota albanese, proprio per consentire di capire quale minaccia si rivolgesse agli albanesi.
Lui si appellava di far venire degli Imam dalla Turchia, in modo che persuadessero gli albanesi sul benessere di vita in Turchia e non solo:
Di agevolarli e creare loro tutte le opportunità per spostarsi con dei treni e dei permessi appositi, se necessario, anche con delle ricompense in cambio della loro migrazione.
È che noi non ci soffermiamo nei suddetti accordi segreti turco – serbi.
Guadagnasse anche la Turchia con il trapianto degli albanesi da loro, così come ne avrebbe guadagnato la Serbia con la loro espulsione dai Balcani.
È amaro ciò che sto dicendo, anzi non vorrei nemmeno dirlo, ma questo è stato purtroppo un vecchio progetto che ha mirato all’espulsione degli albanesi dalle loro stesse terre albanesi.
Non posso spiegarlo diversamente oggi.
In modo analogo si sta verificando lo stesso fenomeno da anni. È ovvio che in tutto ciò incidono gli stessi albanesi, nulla si può fare senza la loro partecipazione.
Sicuramente l’Albania detiene la sua responsabilità nell’abbandono della propria terra dagli albanesi stessi.
Noi stiamo realizzando questa intervista in Israele, a Gerusalemme. Una città relativamente piccola, ma vigile sui problemi di tutto il mondo. Una città che si preoccupa, “non chiude occhio” per ogni ebreo sparso nel mondo.
Quindi, perché non fare anche noi come loro?
Sebbene non sapessimo tante cose, ma almeno esserne consapevoli di una sola: Che non dovremmo distruggere con le nostre proprie mani ciò che effettivamente possediamo.
Sento di frequente che in Turchia ci sono 5milioni di albanesi. Quando si sono insediati in Turchia questi 5milioni di albanesi? Perché non si è indagato sul fatto che questi 5milioni di albanesi non hanno una scuola albanese in Turchia, non hanno un giornale proprio, un circolo culturale, non hanno almeno 5mila persone tra loro che preservino la lingua albanese? Esiste un altro paese nel mondo in cui accade qualcosa di simile? Come hanno fatto in modo di spostarsi dal continente europeo per insediarsi altrove, attraverso dei complotti di uno strano silenzio?!
Anche in Grecia, quando si tratta la questione della Ciamuria, io non so fino a che punto si faccia una chiarezza effettiva su questo caso. Questo trapianto dei ciamurioti, come sia avvenuto? La Ciamuria è stata minimizzata eccessivamente in confronto a ciò che realmente essa è stata.
Tutto questo non è così facile. Nulla è così facile quanto crediamo…”