Già da alcuni anni sia io che la prof.ssa Lucia Martino intratteniamo rapporti culturali con una prestigiosa Associazione americana di Insegnanti di lingua italiana, che ci ha offerto diverse opportunità di partecipare a Convegni e Progetti sia in Italia che all’Estero.
L’invito senz’altro più gradito è stato quello di aderire ad un Progetto di Volontariato in Albania, al quale abbiamo dato subito la nostra entusiasta adesione.
Da più tempo infatti era nei nostri desideri di recarci nella terra dei nostri avi, e con questo Progetto ci veniva offerta un’opportunità del tutto speciale: vivere per due settimane la realtà albanese, non da osservatori esterni e con una frettolosa visita, ma condividendone i ritmi, la vita, le abitudini e dando nel contempo il nostro contributo di aiuto e solidarietà umana e culturale.
Il Progetto prevedeva la presenza contemporanea di due insegnanti parlanti native di Italiano e buone conoscitrici della storia e cultura della minoranza albanese d’Italia, e due americane neo-laureande in Lingue, che dovevano svolgere attività di insegnamento, formale ed informale, di lingua italiana e lingua inglese, oltre che di storia e cultura degli Albanesi d’Italia.
L’iniziativa si è concretizzata nello scorso mese di maggio, presso il QAFS (Qarku i Aktiviteteve Formative Salesiane) di Scutari, nel quale le quattro partecipanti al Progetto sono state ospiti.
Si tratta di un Centro bellissimo, di recente costruzione, presso il quale sono accolti 650 alunni, dalla scuola dell’infanzia fino alle superiori; una vera oasi di spiritualità e di cultura, gestito da 7 suore salesiane: 2 albanesi, 3 italiane, 1 messicana e 1 ceca.
In Albania la Chiesa svolge un ruolo fondamentale in questa delicata fase di ricostruzione della trama etica e socio-economica della nazione e dei giovani in particolare, cosa tutt’altro che facile dopo mezzo secolo di dittatura.
Nella sola Scutari ci sono ben 20 Istituti religiosi, in continuo e fattivo dialogo tra di loro, anche perché tutti insieme fruiscono degli aiuti materiali della Caritas italiana. All’interno del Centro la nostra attività è consistita in:
- esercitazioni di italiano con gli alunni che dovevano sostenere gli esami di maturità;
- conversazioni in italiano ed esercitazioni con gli altri alunni del triennio;
- sostegno e dialogo frequente in diverse occasioni della giornata con le due studentesse americane inserite nel Progetto;
- storia delle Comunità albanesi d’Italia e confronti tra le culture albanese e arbëreshe;
- vigilanza nelle ore di studio delle 50 ragazze accolte nel Convitto.
Ma per me e per Lucia, che siamo andate in Albania con i nostri più profondi sentimenti e desiderio di contatto con le nostre radici, un posto speciale hanno avuto le intense emozioni, vissute sia durante le attività nel Centro, sia all’esterno.
Non abbiamo trascurato alcuna occasione per vivere intensamente e comprendere, col cuore e con la mente, tutto quel che ci è stato possibile osservare, in ciò aiutate sia dalle suore, che hanno apprezzato e assecondato i nostri desideri, sia dagli insegnanti.
Abbiamo potuto ammirare bellissime moschee – nella sola Scutari ce ne sono 10 – ed abituarci al canto che per cinque volte al giorno si leva dai minareti, visitare la chiesa ortodossa di Scutari e conoscerne i due sacerdoti – incontro ricco di intense emozioni reciproche -, visitare il Collegio dei Gesuiti e quello delle Suore di Madre Teresa, entrare nel Santuario della Madonna del Buon Consiglio e constatare il profondo tributo di fede di cui è oggetto.
Ma anche percorrere la strada che costeggia il lago di Scutari fino al confine col Montenegro, visitare qualcuno dei poverissimi villaggi dove la vita è ferma a 60 anni fa, entrare nel Mausoleo di Skanderbeg a Lezha, andare in viaggio di istruzione a Tirana con due delle ‘nostre’ classi e visitare tra l’altro il Museo Nazionale d’Albania, visitare il Castello di Rozafat ed ammirare il panorama mozzafiato che si gode dall’omonimo colle.
Non poteva mancare una visita alla casa di Ernest Koliqi ed alla tomba di suo fratello Mikel, primo Cardinale d’Albania, che si trova all’interno della Cattedrale di Santo Stefano.
Né sono mancati, durante il nostro soggiorno, momenti più ameni, come vedere uno spettacolo al Teatro Migjeni, cucinare – per noi e per le suore – alcuni piatti della nostra cucina arbëreshe, imparare a preparare il burek, i peperoni ripieni di riso e carne, gli involtini di foglie di vite, invitare una domenica a pranzo in un ristorante albanese le 12 persone presenti nel Centro.
In breve, la nostra è stata un’esperienza ricchissima, che ci ha profondamente appagate sia sul piano umano che culturale, durante la quale un posto privilegiato hanno avuto le emozioni, vissute con un’intensità che le parole non riescono a tradurre e trasmettere.
Ne scriverò più diffusamente nel prossimo numero di Katundi Ynë.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato sulla rivista Katundi Ynë – Paese Nostro, nel numero 136/2, anno XL- 2009 dell’autrice Emilia Blaiotta, dirigente dell’Istituto Comprensivo ‘Ernest Koliqi’ di Frascineto