E’ stato un semplice invito, che Elvira Lika mi ha fatto, a conoscere e a poter leggere il libro di Anilda Ibrahimi “Rosso come una sposa”.Non lo avevo letto, neanche la conoscevo come scrittrice, tantissime cose riguardano usi e costumi della tradizione del sud d’Albania che si raccontano in questo libro e che io, nonostante sia albanese, non conosco aprono e chiudono capitoli che ti scivolano via in un attimo.
Non sapevo neanche che tanti lettori italiani, amano quest’autrice albanese, Romana di adozione, interessati ad un bell’incontro con lei. Come in biblioteca anche nelle scuole. E’ l’esempio di Parma e la voglia di raccontare le donne albanesi.Nasce cosi l’evento dell’associazione “ Scanderbeg”, accogliendo l’idea spinta dall’ammirazione, di tante donne come Elvira, tramite le righe di quel libro, a mio avviso originale e leggero da digerire. Un intreccio di storie vissute, di famiglie apparentemente patriarcali, ma con un vortice focoso di motore di vita accentuate al femminile. Come il velo di una sposa che non va mai osservato dalla società che lo circonda…perche “l’abito” è più importante.“Volevo raccontare il clan delle donne che guidano la vita delle famiglie dove gli uominidiventavano sempre più assenti”- dice Anilda- “non la vita sofferta di donne maltrattate!”Arriva con semplicità, la stessa nel quale si apre anche il suo racconto.
Ha un fagottino in braccio e parliamo in un angolo, mentre allatta, nella sala allestita per l’occasione. Parla di lei, dei i suoi tre meravigliosi figli, per il libro c’è tempo.
L’aspetta una tavolata di meravigliosi bouquet di mimose e rose rosse. Più in la, accennano note di Vivaldi, l’inverno. L’altra invitata per occasione è la violinista Ornela Koka.Allo stesso tempo anche lei con sua figlia di sei anni accanto che la segue amorevolmente.Penso, mentre parlo in privato con loro due, che queste donne vivono nella dimensione della persona che conosce la vita tramite una consapevolezza di avere un ruolo importante, hanno stima, che deriva non tanto dalle regole che il mondo e la società mette ed impone su di noi, ma dalle regole che noi donne stabiliamo sulla nostra vita.
Cosi martedì, 8 marzo 2011, alle 18.30, presso la Biblioteca Internazionale di Parma l’incontro tanto atteso, anche dai lettori parmigiani, ha inizio sotto le note delle partiture di Vivaldi, una mostra pittoresca dell’appunto pittrice Elona Marica e la voglia di esserci come storia al femminile rappresentata dall’Anilda Ibrahimi. Un’atmosfera piena di partecipazioni e visi impazienti di apprendere ogni discorso che lei collega all’idea del libro.“Per andare verso il futuro dobbiamo conoscere tutte le nostre storie.- incomincia lei parlando con la moderatrice della serata Elide La Vecchia- ci sono storie frammentarie in questo libro, l’ho fatto apposta, non è stato un limite. I frammenti richiamano il tuo passato e portano nostalgie. Per me sono fratture che non passano mai, che si creano dopo un esilio, non dico emigrazione perché la parola “esilio” mi suona morbida …è più poetica. Ho sempre con me in un cassetto dei frammenti fratturati che potranno servire, ma non guariranno mai.”.“Ho passato l’infanzia tra donne…Una cosa già la sapevo fin da piccola: non avrei avuto una vita sentimentale facile, con tutte le donne in famiglia.
Le donne possono essere d’aiuto nella scoperta del mondo dei grandi, ma possono anche rovinarti. Chi ha vissuto in grandi tribù di donne sicuramente sa di cosa parlo. “chi di noi non si specchia in queste righe?“Sono molto autoironica di natura, un umorismo nero che mi piace tanto.
L’ironia mi salva sempre, anche nei momenti bui”.
Il suo cammino da autrice risale al 95 credo, una raccolta in madre lingua di poesie, non aveva mai pensato di scrivere un libro. Scriveva poesie perché era pigra!“Ho pensato prima a crearmi una famiglia, poi a dieci anni di pausa…volevo approfondire meglio e appropriarmi dalla lingua italiana per riprovare un giorno. Esattamente, scritto cosi com’è, il mio primo capitolo sul mio libro: “Arriva in una mattina di settembre, in un’arda stagione, dove le piogge tardano a venire. E’ vestita tutta di rosso. Come il sangue. Come un sacrificio umano dato in dono agli dei per professare la pioggia.”.
Dovevo farlo leggere a qualcuno di cui mi fidavo, qualcuno che mi conoscesse bene. E a chi se non a mio marito. Premetto che non fa parte del mondo della letteratura, è un impiegato pubblico e di questo sono fortunata- sorride lei con autoironia- perché così c’è chi pensa il pane quotidiano della famiglia ed io posso sbizzarrirmi con la scrittura.“Lo hai scritto bene, è un vero racconto, lo hai fatto con amore!”- poche parole che mi lanciavano inuna sfida sconosciuta ma sempre desiderata da me. Bastava quella frase “ lo hai scritto con amore…” ed ho preso in mano il racconto che in quattro mesi è diventato il libro del quale stiamo parlando oggi. Non so, ci penso a volte, magari mi dovevo prendere più tempo, o forse era giusto buttare l’intero accumulo d’idee e di pensieri letterari raccolti con gli appunti di una vita, da anni dentro di me.
Le nostre storie sono raccontante, fanno parte di una cultura in forma orale in lingua albanese, come ci si sente a scrivere in un’altra lingua?“Mi sono sentita normale a scrivere in Italiano. Si vivono tante vite. Al momento, dopo dieci anni, questa lingua la sento mia.
Il primo capitolo l’ho fatto vedere a mio marito e secondo il suo parere era scritto benissimo. Di lui mi fido davvero, perché ha una vasta cultura. Non sopporto la retorica. La mia lingua ne ha tanta. Quando mi sono sentita convinta l’ho mandata alla casa editrice “Einaudi”…mi hanno risposto in venti giorni per un contratto a Torino. Ho mirato ad una casa editrice importante, avevo tempo per esplorare quelle meno complesse….forse presuntuosa come idea!Stupire te stessa è la cosa più difficile al mondo; con gli altri lo facciamo continuamente. Io mi sono stupita di me stessa, dopo quella risposta veloce.
Ognuno ha un suo modo!Il secondo libro “ Gli stracci del tempo” era in forma di appunti, per questo ho raccolto tante storie, non importava a chi appartenessero. La sofferenza è la stessa.”Il titolo come lo hai trovato?“Va di moda il rosso, vedo che nelle vetrine ci sono molti vestiti rossi.
Sono molto diretta e per questo commento cosi ora. E’ l’unico colore che appartiene all’amore di queste donne non amate dai mariti, rosso come il sangue, come la terra, come la tradizione.
Avevo una canzone di Sting…se anche i russi amassero i vostri bambini…diceva lui. E se gli albanesi amassero i loro bambini… titolo provocatorio…ho pensato di mettere questo titolo.
L’editrice mi ha detto che un romanzo non deve essere provocatorio, così ” Rosso come una sposa” era perfetto! E’ uscito ultimamente in tedesco e in altre lingue. Ma in albanese ancora no.
Scrittori da raccontare…Italo Calvino.Per imparare l’italiano ci voleva un libro semplice…Susanna Tamaro, “Va, dove ti porta il cuore”. Dopo averlo letto, avevo l’italiano in mano. Italo Calvino, è lui che mi guida nella mia bravura linguistica. Di scrittori albanesi, a prescindere dal suo modo personale di pensiero, ma semplicemente per il suo grande valore di scrittore preferisco Ismail Kadare.